Boom! Non pensavo che sarei tornata nel magggico mondo del P0rnFest anche quest'anno, ma alla fine la tradizione ha vinto e ne sono ben lieta.
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Il portellone del Falcon era aperto.
Leia assottigliò le palpebre con aria perplessa e lanciò nuovamente un'occhiata al sottile crono d'argento che portava al polso. Mancavano ancora diverse ore dalla partenza della flotta dell'Alleanza dei Ribelli per il Sistema di Endor.
Girò attorno a un X-Wing e raggiunse l'entrata della nave stellare del comandante Solo, non senza provare un fremito di irritazione - o forse era timore? Quando si trattava di Han aveva sempre qualche difficoltà a stabilire se fosse più infuriata o più spaventata. Cosa poteva mai macchinare a quell'ora tarda sul Falcon? Leia non voleva credere all'eventualità che fosse nuovamente in procinto di svignarsela... era una canaglia, ma non avrebbe mai voltato loro le spalle.
Non poteva voltare le spalle a lei.
Le luci all'interno del Falcon era quasi del tutti spente.
«Han?» chiamò nel nulla. «Chewie?».
Non ricevendo alcuna risposta, raggiunse la cabina di pilotaggio. Han era completamente stravaccato al suo solito posto di guida, con le gambe distese sul pannello di comando e le braccia incrociate dietro alla nuca.
«Han?».
«Ah!».
Preso alla sprovvista, l'uomo estrasse la pistola blaster e scattò in piedi.
«Tu prova solo a spararmi e io ti farò confinare nel più remoto angolo di niente dell'intera Galassia!».
Han sgranò gli occhi e abbassò la pistola. Rimase a fissarla per qualche secondo con aria ebete, prima di arrangiare il suo solito ghigno spavaldo e passarsi una mano fra i capelli.
«Sarebbe la più grave perdita mai subita da qualunque sistema solare» rise, rinfoderando la sua arma preferita e tornando ad occupare il posto di pilota. «Immagina la scena: schiere di giovani femmine provenienti da ogni pianeta attorno alla rotta di Kessel in lacrime, con i cuori spezzati dalla mia assenza...». Attese che lei si fosse seduta al posto di co-pilota prima di avvicinarsi con un sorrisetto e aggiungere: «Tu non piangeresti nemmeno un po' la mia assenza?».
«Assolutamente no» rispose lei. «Ma non posso dire lo stesso dei tuoi creditori...».
«Ehi, Principessa!» esclamò scandalizzato. «Sono un uomo onesto e senza debiti con chicchessia, io».
Leia arricciò le labbra.
«Beh, magari devo ancora restituire qualche centinaio di crediti qua e là per il settore corelliano» confessò Han con una scrollata di spalle. «Ma fra noi corelliani i prestiti sono unità di misure molto malleabili, mia cara».
Lei gli rivolse un'occhiata eloquente. Han fece una smorfia e alzò entrambe le mani in segno di resa.
«Va bene, va bene... grazie per aver strangolato con le tue regali mani quel viscido verme di Jabba. È stato molto...».
Leia si accomodò meglio sul sedile per poterlo guardare con espressione di genuina curiosità.
«Molto...?».
«Eccitante».
Non era certa se il brivido lungo la schiena fosse dipeso da quella parola in sé o dal fatto che per una volta Han sembrasse incredibilmente serio. Certo, ripensare al tanfo nauseabondo dell'Hutt le faceva venire in mente tutto fuorché qualcosa di eccitante... non riusciva a capire se la stesse prendendo in giro.
«Tu non c'eri nemmeno» ribatté. «E non ci vedevi».
«Ehi, stavo sgominando il più temibile cacciatore di taglie della Galassia! Sono stato eccezionale».
«Hai attivato i suoi razzi propulsori per pura fortuna».
Han fece un largo sorriso sardonico.
«Sei solo arrabbiata perché ho usato la parola con la "e".
«Eccezionale?».
«Eccitante».
