Harry Potter: A Habit Of Leaving - prima parte

Jan 18, 2016 22:15

Titolo: A Habit Of Leaving
Autrice: Vany (vedova_nera)
Beta: eowie
Fandom: Harry Potter
Personaggi: Charlie Weasley, Louis Weasley (Bill Weasley, Dominique Weasley, James Sirius Potter e altri)
Pairing: Charlie Weasley/Louis Weasley
Rating: Nc17
Conteggio Parole: 14.509 (OpenOffice)
Avvertenze: AH! Slash, relazione tra consanguinei.
Disclaimer: I personaggi appartengono a J.K. Rowling e a coloro che ne hanno acquistato i diritti. Io non traggo vantaggi dall'uso di essi e non li reclamo come miei.
Note: • Mado', non posso crederci di essere riuscita, dopo ben otto anni, a scriverla. Non sto scherzando, questa richiesta di Linda risale a qualcosa come fine 2007-inizio 2008. Quando l'ho finita mi sono sentita come Jim Carrey in Bruce Almighty, dietro di me vi giuro che si poteva sentire I've Got The Power. LINDA, TI PREGO, ACKNOWLEDGE IL MIO SFORZO DI QUEST'ANNO!
Ma, a parte gli scherzi, AMATAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA, TANTISSIMI AUGURI DI BUON COMPLEANNO! ♥♥♥ Spero che sia stata una giornata epica e che questo regalo la renda ancora più epica (ho molta fiducia in questa fic, insomma)! Poi oggi compi diciotto anni e mi pare giusto festeggiare alla grande. ù_ù
E... non so, sull'onda del tuo regalo per me dello scorso Novembre, ho pensato anche io di mollarti qua una bomba di parole che non so ancora bene da dove siano uscite, ma sono qui, e tutte per te, quindi ancora AUGURIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIH! ♥♥♥
• Linda mi fa scrivere sempre sempre sempre le peggio ship, e poi viene a dire A ME che shippo Sirius/Harry. Che mondo mesto e crudele.
• Tra l'altro, io spero ardentemente che non l'abbia sfiorata l'idea che questo potesse essere il regalo perché, quando ci siamo viste per Capodanno, ha subito detto "ah, se ci sono così tante parole e scrivi così velocemente allora è HP". MA ANCHE NO. ò_ò Quindi io mi sono inventata una valanga di balle, tipo che la stavo plottando da UN ANNO E MEZZO, quando invece l'avevo messa insieme a Dicembre. *_* E, nella mia profonda bontà di cuore, le ho anche permesso di plottare insieme UN'ALTRA Charlie/Louis per sviarla, quindi ora ce n'è una tutta pensata pronta da scrivere. *_*"
Linda, scusa, ma me l'avresti sgamata e non potevo rischiare che succedesse. È stata una bugia in buona fede, FOR THE GREATER GOOD!
• Poi va beh, devo ringraziare tanto così Ale che si è sorbita i miei scleri per quindici giorni perché ci sono un po' impazzita sopra perché la trama me l'ero pensata più introspettiva e complessa di quanto sia riuscita a fare - ho tagliato perché ero già a 13.000 parole e il tempo scarseggiava *_* - e lei è stata disposta ad ascoltarmi ogni volta, e poi si è pure sparata la betazione in praticamente pochissime ore. Sei l'amore, Potty! ♥♥♥
Mi ha anche lasciato una cifra di commenti che mi hanno ammazzata (tipo: Madonna Socia Louis comunque è un rompiballe come sua nonna), nonché una lista delle fic che devo scrivere perché, a detta sua (e a mia discolpa devo dire che è assolutamente vero) ho hintato pesante un botto di roba. E IO LE SCRIVERO'! *agita pugno*
• Passando alle cose serie, la fic è ambientata attorno al 2022. Ho cercato di stare stretta coi tempi il più possibile per ovvie ragioni - e cioè che Charlie ha cinquant'anni suonati. #sticazzi
Quindi ho piazzato le nascite dei figli di Bill rispettivamente nel 2000, 2002 e 2003, in modo che Louis sia almeno un po' grandino.
La cosa allucinante è che scrivere questa cosa mi ha portata ad avere un headcanon preciso e potentissimo di Vic, Dom e Louis, e anche di James Sirius che va beh, è epico, ma non epico quanto Dom. ♥
E uhm, non credo ci sia altro da dire? Quindi io lascerei Linda alla lettura di questa perla mitica che nessuno si aspettava realmente che venisse scritta dopo otto anni.
• Titolo preso da You've Got A Habit Of Leaving di David Bowie perché era perfetto e mi è piovuto in mano.


A Habit Of Leaving

You've got a habit of leaving me
And you've got a habit of deserting me
Sometimes I cry
Sometimes I'm so sad
Sometimes I'm so glad, so glad

You've Got A Habit Of Leaving, David Bowie

“Weasley!”

Il richiamo arriva inaspettato da un punto imprecisato dietro di te, mentre ti stai sfilando i guanti diretto verso l’ufficio della riserva - è ora di staccare il turno e mai quanto oggi ne hai avuto bisogno: la bruciatura sulla spalla sembra andare più a fuoco ogni istante che passa, nonostante la pozione antidolorifica e l’unguento che hai applicato ripetutamente. E poi hai scoperto una stanchezza che non ti è mai appartenuta in passato infiltrata a fondo nelle ossa, dalla quale nemmeno ore di sonno riescono a liberarti. Forse, semplicemente, stai iniziando ad avere una certa età e il pensiero ti pietrifica più di quanto il respiro infuocato di un drago abbia mai fatto nel corso della tua vita.
L'ultima cosa di cui hai bisogno adesso è il responsabile della riserva che ti impedisca di levare i tacchi, farti una doccia, medicare nuovamente quella maledetta ustione e scolarti due birre in santa pace alla taverna vicino a casa - e magari trovare un po' di compagnia, qualcuno con cui passare il resto della notte. Sì, l'idea ti piace.

