(Prima o poi dovrò raccontarmi di nuovo la tua storia.)
Frammento #
Jordi semplicemente è di quella specie di esseri umani sinistramente perfetti. Di quelli che da ragazzini sono i più bravi della classe e che, nonostante questo, trovano il tempo di essere le punte della loro squadra di calcetto. Che poi crescono e si iscrivono a dei corsi di latino supplementari. Che hanno il sorriso perfetto senza aver mai conosciuto apparecchio e i cui capelli seguono sempre una direzione sola. Che hanno gli occhi che fanno sciogliere le ragazze, quelli café, liquidi, lucenti, circondati da ciglia che sembrano posticce ma che purtroppo sono vere.
Che escono sempre con la stessa ragazza, quella conosciuta da bambini, quella bionda, quella gentile, quella pazzescamente bella che per una qualche strana congiunzione planetaria sembra anche essere il fiore più puro e innocente del creato.
E per questo Juan si è sempre sentito nel pieno diritto di odiarlo.
Intensamente, profondamente, appassionatamente.
Dal primo giorno in cui l'ha incontrato, per tutti e tre gli anni di pittura, fotografia e anatomia passati gomito a gomito, per i suoi quadri insulsi ed asettici, per le sue convinzioni buoniste sulla bellezza e le sue battute scritte da Nicholas Sparks.
Perché sua madre era bella e dolce e gli aveva trasmesso il suo viso creolo; perché suo padre aveva le ossa grandi, forti, che nel figlio si erano riprodotte con una delicatezza tutta loro, allungandosi e fasciandosi di bei muscoli lunghi.
Perché sa parlare di tutto a chiunque. E perché per quanto si sia sforzato, Juan non è mai riuscito a piacergli davvero.
“Dovrebbe essere biondo.”
“Non ti piace?”
“No, è bellissimo. Solo che- cioé. Quando mi hai detto dio del grano me lo sono immaginata biondo, coi ricci.. beh, sai. Un tipo classico.”
Juan ha lasciato la bocca per ultima. Sono due giorni che scava con una pazienza mistica le pieghe di carne del labbro inferiore. E da circa due minuti ha anche smesso di battere le ciglia.
“Mi è sempre sembrato tremendamente razzista il modello classico. Sai, tutto quel biondume, gli zigomi a punta, i corpicini leggeri.”
“Ah beh. In effetti.”
Juan ha smantellato la sala da pranzo per allestirci lo studio, perché è l'unica stanza dell'appartamentucolo dove c'è sempre il sole. E a Santina piace andarlo a trovare in questa nicchia di casa sporca di pittura blu e profumata di acqua ragia.
Non disturba. Risponde alle sue domande, da opinioni. Ride quando Juan ha uno sbaffo di colore che gli taglia la faccia e non se ne accorge. Qualche volta porta Emilio e si siedono sul pavimento a mangiare cinese e a guardare Juan dipingere.
“Chi è?”
“In che senso?”
Juan si volta, e la guarda leggermente perplesso.
“E' diverso dagli altri. E' meno..” e cerca di sciogliere l'immagine in aria con le mani, gesticolando come per creare una cornice tridimensionale. “Non ti assomiglia.”
Juan si volta verso il quadro. E lo guarda negli occhi, cercandoci i suoi. Che non trova - e sa perfettamente perché - senza sapere come spiegarlo a Santina.
“Già, non mi assomiglia.”