Per un attimo valutò l'ipotesi di colpirlo con tutta la forza del suo braccio destro, solo per controllare se la sua faccia da sberle fosse davvero a prova di sberle come si diceva. La verità era che lui sapeva metterla in una posizione di insolito imbarazzo come nessun altro aveva mai fatto. Aveva sempre creduto di essere perfettamente in grado di gestire qualunque situazione - era una politica di Alderaan, santo cielo, era cresciuta nell'ordine e nella diplomazia. Era nata per gestire le situazioni critiche... ma Han sapeva sempre colpire laddove lei si sentiva meno sicura di sé.
«Leia, c'è qualcosa di molto importante che devo chiederti» disse Han con voce profonda.
Lei rimase in feroce attesa, fissando con intensità l'espressione grave del viso dell'uomo.
«Leia, io... devo sapere se hai conservato quel costume eccitante. Ti prego, devo-ahia!».
Non era a prova di sberle, tutto sommato, ma sembrava reggere bene gli urti. Mentre Han si massaggiava la parte della spalla dove lei lo aveva colpito, Leia si ritrovò suo malgrado a ridacchiare.
«Sei un completo imbecille, Han».
Lui sorrise.
«Lo so».
Aveva i capelli più scarmigliati del solito e la camicia bianca sbottonata fino quasi al petto. E aveva sempre quel ghigno, quel dannato ghigno che non si levava mai dalla faccia... non era abituata a uomini come lui, che bazzicavano per locali malfamati e si indebitavano per migliaia di crediti con i peggiori lestofanti della Galassia.
Distolse lo sguardo e decise di cambiare argomento.
«Dov'è Chewbacca?».
Han scrollò le spalle.
«L'ultima volta che l'ho visto stava giocando a sabacc con Lando... e vista la bravura di Lando e il carattere di Chewie, su due piedi direi che il nostro amato Calrissian non ha più la testa».
«E perché sei qui da solo?».
«Niente di importante... ho dato un'ultima occhiata ai generatori di riserva».
«Ma non raggiungeremo Endor con il Falcon».
«Pensavo di prestarlo a Lando».
Leia fu talmente stupita da quella notizia da restare con la bocca aperta per qualche istante.
«Tu? Prestare il Falcon?» Ci mancava poco che si mettesse a ridere. «Sei serio?».
«Io e Lando ne abbiamo passate così tante insieme... e domani avrà bisogno della ragazza più eccitante della Galassia per uscire vivo dalla sua missione da grande eroe. Non dirgli che l'ho detto, ma mi dispiacerebbe vederlo esplodere a bordo di un X-Wing».
Leia sorrise.
«Sei proprio diventato un brav'uomo».
«Lo sono sempre stato. E poi io ce l'ho già, una ragazza eccitante con cui uscire vivo da Endor».
Era sicura di essere arrossita almeno un poco, avvertiva il leggero calore sulle gote. Si umettò le labbra e si prese qualche secondo per soppesare con cautela una risposta adatta. Era sul punto di dire qualcosa quando Han la interruppe:
«Soprattutto se vieni a Endor con quel costume che tutti sembravano aver visto tranne il sottoscritto».
Lo aveva fatto di nuovo e Leia avrebbe dovuto saperlo. Non aveva nemmeno intenzione di ribattere, non trovava che Han se lo meritasse. Scattò in piedi come una furia, intenzionata a piantarlo sul Falcon e a non rivolgergli la parola fino a quando non avrebbe capito per l'ennesima volta quanto fosse tremendamente stupido e immaturo... doveva fuggire dal desiderio di prenderlo a sberle sul serio. O di sparargli con la sua stessa pistola blaster.
Han si alzò immediatamente e la prese per un braccio.
«No, no, no... scusa».
«Lasciami il braccio, Han».
«Sono il solito imbecille che fa battute stupide». Le lasciò andare il braccio e parve rasserenarsi quando lei non se ne andò. «Mi dispiace».
Era sincero, Leia lo sapeva bene. Era sempre sincero quando si scusava con lei per qualunque cosa avesse combinato, ma restava il fatto che avrebbe preferito che non dovessero esserci le occasioni per le sue scuse... era davvero il più villano imbecille della Galassia.