"Ragazzo, qua le cose vanno male", inizia l'uomo raggiungendoti a passi veloci. Stai già valutando il modo che ti permetta di sganciarti, prima che l'altro attacchi a parlarti della crisi economica globale che ha finito col trascinare a fondo mezzo mondo magico, riducendo le ricchezze e le possibilità di trovare un impiego ma, quando Ardelean è intenzionato a farti un discorso con la sua voce tonante, non c'è modo di fermarlo.
"Stavo controllando i registri e ti dico già da ora che quest’estate ti prendi le tue dovute ferie, niente 'ma' né 'se', almeno una settimana intera e, se Merlino vuole, anche due. Sappi che non te li pagherò come lavorati!"

Osservi le sue mani agitare un quaderno enorme spesso tre dita proprio davanti al tuo viso. "Non me ne frega se parti o resti, ma non lavori e io non te li pago i giorni di ferie. Non te li pago, ok?!"
"Ok, capo", rispondi calmo, quasi divertito dalla sua veemenza, "mi prendo la seconda di Agosto, se a lei va bene."

L'uomo davanti a te rimane un attimo sbigottito: si era chiaramente preparato a lottare dopo anni in cui non ti sei fermato neppure sotto Natale. Ti scruta a fondo, come aspettandosi di vederti scoppiare a ridere, ma si riprende subito e col suo piglio burbero continua "guarda che la segno, Weasley, non si torna indietro, eh?"

Lo osservi scribacchiare e tirare una riga di fianco al tuo nome. Ti mancherà non vederlo correre in giro urlando a destra e a manca, ma al contempo sei felice di avere dei momenti per pensare un po' a te, prenderti una pausa, visitare la Tana e rivedere la tua famiglia.

"Siamo d'accordo allora, eh, Weasley?" ripete, rivolgendoti un'altra occhiata scettica. Annuisci, il sorriso un po' più ampio e un po' più divertito.
"Siamo d'accordo", confermi, e poi riprendi la tua strada verso l'ufficio per firmare la fine del turno.
Lì resti a chiacchierare un po' con Petra, che diventa più bella ogni giorno che passa e ride delle tue battute. I suoi capelli morbidi ti ricordano le onde del mare che si infrangono sugli scogli vicino a Shell Cottage.

"Un giorno porterai anche me in quel ristorante di Sighișoara dove hai portato Eliza l'altro mese?"
Petra è sempre stata un po' civettuola, sfacciata, una dannata mina vagante che a volte hai faticato a schivare. Non hai portato nessuno in nessun ristorante, e lei lo sa benissimo, vuole solo vedere fin dove può arrivare con te.
"Quando vuoi, bellezza", rispondi e, mentre la sua risatina lusingata scoppia frizzante nell'aria, la saluti e ti lasci alle spalle i suoi venticinque anni e il modo in cui ti fa sentire - ancora attraente, un po' incosciente, decisamente giovane.

*

Non metti piede su suolo inglese dal funerale di tuo padre, più di quattro anni prima. Hai dei ricordi sfocati di quei giorni, poco più che scampoli tagliati via da un tessuto più grande, miraggi in pieno deserto: tua madre che scoppia a piangere mentre lava i piatti; lo sguardo buio di Percy; i silenzi di Ron; Fleur che non ti ha degnato di una parola nemmeno in quell'occasione; Ginny e Harry sempre mano nella mano; e ragazzini ovunque - alcuni dei quali, pur provandoci, fatichi a mettere a fuoco, i loro visetti si sovrappongono in modo peculiare a quelli dei tuoi stessi fratelli.
E poi tu, Bill e una bottiglia Whisky Incendiario nella cucina della Tana alle quattro del mattino.

Il giorno dopo le esequie sei partito. Quasi senza accorgertene il tempo è passato, a ogni occasione c'era una ragione che ti teneva lontano e le lettere sono state l'unico mezzo di contatto tra te e loro.

Quindi, tornare ora è destabilizzante. Necessario, ma al tempo stesso ti fa una paura mortale, perché varcherai la soglia di casa e avvertirai la sua assenza, un'assenza che fino ad ora non hai metabolizzato - hai vissuto gli ultimi trent'anni della tua vita all'estero, ma sempre con la consapevolezza che, qualora avessi deciso di ripresentarti, lo avresti trovato sorridente nel suo capanno, pronto ad accoglierti.
Questa visita renderà la sua morte reale, e non sei sicuro di essere pronto ad un tale cambiamento; scoprire che gli oggetti che Arthur amava e disseminava in giro non ci sono più, e che tua madre ha spostato la poltrona sulla quale si sedeva a leggere il giornale nell'angolo del salotto, dove ha sempre creduto stesse meglio. E la casa sembrerà un po' più vuota e la sua mancanza disperatamente concreta.

Con questi pensieri in testa, ti pieghi per firmare il registro che la signorina dell'Ufficio del Trasporto Magico ti porge. La osservi, precisa e organizzata, ordinare la documentazione e timbrare il tuo rientro in patria, augurandoti un 'benarrivato' educato quanto freddo.

Ti dirigi verso uno dei camini dell'Atrium con la sacca gettata in spalla. Avevi una mezza idea di sorprendere tua madre e fare la tua comparsa alla Tana subito dopo il viaggio ma, infilandoti all'interno del primo focolare libero, ti rendi conto che l'unica cosa che vuoi veramente adesso è rivedere Bill.

*

Quando raggiungi via Metropolvere il cottage, lo scopri benedettamente, stupendamente sgombero da chiunque tranne che da tuo fratello, e non avresti potuto chiedere di meglio.
Ti accoglie col solito sorriso e un abbraccio infinito che ti rammenta quanto è bello tornare a casa.
Attraverso le finestre aperte entra una brezza leggera, che inonda l'aria del profumo del mare mischiato a quello pulito di bucato steso al sole.
Se il paradiso esiste, quello è Shell Cottage.

"Merlino, credevo non ti avrei più rivisto in questo salotto fino al prossimo funerale", dice appena ti lascia andare, strizzandoti le spalle e studiando il tuo viso, incredulo che tu sia davvero di fronte a lui. "Sei invecchiato, fratello", ti canzona, abbandonando la presa.
In realtà, Bill è l'unica persona che hai visto dopo la morte di Arthur, non proprio regolarmente a causa degli impegni di entrambi, ma vi siete incontrati almeno un paio di volte l'anno, in Romania o in Egitto, dove capitava. L'ultima è stata circa sei mesi fa, ma sembra essere passato un millennio.

