-I’m going to change you like a remix, then I’ll raise you like a phoenix.

Apr 13, 2013 22:44


Titolo: I’m going to change you like a remix, then I’ll raise you like a phoenix.
Paring: Bastian Schweinsteiger/Lukas Podolski
Prompt: "I’m going to change you like a remix, then I’ll raise you like a phoenix." Phoenix-FOB
Rating: Rosso.


Le narici erano ancora impregnate di erba, nelle orecchie risuonavano ancora i cori, negli occhi ancora brillavano i colori che dagli spalti cercavano di dare supporto. Che poi era appena finita la partita e già avrebbero voluto giocarne un’altra. Nonostante la stanchezza all’altezza delle giunture, nonostante la fronte madida, nonostante la stanchezza, i lividi, i piedi rotti. Nonostante il fiato corto, i rigoli di sudore che scendevano dalla nuca passando per le spalle per poi spegnersi all’altezza dell’attaccatura dei pantaloncini. Nonostante i calzettoni lerci, la terra fin dentro le mutande. Nonostante. Avevano voglia di ritrovarsi là fuori, fischio dell’arbitro e pronti via, corsa folle lungo le fasce, passaggi filtranti in centrocampo, triangolazioni in area piccola, goal mangiati, traverse, stringere i denti, colpi di testa, ostruzioni e le grida di uno stadio ad incitare, Noi vogliamo undici leoni, e voi avrete undici leoni promettevano, mettevano anima, cuore, polmoni, sangue, vene, vita in quel rettangolo verde, in quello che era un palco e per quel dramma che rappresentava sogni e speranze di tutta un’esistenza.

“Ma non sei stanco?” ansimava lasciandosi andare a quei baci a quei morsi leggeri sul collo.
“Di te, per te, mai.” Gli rispondeva di rimando staccando appena le labbra dalla pelle salata del compagno.
“Dovremmo raggiungere gli altri. Desteremo sospetti.” Ma parlava con così poca convinzione che la voce stessa gli moriva in gola.
“Che sospetti vuoi destare? E’ così palese!” rideva l’altro percorrendo quel corpo scolpito.
“Hey, io ci credo ancora al poter nascondere questa cosa.” Ma le frasi gli uscivano sconnesse, frutto di quelle carezze e di quei tocchi delicati che lo facevano vibrare, tremare. Brividi che non avevano nulla a che vedere col freddo. In quel preciso momento Bastian sentiva solo un immenso calore. Voleva togliersi tutto, rimanere vestito di quelle braccia, di quella saliva, di quel corpo che sapeva ancora di cuoio e di erba.
“Ma smettila. Ti smerdi da solo. Il giornalista ti chiede da quanto non ci sentiamo e tu gli rispondi ‘precisamente da 23 minuti’ -gli fece l’imitazione della voce-. E poi, vogliamo ricordare quando sei entrato nella nostra stanza d’hotel mentre dormivo, con la telecamera addietro e mi hai accidentalmente -fece il segno delle virgolette in aria- schiaffeggiato il culo? E poi…”
Bastian lo zittì con un bacio. “Ti preferisco quando stai zitto. Quando apri bocca per fare altro diventi uno stronzetto.”

Release the doves
Surrender love

Si coricò sulla panchina dello spogliatoio e si tirò Lukas addosso.
Il biondo si zittì perché in fondo quei baci gli facevano scordare pure il suo nome figurarsi i pensieri che già troppo disordinati cercavano di farsi spazio nella bocca tra il palato e la lingua. Si zittì e lasciò che quelle mani riprendessero conoscenza del suo corpo, che quelle dita scendessero dalla nuca all’ombelico, lente ed eccitanti, a volte incerte ed altre sicure, padrone della situazione.
Si riscoprivano, dopo mesi di lontananza, avevano paura di aver cominciato a dimenticare i particolari l’uno del corpo dell’altro. E così con foga si alzarono entrambi e si portarono verso la doccia; ancora mezzi vestiti aprirono l’acqua e sotto quel getto tutto si bagnò, tutto aderì alla pelle. Si delinearono i loro corpi statuari, scolpiti. I capelli di Bastian si attaccarono alla nuca e dalle ciglia di Lukas le gocce che scendevano parevano lacrime, di piacere.
Le mani continuavano a cercarsi instancabili, le bocche sembravano poli opposti di due calamite e alla saliva, a quel sudore si mischiava il getto fresco che però non riusciva a congelare i bollenti spiriti.
Ancora bramosi i due si spogliarono, eliminarono tutti quegli impedimenti di tessuto che non permetteva alle loro pelli di stare a contatto nella loro interezza. Lukas poggiò le mani sui glutei dell’amico e si stupì di ritrovarli ancora più marmorei. Li palpò e poi li schiaffeggiò leggermente, malizioso, spavaldo, arrogante. Come la prima volta che lo avevano fatto.
Bastian nel frattempo aveva fatto scivolare la mano sempre più in basso, seguendo il percorso delle vene che bluastre arrivavano ad irrorare il membro ormai rigido.
Lo faceva ridere l’effetto che aveva sul ragazzo. Gli basta pochissimo, anche solo un allusione non del tutto ortodossa per fargli avere un’esplosione nei pantaloni. Una cosa quasi imbarazzante, tenendo conto che a volte lo faceva apposta e si ritrovava ad avere un compagno di esercizi, durante allenamento, con un bastone in mezzo alle gambe, con una terza gamba che quasi si poteva utilizzare per palleggiare.
Non che lui potesse fare molto il gradasso su quell’argomento, sia chiaro, Lukas aveva un ascendente fatale su di lui che però non si risolveva con un erezione fuori luogo ma con paturnie da ragazzina in fase premestruale: “Dove sarà? Con chi sarà? Mi starà pensando? Oddio perchè non mi risponde a telefono?”
E mentre la mano del bavarese si muoveva ritmicamente avanti e indietro il mezzo polacco portava indietro la testa, stringendo sempre più il fondoschiena dell’amico, fremendo con maggiore veemenza, sospirando, inspirando, lasciandosi andare alla capacità innaturale di Bastian di farlo venire.
Il suo seme scivolò nello scarico della doccia, con l’acqua, con quel loro amore segreto che forse non lo era ma che a loro piaceva pensarlo tale.

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