«Mi dispiace» ripeté di nuovo. «So che deve essere stato orrendo per te. Sei una donna di comando, non una bambolina da svestire».
«Non si direbbe affatto».
Han dischiuse la bocca e scosse incredulo la testa.
«Cosa? Leia, tu-- guardati. Perfino quella statua di pietra con la parrucca rossa ti dà ascolto quando parli!».
«Non parlare così di Mon Mothma!».
«Quella donna non è umana. Sono abbastanza sicuro che faccia solo finta di respirare...». Leia incrociò le braccia, ma lui non si fermò. «Ma ti dà ascolto, è questo il punto. Ti chiede consiglio, ti affida le missione più delicate... a me guarda come se fossi uno di quegli insetti orrendi che svolazzano su Geonosis!».
Leia dovette reprimere a forza una risatina.
«Credo sia colpa dell'influenza dell'Ammiraglio Ackbar».
«Ecco! E perché gli sto così tanto antipatico?».
«Sei un contrabbandiere» spiegò lei con ovvietà. «Ai Calamariani non piacciono i contrabbandieri».
«Io non sono un-- sì, okay, a Begli Occhioni non vado a genio, ma... perché stiamo parlando di me?».
«Perché sei un egocentrico pallone gonfiato».
Han assottigliò gli occhi. Rimase serio qualche secondo prima di scoppiare a ridere.
«Hai ragione» ammise infine. «Tu ne avresti più motivo di me. Non volevo dire che mi piacerebbe vederti con quel coso addosso, comunque. Beh, in effetti, non mi dispiacerebbe, ma non--»
«Han» lo ammonì lapidaria lei.
«Non è facile, sai? Come faccio a dire che non vorrei vederti... così? Vorrei eccome. Darei via il Falcon per vederti senza vestiti - no, il Falcon no, diciamo che darei via Luke - ma non così-così, capisci? Non con una catena attorno al collo! Ma diamine, perché non me l'hai detto?».
Leia piegò interrogativa il capo.
«E quando avrei dovuto dirtelo?».
«Su Tatooine, ovviamente! Lo avrei fatto a pezzi e lo avrei scaricato in un buco nero!» ringhiò rabbioso. «Nessuno può permettersi di trattarti come--». Mosse la mano a mezz'aria come per scacciare una mosca. «Ah, lascia stare» mugugnò, prima di tornare a sedere nella cabina di comando.
Leia avrebbe voluto ricordargli che se l'era cavata da sola e che la parte della principessa da salvare le era stata stretta fin da quando lui aveva cercato di affibbiargliela. Avrebbe voluto ricordargli che era accecato a causa della grafite e che con tutta probabilità sarebbe stato Jabba a fare a pezzi lui. Forse avrebbe dovuto dirgli tutte quelle cose, ma in verità covava nel profondo del cuore un insolito piacere nel vederlo animarsi come un dodicenne per lei. Era geloso, era passionale, era talmente sincero da far quasi male.
Con un sospiro leggero, lo raggiunse e si appoggiò ai comandi di fronte a lui, scrutandolo con affetto.
«Di trattarmi come una bambolina da svestire?».
Lui finse di levare un po' di polvere dal bracciolo del sedile.
«Esattamente».
«Disse il brav'uomo che aveva appena fatto allusioni sconce alla mia nudità».
«Oh, andiamo, non è la stessa cosa».
«No?».
«No».
«E perché no?».
Han alzò lo sguardo e la fissò a lungo, immobile in quella posizione stravaccata in cui solo lui sembrava apparire a suo agio. Per una volta parve davvero essere intento a ragionare su cosa dirle, ed era una novità alla quale forse Leia non era abituata.
«Perché sai perfettamente per quale motivo lo faccio in continuazione».
Qualche anno prima lo avrebbe preso a schiaffi - o forse anche qualche mese prima, forse anche dieci minuti prima. Un contrabbandiere senza la minima coscienza e il minimo rispetto per le autorità, una canaglia con l'ardire di lanciare allusioni che mai nessuno si era azzardato fare a una figura del suo rilievo.