"Allora, come va alla riserva?" chiede, accomodandosi sulla poltrona davanti a te.
"Il solito, si suda e si fatica", rispondi scherzando. "Piuttosto, Fleur e i ragazzi?" domandi, guardandoti attorno.

Il verso secco che gli sfugge dalle labbra non assomiglia neppure lontanamente alla risata che ricordi così bene.

"Fleur mi ha fatto la cortesia di andare a trovare Gabrielle in Francia portandosi dietro Victoire, prima che l'intera casa venisse demolita", getta un'occhiata al pendolo che segna le quattro e mezzo del pomeriggio e, per un secondo, sembra considerare qualcosa. Poi scrolla le spalle e tira fuori dalla credenza una bottiglia di Whisky Incendiario Ogden Stravecchio. "Staranno via tutta l'estate, il che dovrebbe garantirmi due mesi di dannatissima pace."

L'assenza di sua moglie dal quadro generale sarebbe un regalo inaspettato se le parole di Bill non ti avessero messo in allarme.

"Va male tra voi?" lo domandi con una nota incerta, perché ti appare una possibilità così strana e remota da non riuscire ad afferrarla. Se avessi dovuto scommettere su chi sarebbe arrivato fino alla fine dei tempi amandosi, avresti puntato tutto su loro due.
"Nah, sono i ragazzi", replica scuotendo la testa e buttando giù un sorso del liquido ambrato. "Giuro che mai come in questo periodo ho invidiato la tua capacità di non crearti problemi che si possono evitare. Avrei dovuto svilupparla anche io dopo la nascita di Victoire - o prima. Amo i miei figli, lo sai questo, ma a volte non posso fare a meno di pensare di non esserci tagliato. Hai capito cosa intendo?"

Hai capito, hai capito benissimo. È per questo motivo che hai scelto di non mettere su famiglia. Ti piace prenderti cura degli altri, è qualcosa radicato in te quasi quanto il bisogno di libertà che condividi con tuo fratello, ma tirare su dal nulla degli esseri umani decenti è tutta un'altra faccenda.
Non vuoi spingerlo a raccontarti cosa sia successo ma non sei nemmeno un tipo che si definirebbe paziente, è una dote che non hai mai sviluppato. Il tuo sguardo, per fortuna, basta ad incalzarlo e, sospirando, si abbandona contro lo schienale imbottito.

"Dom e Louis si sono fatti beccare in un negozio di Horizont Alley a rubare", inizia scolandosi d'un fiato quel che restava nel bicchiere e godendosi lo sconcerto sul tuo viso. "La proprietaria del negozio ha chiamato la polizia magica, così sono stati entrambi schedati e ora dovranno subire un processo per il furto di un paio di magliette che, in tutto, non costavano nemmeno quattro galeoni. Quando gli ho chiesto perché diamine lo abbiano fatto, non hanno saputo darmi una risposta."

L'ultima volta che li hai visti è stato al funerale. A conti fatti non hai quasi memoria di loro: erano due ragazzini dai capelli color miele che stavano sempre insieme, inseparabili quanto Fred e George. Ricordi Dominique alzarsi di scatto piangendo durante il pranzo e correre via seguita da Louis; quando eri andato a cercarli, avevi trovato lei chiusa in bagno, i singhiozzi così forti da essere uditi al di là della porta, e Louis seduto sugli scalini poco distante. Ti eri avvicinato a lui, forse gli avevi anche chiesto se andasse tutto bene o un'altra amenità simile; lui non ti aveva dato risposta, si era semplicemente alzato e sepolto tra le tue braccia, in cerca di conforto. Lo hai tenuto stretto, cullandolo per quelle che ti erano parse ore, accarezzando i suoi morbidi capelli chiari, del colore del grano maturo.
Adesso, però, se provi a richiamarli alla memoria, i loro visi ti risultano nebulosi e così distanti da non riuscire ad afferrarli. Realizzi di non conoscerli affatto.

"E adesso?"
"Non lo so, bisogna vedere come andrà a finire, ma sono preoccupato per il loro futuro e sto cercando di sistemare le cose al meglio, salvare il salvabile. Se riporteranno una condanna è sicuro che non troveranno lavoro al Ministero o in qualsiasi altro posto dove eseguono controlli approfonditi sul personale. Non che ne abbiano mai avuto la possibilità visto il loro rendimento scolastico."
"Miseria", mormori, allungandoti sulla poltrona sulla quale sei seduto. "Loro come stanno?"
Per te sono ancora i due ragazzini di cinque anni fa, e non due giovani adulti che hanno preso la decisione sbagliata.
"Ci credi se ti dico che non ne ho idea? Dom ha pianto come una fontana mentre Louis si è chiuso in un silenzio tombale, ma cosa gli frulla nella testa mi elude. Passano gran parte delle giornate fuori casa e quando ci sono parlano a malapena. Mi hanno dato l'idea che non siano dispiaciuti del loro gesto quanto più di essere stati beccati, delle conseguenze alle quali non avevano pensato", la sua espressione si fa d'improvviso irritata. "Ad ogni modo c'è poco da fare e lo sanno: non puoi riavvolgere il tempo e quel che è fatto è fatto. Almeno senza Victoire attorno staremo un po' tranquilli."
"Victoire?"
"Vic e Dom non si sopportano da... accidenti, da sempre! E dopo questa storia non facevano che litigare ancora più ferocemente, così ho chiesto a Fleur di portarsela dietro."

Butti giù d'un fiato l'alcol e la familiare sensazione di calore si irradia nel petto. "E adesso dove sono? Non dovrebbero essere in punizione o qualcosa del genere?"
"Entrambi al lavoro e no, non sono in punizione perché sono adulti, come se non ne avessero bisogno", sbuffa, versando ancora da bere per tutti e due. "Prego solo che non si venga a sapere nulla di questa faccenda. A mamma non ho detto niente... beh, non ho detto niente a nessuno, quindi acqua in bocca."
"Non ti preoccupare, avevo immaginato. A proposito, come se la sta cavando nostra madre?"
"Ha il suo bel da fare in questo periodo, però si è ripresa bene."
"Spero non sia un problema per lei ospitarmi."
"Alla Tana!?" il suo capo scatta su all'improvviso. "Io me ne starei alla larga: Ginny è tornata in pianta stabile coi ragazzi e la situazione è tutt'altro che rosea. Sta andando tutto in malora, Charles. A volte ho persino il dubbio che sia inutile affannarsi a costruire cose che inevitabilmente finiranno col venire distrutte."

Ed eccolo lì, Bill, in tutta la sua gloria. Di tanto in tanto si scorda della sua capacità di vedere tutto sotto una luce negativa.

"Com'è che Ginny è tornata alla Tana?" chiedi, confuso da tutti quegli avvenimenti di cui non sai nulla.
"Settimana scorsa è saltato fuori che lei e Harry stanno divorziando. Lui non è il tipo che rimane fedele, a quanto pare. Ma tu non l'hai saputo da me."

Chi l'avrebbe mai detto? Se li ricorda, loro due insieme, sempre appiccicati, così innamorati da risultare fastidiosi. Forse ha ragione Bill e niente è destinato a durare, forse la vera felicità nemmeno esiste, è materia da romanzi e canzoni che riescono a scavare nell'anima umana.

"Puoi restare qui, tanto la stanza di Victoire è libera", aggiunge, e dalla tua espressione comprende subito che ti sta facendo un favore grosso come il mondo intero. Ti regala un ghigno divertito e poi procede a riempirti nuovamente il bicchiere.

Lo scolate in una sola sorsata mentre pensi, con una certa dose di sarcasmo, che questa vacanza sarà tutto uno spasso.

*

Ti giri e rigiri nel letto di Victoire da un paio d'ore, senza riuscire a prendere sonno nonostante la stanchezza e il vago senso di stordimento causato dall'alcol - un classico sintomo di una serata trascorsa con tuo fratello.
Avresti preferito dormire sul divano piuttosto che intrufolarti nello spazio personale di tua nipote, la vivi come un'intrusione bella e buona; la tua sacca e i vestiti smessi piegati sulla sedia di fronte alla scrivania sembrano una violazione persino nell'oscurità illuminata dai raggi lunari. La stanza è immacolata: i mobili laccati di bianco e l'assenza di cianfrusaglie le conferiscono un aspetto ordinato, profuma di pulito e di fiori freschi e per qualche ragione ti fa tornare alla mente quella di Percy, nella quale non hai mai avuto il permesso di entrare.
In una delle sue lettere Bill ti aveva scritto che la sua primogenita più cresceva e più sembrava la copia di loro fratello, e forse non si sbagliava.

Ti domandi come sia ora, a ventidue anni compiuti. Nonostante sia la maggiore, è l'unica di cui non sei in grado di rievocare alcuna immagine - durante la tua permanenza alla Tana, però, ti aveva colpito la somiglianza con sua madre: a diciotto anni ne era la copia carbone, nessuna traccia di Bill in lei se non nell'altezza -, forse perché non avete mai passato del tempo insieme neppure durante la sua infanzia. Il suo zio preferito era proprio Percy, che le leggeva storie intere nei pomeriggi che trascorrevano insieme e la portava con sè agli eventi culturali ai quali partecipava. Riflettendoci, non è una sorpresa che sia venuta su come lui, o che abbia sviluppato gli stessi interessi.
Dal canto tuo, devi ammettere che hai pensato a lei raramente, quasi come un'appendice di Bill stesso: è sempre stata la figlia prediletta di Fleur e questo la rendeva inavvicinabile, distante anni luce.

Dei rumori di sotto ti fanno scattare la mano sulla bacchetta e ti metti seduto di colpo, le piante dei piedi che toccano il legno fresco del pavimento. Senti la porta d'ingresso chiudersi con un tonfo e poi un'imprecazione, seguita da un vociare sommesso che risale pian piano su per le scale e supera la porta della camera che occupi.
Nel realizzare che si tratta di Dominique e Louis i tuoi muscoli si rilassano e ti dai dello stupido per non aver pensato subito a loro. Ti volti a guardare la piccola sveglia sul comodino che segna le quattro meno un quarto.

"Alla buon'ora", mormori tra te e te, riponendo la bacchetta e tornando a sdraiarti. Improvvisamente, dopo aver appoggiato il capo sul cuscino, ti scopri innervosito, e non sai se sia dovuto al fatto che il sonno non ha intenzione di arrivare o per l'orario in cui sono tornati i tuoi nipoti, mentre tu non sei in grado di chiudere occhio pur pregando di riuscirci.
Forse ti fa semplicemente rabbia la loro giovinezza che gli permette queste irregolarità, laddove tu non ricordi nemmeno più com'era avere vent'anni e vedere l'alba sorgere.

Sistemi meglio il guanciale troppo soffice, prendendolo letteralmente a pugni, mentre un accesso di risa soffocate ti arriva dalla camera adiacente.

*

Alle otto in punto sei sveglio, ogni traccia di sonno dissipata o mai davvero esistita. Fissi con sguardo vacuo l'orologio e sospiri: quelle tre ore di riposo ti hanno stancato più di quanto già non fossi.
Ti alzi e ogni osso del tuo corpo sembra protestare, muscoli e nervi così contratti da farti gemere di dolore. Ti aspettavi che sarebbe successo, è impossibile arrestare lo scorrere del tempo e l'eterna giovinezza è una fantasia crudele alla quale aggrapparsi, ma credevi sarebbe capitato dopo, più tardi nel corso della vita. E invece saranno quindici anni che il tuo intero essere sembra lamentarsi ogni giorno di più, che mese dopo mese pare fare un po' più fatica.
Stai invecchiando e non c'è modo di tornare indietro.

Infili una maglietta bianca sopra ad un paio di jeans ed esci in corridoio.
Istintivamente, dirigendoti verso le scale, getti un'occhiata all'altra estremità del passaggio e noti le porte delle camere dei ragazzi ancora chiuse. Non sai bene cosa ti aspettassi, visto l'orario in cui sono rientrati sarà già un miracolo vederli emergere entro mezzogiorno, però non riesci a scacciare quello strano senso di irritazione che ti accompagna dall'alba senza ragione.

Di sotto trovi Bill vestito e pronto per andare al lavoro, una lettera appoggiata di fianco al piatto della colazione.