"Non ci sono abbastanza canaglie nella tua vita" le aveva detto a bordo di quella stessa nave. Aveva dovuto dargli ragione, ma con il passare del tempo aveva realizzato che con Han nella sua vita ne aveva più che a sufficienza. Non gli serviva semplicemente altro.
Leia sorrise.
«Non lo so».
Lui inarcò sarcastico un sopracciglio, ma dovette cogliere in fretta il lampo divertito negli occhi della giovane donna. Sogghignò con quel suo modo furbo.
«Perché muoio dalla voglia di fare l'amore con te, Principessa».
Leia appoggiò un piede sul bracciolo del sedile e si spinse per sedersi sul bordo del pannello di controllo del Falcon.
«Le canaglie sanno fare l'amore?».
Han si alzò in piedi e appoggiò le mani accanto alle sue. Il suo pollice iniziò a carezzare piano il dorso della sua mano sinistra. Il suo viso era talmente vicino da permettere a Leia di sentire il suo fiato contro la pelle.
«Solo quelle innamorate».
Han aveva un modo di baciare completamente diverso da quello degli uomini di Alderaan, ma Leia non credeva dipendesse dal fatto che fosse originario di Corellia. Non che avesse baciato degli altri uomini di Corellia - e nemmeno troppi di Alderaan - ma era piuttosto certa che Han la baciasse semplicemente a modo suo. Era intenso, era genuino, era il bacio di un uomo che andava dritto al punto perché girarci attorno lo annoiava. Le sue labbra erano leggermente screpolate, il palmo della mano con cui le sfiorava il viso e la nuca ruvido a causa dei calli.
E Leila, che non aveva mai davvero toccato un uomo che non fosse un educato giovanotto di Alderaan, impazziva.
Strinse le gambe attorno al suo torso e approfondì il contatto con un mugolio di piacere, mentre si beava della sensazione dei suoi capelli castani fra le dita. Gli appoggiò la mano sul petto, lo risalì fino alla spalle e si strinse al suo collo.
«Leia...».
Lei lo baciò di nuovo, incurante di qualsiasi cosa volesse dire. Voleva toccare la sua pelle in quel preciso momento e c'era ben poco nella Galassia che avrebbe potuto impedirglielo. Slacciò con foga i primi tre bottoni della sua camicia bianca.
«Leia...».
«Non dire cose stupide».
«Non qui».
Han aveva il fiato corto e negli occhi brillava una luce di impaziente bramosia, ma sembrava comunque piuttosto determinato. Leia gli passò una mano fra i capelli.
«È una cosa stupida».
Cercò di baciarlo ancora, ma lui la allontanò con gentilezza e scosse il capo.
«Dico davvero. Non è il posto adatto a te».
Leia si sfilò il maglioncino candido e lo gettò a terra. Non indossava che un misero top di materiale sintetico dalle fattezze comode e pratiche, ben lontane da quel costume metallico che Jabba le aveva obbligato a indossare. Era anche molto distante dagli abiti sofisticati indossati dalle donne di Alderaan.
«Mi deludi, capitano Solo» lo prese in giro bonariamente. «Credevo avessi detto che questa è la nave stellare più eccitante della Galassia».
«E lo è».
Leia tracciò una fila di baci leggeri lungo il profilo della sua mandibola e gli succhiò appena il lobo dell'orecchio.
«Non sono all'altezza dell'eccitante e prodigiosa Millenium Falcon?».
«Direi piuttosto il contrario».
Lei ridacchiò nell'incavo del suo collo.
«E domani negherai di averlo detto».
Han appoggiò le mani ai suoi fianchi nudi e la strinse a sé con più decisione.
«L'importante è che tu mi abbia sentito dirlo ora».
Non era del tutto sicura di quando la sua camicia fosse finita sul sedile da co-pilota, ma era abbastanza convinta di averla semplicemente scagliata via, a un certo punto. Aveva un fisico asciutto e definito, il petto ricoperto da una sottile peluria castana e da qualche leggera cicatrice bianca. Si ripromise di chiedergli in quanti altri casini si fosse cacciato prima di incontrarla - e di cacciarsi in casini peggiori, forse.