"Mattiniero anche in vacanza?" ti domanda con un sorriso, porgendoti una tazza di caffè.
"Già", replichi, fermandoti di colpo nel notare la valigia di fianco all'ingresso.
"Devo recarmi in Egitto", ti precede, prima che tu possa chiedergli qualcosa in merito. Indica con un cenno del capo il pezzo di pergamena ancora abbandonato sul tavolo, poi si rimbocca le maniche della camicia per lavare le stoviglie. "C'è un'emergenza, ho prenotato una Passaporta nel pomeriggio, ma dovrebbe trattarsi di pochi giorni. Ti ho lasciato una copia delle chiavi."

Scorri rapidamente la missiva con in cima il marchio della Gringott rifinito in oro, e sorridi scuotendo il capo: potrebbe mandarci chiunque al Cairo, ma ha deciso di partire e niente potrà fermarlo, impedirgli di allontanarsi.
Osservi la schiena di Bill mentre affonda le mani sotto il getto dell'acqua e riesci quasi a percepire fisicamente quanto quel viaggio sia una liberazione per lui.

"Dagli una controllata, ok? Non vorrei trovare la casa ridotta ad un mucchio di cenere", scherza, voltando leggermente il viso verso di te, gli occhi perfetti e luminosi come quando eravate giovani. "Ah, e se Dom pensa di portarci a vivere il suo orribile fidanzato mentre io non ci sono, sappi che sei autorizzato a sbatterlo fuori. Anzi, non sei autorizzato, sei obbligato a farlo."

Per un attimo sei tentato di chiedergli se ha sentito a che ora sono tornati, ma lasci stare: non vuoi fare la spia e metterli nei casini, e nemmeno vuoi dare dei pensieri a Bill, anche se sai che partirà in ogni caso.

*

Passi la mattina a ciondolare tra il giardino e la casa dopo aver fatto una passeggiata sulla spiaggia, domandandoti se non sia il caso di recarti alla Tana per salutare tua madre e non sprecare del tutto la giornata. Continui a rimandare, però, e ti ritrovi a pochi minuti alla una a preparare il pranzo per tutti.

Stai prelevando delle uova dal frigorifero quando un rumore alle tue spalle ti fa girare di scatto: Louis è immobile sugli scalini, insonnolito e sorpreso.
Ti si allarga istintivamente un ghigno complice sulle labbra e lo saluti, tornando ad occuparti del pranzo.
"Ciao", mormora lui, con un sorriso pallido, stranito probabilmente dalla tua presenza inaspettata.
"Le uova vanno bene?" domandi con naturalezza, come se vi foste visti appena ieri. Ti volti nuovamente, in attesa di una risposta, e mentre lui annuisce ti prendi del tempo per osservarlo: non gli daresti un giorno in più dei suoi diciannove anni, e in quel pigiama forse troppo largo e un po' sformato dà l'idea di non essere a suo agio da nessuna parte - gambe e braccia così lunghe da sembrare sempre fuori posto. Ti ricorda Ron da ragazzo, ma la somiglianza finisce lì, nella delicatezza dei tratti di Fleur lampante nella fisionomia del suo viso: il naso piccolo, la bocca a cuore, gli zigomi alti. Ma gli occhi, gli occhi sono identici a quelli di suo padre, e un irrazionale affetto ti scoppia dentro nel rendertene conto.

Bill rincasa in quel momento, portandosi dietro un carico di documenti che appoggia a fianco dei bagagli.
"Stai andando via?" chiede Louis, distogliendo la sua attenzione da te e focalizzandola tutta su Bill. C'è una certa stanchezza nel tono, come se non si aspettasse nulla di diverso.
"Hanno bisogno di me alla sede del Cairo", risponde lui, quasi noncurante, scomparendo su per le scale.
"Che novità", bofonchia Louis a bassa voce, il sarcasmo evidente nel tono sommesso.
Poi ti passa accanto e inizia a tirare fuori i piatti per apparecchiare la tavola, gettandoti di tanto in tanto un paio di occhiate furtive.

*

"Abbiamo fatto le ore piccole, eh?" dice Bill, seduto di fronte ai ragazzi che non spiccicano parola.
"Già, e tu parti di nuovo, la giornata è piena di sorprese, non è vero?" risponde Dominique seduta di fronte a te, allungando le gambe sotto al tavolo. Riesci a vedere la punta dei suoi piedi fare capolino dalla tua parte, le unghie smaltate di rosso in netto contrasto con la carnagione pallida.
Di fianco a te noti Bill stringere il pugno, trattenendosi a stento.
"Si sta facendo tardi", intervieni, cercando di cambiare discorso non appena ti rendi conto che tuo fratello sta per replicare. "Ti conviene sbrigarti o perderai la Passaporta al Ministero."

Bill ti getta un'occhiataccia che sostieni senza battere ciglio, poi si alza e inizia a verificare di aver preso tutto il necessario.

"Rientri in Romania anche tu oggi?" chiede incerto Louis, puntandoti addosso il suo sguardo dello stesso colore del mare.
"Nah, temo mi dovrete sopportare per una settimana intera", ribatti e il sorriso che si apre sul suo viso è la cosa più bella che tu abbia mai visto.

*

La spalla ricomincia a dolere poco dopo, e in men che non si dica il bruciore raggiunge livelli intollerabili. Sfiori la ferita con le dita e quel lieve contatto ti provoca una fitta che ti attraversa da capo a piedi.

"Com'è successo?" Gli occhi di Bill hanno notato lo spasmo che ti ha irrigidito, mentre ripone l'orologio con cura nella sua custodia e lo infila in una tasca laterale del bagaglio.
"Uno Spinato", rispondi, cercando di riprendere fiato, "abbiamo un ragazzo nuovo alla riserva e non ha tenuto a dovere la catena che gli immobilizzava il collo, così è riuscito a muoversi abbastanza da prendere me e un altro paio di colleghi di striscio. Vado un attimo a cambiare il bendaggio."
"Hai bisogno di una mano?"
"No, faccio da solo."

Invece un po' di aiuto ti sarebbe servito, perché l'ustione è così estesa da prendere parte della schiena che, a causa del dolore, non riesci a raggiungere come vorresti.
Butti giù la pozione, aspettando qualche minuto che faccia effetto in modo da riuscire a pulirla.
Ti giri per osservarla nel riflesso dello specchio ed è profonda e arrossata, anche se è migliorata rispetto all'inizio e la pelle sta iniziando a cicatrizzarsi.
Però non ti tranquillizza il fatto che stia faticando a guarire, nonostante tu la tenga sempre igienizzata.

Da basso un chiacchiericcio si leva d'improvviso, la voce di Louis raggiunge le scale e puoi avvertire i suoi passi sui gradini. "Va bene, papà, giuro che non farò impazzire lo zio Charlie."
Con la bacchetta stai pulendo la ferita, che ora appare persino più viva e intensa, e sorridi nel sentire quello scampolo di conversazione.

Hai lasciato la porta del bagno aperta e, passandoci di fronte, tuo nipote si accorge della tua presenza, l'attenzione gli cade sulla bruciatura e spalanca gli occhi.

"Non è niente, non ti preoccupare", dici, davanti alla sua espressione sconcertata.
"Non sembra proprio niente. Non dovresti andare al San Mungo?"
"Per questa? Nah, ho visto di peggio. E poi mi ha già sistemato il guaritore della riserva, bisogna solo starci dietro. Sta andando meglio."
"Se lo dici tu..." non sembra convinto, anzi. "Hai bisogno per stendere l'unguento?"

Annuisci e gli porgi il contenitore. Louis si lava le mani, prima di prenderlo, asciugandole con cura. L'odore caratteristico dell'Erba Stella invade l'aria quando lo apre.
Il tocco delle sue dita fresche manda un brivido lungo la tua schiena che lo porta a bloccarsi all'istante. Ti getta uno sguardo allarmato nello specchio.
"Continua pure", lo inviti, e nel riflesso la sua carnagione è bianchissima rispetto alla tua scurita dal sole e colma di lentiggini.
Spalma il preparato con meticolosità e in un attimo il male inizia ad affievolirsi.

"Allora, Bill mi ha detto che hai preso un M.A.G.O. in Cura delle Creature Magiche, è vero?"
"Già", replica, concentrato sulla lesione.

Sei spaventosamente cosciente della sua presenza al tuo fianco e del suo tocco sulla tua pelle nuda. È perché non ci vediamo da un secolo pensi, e congedi prontamente quella strana sensazione di disagio.

"Cura è buono. Quali altri hai preso?"
"Divinazione, Erbologia e Storia della Magia."

Beh, Storia della Magia sicuro non te lo saresti aspettato.
"Non male. E adesso dove lavori?" Non vuoi che sembri un interrogatorio, anche se ti pare di stargli cavando le risposte con le pinze, però lasciare che il silenzio prenda piede è una scelta ancora peggiore.
"Alla vecchia gelateria di Florean Fortescue. Dopo che è morto è stata chiusa qualche anno, poi l'hanno rilevata e adesso funziona bene."

Quando ha finito di distribuire la pomata ti aiuta a bendare la ferita, affrancandone un lembo con un colpo di bacchetta.

Resta ad osservarti, e non sei sicuro se stia ammirando il lavoro che ha fatto o te.
Per un momento ti senti in imbarazzo perché il tuo fisico non è più quello di una volta, anche se non ti puoi di certo lamentare.

"Ti alleni ancora?" chiede, confermando i tuoi dubbi.
"Ehm, già, lavorando alla riserva è praticamente necessario."

Ti infili al volo la maglietta che avevi tolto, perché sei di nuovo pericolosamente consapevole della sua vicinanza, e il suo sguardo si rifocalizza sul tuo viso. Un sorriso furbo gli si apre sul volto.
Sta giocando con te, realizzi, ma a cosa non riesci ad afferrarlo.

"Hai intenzione di iniziare?" Continui, il tono distratto, rimettendo i medicamenti a posto e voltandogli le spalle perché senti il sangue salirti fino alle gote.
"Io? No, non credo faccia per me."

Una risata, e poi scivola fuori dal bagno e scompare senza aggiungere altro nella propria stanza.
Per un brevissimo, angosciante secondo, ti ha ricordato Petra. Ti dai dello stupido per essere arrossito e torni da basso, a salutare tuo fratello prima che vada via.

*

Il giorno dopo la partenza di Bill - in cui hai visto Dom a malapena mentre, al contrario, Louis ti è gravitato attorno come un pianeta - viene fuori che non c'è affatto il rischio che Dom porti il suo ragazzo al cottage: semplicemente una mattina ti informa che andrà per qualche giorno a stare da Tad, e tu non hai né l'autorità né il modo di fermarla.

"Uhm, i tuoi sarebbero d'accordo?" domandi, cercando di essere responsabile o qualcosa del genere. In realtà non sai niente di lei, delle sue abitudini, di come l'abbiano cresciuta Bill e Fleur, di quanta libertà le è stata concessa fino ad ora.
"Ho vent'anni", risponde lei, infastidita. "E comunque loro non sono qui, o sbaglio?" Te lo dice con un sorriso sfacciato, di sfida. Poi ti guarda e se ne pente: non sei tu il nemico.

Uno strano silenzio cade tra di voi, a romperlo solo dei rumori che vengono dal piano superiore - una porta che si chiude, la scroscio dell'acqua della doccia che si apre.
Dom allunga le gambe sotto al tavolo, come aveva fatto la prima volta che avete pranzato insieme quando sei arrivato, e ti sei ritrovato i suoi piedi tra i tuoi. Ha l'aria annoiata, i capelli che ricadono disordinati ai lati del viso, la tempia appoggiata al pugno chiuso.
"Sto morendo di sonno", aggiunge, e sorridi della tenerezza che ti fa, con quel visetto da ragazzina e i vestiti fin troppo morbidi.
Lei e Louis si somigliano così tanto nel modo di fare da sembrare due metà della stessa persona.

"Non ti cacciare nei guai, eh?" ti raccomandi, perché, davvero, che altro potresti dire? È giovane, ha sbagliato, sbaglierà ancora.
Alza il capo, ti studia per un attimo, come cercando di leggere qualcosa; dopo sorride, gli occhi ridotti a due fessure, le fossette che si aprono come due fiori sulle guance. "Non ti preoccupare", replica, con tutta la convinzione del mondo.