Gettò indietro il capo mentre Han le baciava l'incavo del collo, la linea della clavicola e scendeva fra i suoi seni, senza smettere di carezzarle la base della schiena nuda. Ridacchiarono come due ragazzini scemi mentre lui le sfilava il top stretto al di sopra del capo e si ritrovava in difficoltà a liberarlo dalla folta treccia di Leia.
«Adesso racconterai che è colpa dei miei capelli?».
Lui non la stava ascoltando. Fissava la curva morbida dei suoi seni e dei suoi fianchi con espressione intensa, sfiorandone il contorno con le dita come se temesse di vedersela svanire fra le mani.
«Sei bellissima».
Leia lo baciò di nuovo. Sorrise mentre si sfregava con insistenza contro il cavallo dei suoi pantaloni, dove l'eccitazione stava tendendo in maniera considerevole il tessuto di seconda mano. Fece scorrere le mani lungo la scia di peluria che gli attraversava il torso e iniziò a sbottonare con foga la cinghia e i bottoni.
I movimenti che la lingua di Han stava facendo attorno all'areola del suo seno sinistro la stavano facendo impazzire. Lo sentì gemere quando riuscì a infilare una mano nelle sue mutande e ad avvolgergli l'erezione nel palmo. Apparentemente incapace di sopportare oltre, Han si liberò dei pantaloni con un imprecazione volgare che le strappò un'altra risatina.
Le piaceva sentirlo mugugnare accanto al suo orecchio, sentirlo irrigidirsi e farsi sempre più eccitato nella sua mano; quando lui le prese con gentilezza il polso e la fece allontanare ne fu stupita. Sembrava gli stesse piacendo.
Inarcò un sopracciglio con aria interrogativa, alla quale lui rispose con un sospiro stremato.
«Vacci piano, tesoro. Non voglio che tu vada in giro a dire che sono stato più veloce del Falcon».
Leia ridacchiò per l'ennesima volta e lo guardò liberarla dai pantaloni con aspettativa crescente. Prima di quel momento non aveva mai davvero realizzato con quanta intensità desiderasse stare con lui. Han si chinò sul suo torso, lasciando una discreta scia di lenti baci sul suo ventre, mentre la sua mano risaliva con più velocità lungo la sua coscia. Quando il suo polpastrello iniziò a muoversi piano sulla superficie ruvida dei suoi slip umida, Leia buttò indietro la testa con gemito. Il suo piede azionò accidentalmente un comando che Han spense con prontezza, senza nemmeno controllare cosa fosse.
Sentirsi sfilare gli slip le diede una sensazione di tremenda liberazione, ma Han sembrava sempre più intenzionato a rallentare la situazione. Le sue dita ci stavano mettendo secoli per arrivare laddove lei desiderava arrivassero...
«Han...». Il suo mugugno aveva il tono di un rimprovero. Lui parve trovarlo particolarmente divertente.
«Non per entrare nel personale, mia cara, ma tu sei una principessa: dovresti avere un po' più di decoro».
Stava cercando di trovare una risposta adatta quando lui iniziò a tracciare il profilo delle sue labbra, muovendosi lentamente in alto e in basso. Fu sul punto di imprecare mentre una delle sue dita entrava finalmente in lei. Si lasciò trasportare dal contatto, borbottando di tanto in tanto qualche incomprensibile "più veloce" o "più su" a cui Han prestava molta attenzione.
Tuttavia quando si accorse che le sue labbra stavano risalendo l'interno coscia, si tirò istintivamente indietro e strinse fra loro le gambe.
«Cosa fai?» gli chiese intimorita.
Han, incapace di camuffare lo stupore, le mostrò i palmi delle mani con un sorriso divertito.
«L'unica cosa che mi riesce bene a parte pilotare questa nave, mia cara».
«No».
Aveva perfettamente capito a cosa lui stesse alludendo, ed era una pratica che a Alderaan era piuttosto malvista. Era associata a pianeti che pullulavano di bettole per contrabbandieri e gangster - cosa che Han doveva sapere molto bene.
«È sconveniente» protestò, ma la parte più ragionevole di lei si sentì piuttosto stupida.