*

Se ne va nel pomeriggio. Con una borsa di tela gettata in spalla e poche parole ti affida Louis.

"A volte fa come papà, sai? Se non gli stai dietro si isola." Annuisci, e in un lampo ti ritorna alla mente Bill da ragazzo, che non rispondeva alle lettere degli amici e si prendeva del tempo per pensare, per stare solo.
"Sto via pochi giorni", aggiunge poi, e anche lei ti ricorda un po' Bill con questo modo di fare, questa casualità nei gesti sciolti. "Tanto papà non torna comunque, se sa che ci sei tu starà via almeno due settimane."

È piccola e sottile tra le tue braccia, profuma ancora dei biscotti che avete cucinato insieme e ti rendi conto di non volerla lasciare andare. A differenza di sua sorella maggiore, lei non è un complemento di Bill ma una persona reale, fatta di carne e sangue e tutto il resto.
Le baci una guancia e lei ridacchia, "la tua barba fa il solletico!"

È già pronta a smaterializzarsi quando ti punta gli occhi addosso e aggiunge "sono contenta che sei tornato, dovresti farlo di più."
E sparisce, con uno schiocco che lascia indietro solo l'inizio di un sorriso.

*

Louis, non tardi a scoprire una volta rimasti soli, abbandona tutto ovunque, per poi passare ore a cercare il determinato oggetto perduto senza trovarlo.

"Non so, forse è in stanza di Dom", mormora pensoso, fermo in mezzo al corridoio, guardandosi attorno spaesato. Poi riesci a vedere il suo cervello compiere un qualche collegamento e voltarsi nella tua direzione.
Sei già pronto a dirgli di essere più ordinato, mentre sposti con un certo fastidio un paio di libri per farti posto sul divano, quando la sua voce flebile ti raggiunge. "Dom ha detto che lo sai."
"So cosa?" chiedi, facendo finta di nulla.
"Della storia del... del...", non sembra riuscire a finire la frase, l'espressione sul suo viso fragile come carta.
"Del negozio?" lo incalzi.
"Sì, di quello."
"Bill me lo ha detto, sì."
"E?"

Non ne vuoi parlare, non ti interessa, non cambia nulla per te. È stata una bravata, una cazzata finita male, forse il trampolino di lancio verso l'età adulta.

"Niente", replichi. Vorresti aggiungere che questo non lo renderà diverso ai tuoi occhi, però non trovi le parole e non vuoi sembrare il vecchio zio mieloso infilando una dietro l'altra tutte quelle sbagliate. "Si sbaglia e si va avanti, Lou, funziona così la vita." Il tono ti esce forse un po' troppo pragmatico, ma è sempre meglio dell'alternativa.

E, prima che tu possa rendertene conto, è lì tra le tue braccia, a mormorare un grazie premuto contro la spalla ustionata, e una fitta di dolore erompe dentro di te. Ma, invece di allontanarlo, ti scopri a stringerlo ancora più forte, chiedendoti se Bill lo abbia mai fatto.
La realtà è che ti immagini tuo fratello sgridarlo e arrovellarsi per trovare una soluzione, ma non esserci nel momento del bisogno, lasciandolo alla deriva, senza conforto.
Ti ritorna di nuovo alla mente Ron, col suo bisogno di essere amato e, com'è successo per Dom, realizzi di non volerlo lasciare andare più, di non volerlo lasciare andare mai.

*

Trovi London Calling tra i vinili di Bill, un reperto che risale a qualcosa come trentacinque anni fa e che avevate comprato insieme a vostro padre in un negozio Babbano, durante una delle sue gite di perlustrazione in cui lo accompagnavate. Quei pomeriggi erano sempre divertenti e pieni di imprevisti e situazioni nuove, li ricordi con una certa dose di rimpianto come alcuni dei momenti più belli della tua infanzia.

Il trentatré giri aveva suonato per tutta l'estate dei tuoi tredici anni senza sosta, fino a graffiarsi. La prima vera boccata di libertà.
Lo metti sul piatto del grammofono e le note iniziali della canzone che dà il titolo all'album si diffondono nell'aria.
"Perfetto", mormori. E lo è, proprio come allora.
"Ascolti i Clash anche tu?" La voce arriva dalle tue spalle e ti sorprende. "Papà ogni tanto li mette, quando è di cattivo umore e gli va di sentirsi nostalgico. E adesso ho capito perché."
"Li hai mai ascoltati?" Indaghi, sviando il discorso da tuo fratello.
"Si, ho anche una maglietta loro."

E te lo immagini, Louis a undici, dodici anni, intrufolarsi nel salotto senza essere visto per rovistare tra le cose di Bill. Chissà che altro ha trovato e cosa lo ha aiutato a formarsi una sua opinione personale di un padre assente, che quasi non conosce.
"Questo è il mio preferito, forse perché è il primo che ho sentito. Mi spiace di non essere mai riuscito a vederli dal vivo."
"Già, credo lo rimpianga anche papà. E anche a me sarebbe piaciuto se lui mi ci avesse portato, ma Strummer è morto prima che nascessi."

Resti a fissarlo, punto sul vivo da quella frase ma incerto su come prendere quel commento. Sta insinuando velatamente che sei un reperto da museo o vuole solo mostrarti che sa di cosa sta parlando snocciolando date e nomi?

"Ma a te piacciono?" Chiedi allora, cercando di mantenere la calma, perché non ti è ben chiaro se sia così o se sa tutto di loro solo perché sono un pezzo del mistero che è Bill ai suoi occhi.
"Non proprio" risponde allora. È come avevi sospettato.
"Dagli una chance in futuro", replichi, alzando il volume e sedendoti sul divano, "quando ci incontriamo io e tuo padre li ascoltiamo sempre. Hanno la magnifica capacità di annientare i pensieri."
"Vi vedete spesso?" inquisisce, il tono quasi inudibile sopra la musica.
"Appena possiamo."
"Sei andato a trovarlo in Egitto?
"Si, qualche volta, perché?"

Ma quando ti volti, ancora in attesa di una risposta, di Louis non c'è più traccia.

*

Il pomeriggio successivo trovi James sulla soglia di casa, dissimula la sorpresa nel vederti con una certa facilità.
"Sei qua in gran segreto o cosa?" domanda, dopo un abbraccio molto virile condito di pacca sulla schiena.

James è cresciuto - lo sono tutti, in maniera spaventosa, e non riesci più a ricollegarli ai bambini che sono stati, una testimonianza in più del tempo che è passato senza che te ne accorgessi. Ti supera di una spanna buona e dimostra più dei suoi diciotto anni. La somiglianza con Ginny è quasi totale, nessuna traccia di Harry se non nei capelli ribelli.

"Nah, sono arrivato stamane", menti, perché sono passati quattro giorni e ancora non lo hai fatto sapere a nessuno. Sei rimasto a ciondolare per casa, aspettando i ritorni di Louis e passeggiando sulla spiaggia, volando sopra i campi fioriti dell'entroterra della Cornovaglia.
Capti lo sguardo di Louis puntato su di te e lo stesso sorriso furbo dell'altro giorno gli si apre sul viso.

"Mi sono scordato di dirtelo, che sarebbe passato Jamie", ti informa, quasi scusandosi, dissimulando a malapena un'occhiata complice. "Esco a fare un giro prima del lavoro, ci vediamo dopo, ok?"
"Certo, io ne approfitto per passare da vostra nonna a salutare."

Come se ne avessi voglia, ma è quasi un obbligo impossibile da rinviare ora che Jamie sa che sei qui.

Prima di entrare nel camino ti sistemi i capelli di fronte allo specchio, con la speranza che a tua madre non salti in testa di accorciarteli, e l'immagine che ti fissa di rimando nel riflesso non sembra affatto contenta.

*

La Tana è vuota, quando arrivi. Controlli ovunque, fino su in soffitta, ma la casa è deserta come non credi di averla mai vista; ti appare tutto diverso, più nuovo e spazioso di quanto lo ricordassi. Forse è solo la tua mente a giocarti un brutto scherzo ma, di fronte alla vecchia stanza che dividevi con Bill, ora chiaramente occupata dal più grande dei figli di tua sorella, ti assale la sensazione che una fetta importante della tua vita sia finita, andata per sempre.

Scendi le scale ed esci in giardino. Le fronde degli alberi da frutto gettano un sollievo d'ombra nella calura estiva, così ti siedi sulla panchina sotto la finestra della cucina.
Cerchi con lo sguardo altre tracce del passaggio dei tuoi nipoti, invece tutto è ordinato e pulito. Ti chiedi se tua madre gli stia addosso con l'eguale prontezza con cui stava dietro a voi, o se sia opera di Ginny stessa - James non ti ha dato l'idea di essere ordinato, ma i suoi abiti smessi erano ben piegati e riposti sulla vecchia sedia di Bill.
Tiri un respiro profondo e realizzi d'un tratto che la parte pesante di quel ritorno è passata, che non potrà andare peggio di così.

*

“James e Albus si sono schiantati a vicenda?” domandi con un certo grado di allarme, seduto su una delle sedie di legno cigolanti.
Ginny è tornata con le buste della spesa poco dopo il tuo arrivo, comunicandoti che Molly era fuori con Albus e Lily a fare compere per il prossimo anno scolastico e, abbandonando i suoi acquisti alla rinfusa sul tavolo, si è lanciata verso di te per un abbraccio che è durato minuti.

Appoggi la tazza sul tavolo tra voi due, adocchiando di tanto in tanto il contrasto tra il salotto immacolato e la baraonda che è diventata la cucina.
"Già, e sono finiti entrambi incoscienti in infermeria. Tutta questa faccenda di Grifondoro contro Serpeverde sta toccando dei livelli allucinanti", risponde lei, versando del latte nel suo tè con un colpo di bacchetta. "L'unica cosa che mi rincuora è che James abbia preso i M.A.G.O. quest'anno, ma manca ancora abbastanza tempo alla partenza di Albus il prossimo Settembre affinché si uccidano. Ma, dimenticavo di dirti, che ovviamente Harry ha preso in mano la situazione", lo dice con un tono duro che non avevi mai sentito nella sua voce.

Mentiresti se affermassi di non essere preoccupato: tirare su tre figli da sola, lavorando e, allo stesso tempo, affrontando un divorzio è tutt'altro che una situazione semplice da sostenere.
"Sono sicuro che…”, la frase muore prima di essere formulata completamente. Avevi intenzione di rassicurarla, tirarle su il morale, sminuendo la realtà dei fatti, ma sai benissimo che non servirebbe a nulla: tua sorella non è stupida e, probabilmente, non seguiti finiranno davvero col farsi fuori prima dell'inizio della scuola.
“Sei sicuro di cosa?” ti domanda con espressione greve. "Che non si ammazzeranno entro la fine dell’estate? Ne dubito."

Ti appoggi allo schienale, scivolando un po' in avanti, sfinito - e quel tuo stesso gesto ti ricorda Dom, d'ora in poi lo assocerai per sempre a lei e, con lei fiorisce nella tua mente il pensiero di Louis. Ti chiedi cosa stia facendo, se abbia già attaccato il turno alla gelateria, se James sia sulla via del ritorno.

James. Forse la memoria ti fa cilecca ma, adesso come adesso, potresti mettere la mano sul fuoco che nessuno di voi era così fuori controllo a quell'età, eppure eravate ben sette fratelli. Non sai bene cosa stia capitando, se sia il passaggio generazionale o i tempi che cambiano o semplicemente l'aria che respirano a essere folle e contaminata, ma hai l'impressione che i ragazzi di oggi si muovano zigzagando attraverso la vita senza meta e senza regole.

Ti riscuoti, rendendoti conto di aver appena seguito un ragionamento da ottantenne con la dentiera e, ancora una volta, ti senti immensamente vecchio, troppo responsabile e troppo saggio.
D'improvviso ti sale dentro il desiderio di tornare a casa di Bill, lasciare Ginny e i suoi problemi lì, tra il soggiorno e la cucina della Tana, e rientrare a far parte del calore marino di Shell Cottage.
Ti sale dentro il desiderio di tornare da Louis.

E allora lo fai, senza rifletterci un minuto di più, lasciandoti dietro solo la promessa di rifarti vivo una sera di queste.

seconda parte »

harry potter: louis weasley, • gift, harry potter: charlie weasley, *2016, harry potter

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