Han inarcò un sopracciglio.
«Vostra Altezza...».
«Non chiamarmi "Vostra Altezza"».
«Sei nella cabina di pilotaggio di una nave corelliana... proprio sul suo pannello di comando, in effetti. Nuda». Per una volta il suo tono canzonatorio la divertì più che farla irritare. Dopotutto, aveva ragione. «Sei sicura di non voler rivalutare il concetto di "sconveniente"?».
Lo voleva eccome
Han parve intuirlo dal suo silenzio trepidante. Era una sensazione mai provata prima: combattuta fra l'istinto di ricoprirsi immediatamente e il desiderio che la sua lingua non smettesse di fare qualunque diavolo di cosa stesse facendo sul suo clitoride. La stuzzicava con delicati movimenti circolari senza distogliere lo sguardo dal suo viso arrossato. Quando infilò due dita in lei, Leia imprecò sul serio fra i denti e dovette aggrapparsi a una delle cinghie di sicurezza del Falcon per non scivolare. Iniziò a perdere la consapevolezza del tempo che trascorreva. Aveva il fiato sempre più corto, la mente sempre più annebbiata dal piacere...
«Han... fermati».
Lui le diede ascolto. Si sollevò in piedi e si appoggiò fra le sue gambe con un mezzo sorriso scemo sulla faccia. Leia gli passò una mano sulle labbra umide e gli lasciò un bacio leggero, tremendamente in contrasto con le sensazioni ben più frenetiche che la stavano agitando.
«Siediti» gli disse.
«Non credo proprio, mia cara» rispose Han, baciandole l'incavo del collo. «Mia la nave, mie le regole».
Leia ridacchiò appena, prima di spingerlo indietro, costringendolo ancora sul sedile da pilota. Scese dal pannello di comando e si sollevò sopra di lui, divertendosi a muoversi in lenti movimenti rotatori sulla sua erezione.
«Mio il comandante» lo corresse lei. «Mie le regole».
Lo sentì entrare in lei con delicatezza, le mani ruvide strette attorno ai suoi fianchi per aiutarla nei movimenti. Rimasero immobili per un po', beandosi di quell'attimo che probabilmente aveva già rimandato troppo a lungo.
Leia iniziò a ondeggiare con velocità crescente, lasciando che Han la aiutasse ad ogni spinta mentre le mordicchiava lobo dell'orecchio, il collo, la clavicola, ogni punto in cui sembrava in grado di arrivare. Potevano davvero essere trascorsi dieci secondi come dieci minuti, o magari dieci anni o dieci secoli: non aveva più importanza. Era esattamente nel posto in cui doveva stare in quel momento. Era lontana dalla minaccia dell'Impero e dalla paura che la aspettava a Endor l'indomani, lontana dai tristi ricordi rimasti di Alderaan, lontana dal timore di non essere all'altezza dei suoi compiti.
Era con Han.
«Ti amo» le sussurrò con voce roca.
Iniziò ad accelerare e chiuse gli occhi, sentendo l'orgasmo farsi sempre più vicino. La travolse completamente, facendole perdere il contatto con spazio e tempo in maniera definitiva. Si lasciò scivolare contro il suo petto, aggrappandosi allo schienale del sedile, stremata.
«Han...?».
Lui emise un gemito incomprensibile.
«Han, tu sei--?».
«Oh, ti prego. Dimmi che non me lo stai davvero chiedendo».
Leia si lasciò sfuggire un'altra risatina. Era probabilmente la prima volta in cui le capitava di divertirsi così tanto in compagnia di un uomo. Voltò il capo per baciargli la fronte.
«Han?».
«Sì, tesoro?».
«Ce la faremo».
Lui si umettò le labbra con uno sguardo serio e le scostò un ciuffo ribelle dal viso.
«Lo credo anche io».
«E vinceremo».
«Certo». Le rivolse un sorriso furbesco. «Le canaglie vincono sempre le loro partite».
«Io non sono una canaglia».
Han sbuffò sarcastico e si riavvicinò nuovamente alle sue labbra.
«Come no, mia cara... come no».