CASTIGAT RIDENDO MORES..

Dec 04, 2008 17:34



….ridendo castigo i mori! Eh!?.... No?? Ah quello era Totò?! Azz! Lo dico sempre che da piccola guardavo troppa tv!

Va beh, torniamo al mio naturale tono saccentello. La satira, critica i costumi attraverso le risate e quindi posso,a buon titolo, dire di aver assistito ad un fantastico esempio di satira sociale.


“La nave fantasma”, scritto ed interpretato, al Teatro della Cooperativa, da Renato Sarti e Bebo Storti (si! Proprio quello del conte Uguccione ). Sul programma è definito cabaret tragico. Visto uno dei protagonisti, non c’è molto da stupirsi, del cabaret: Bebo Storti cambia pelle in un’estenuante carrellata di personaggi tragicomici( politici, pescatori, presentatori televisivi: nulla sfugge al suo repertorio). Quanto al tragico…facciamo un passo indietro: il 25 dicembre 1996, al largo delle coste siciliane, affonda un piccolo battello carico di emigranti (provenienti per lo più da Pakistan, India e Sri Lanka); una tragedia senza precedenti nella storia del Mediterraneo…286 vittime!

Come? Non vi ricordate nulla? Beh forse perché si è dovuto aspettare il 2001 , per un’inchiesta su La Repubblica o forse perche, sempre nel 2001, ci hanno letteralmente sfracellato le……ehm ci hanno tempestato fino alla nausea con i dettagli sul ritrovamento del cadavere della contessa Vacca Agusta (che ancora adesso non ho ben capito chi stracavolo fosse per dedicare tanto spazio a lei, ai suoi amanti, alle sue amiche ecc ecc!!).

La vicenda viene ricostruita con dettaglio giornalistico, intervallata da pittoreschi sketch, trovate surreali, filmati artistici (del grande Emanuele Luzzati). Un minuto si è annichiliti dall’orrore e, il minuto dopo, quando si pensa che non si abbia neanche la forza di sorridere, ci si trova a sganasciarsi di fronte a una grottesca imitazione di qualche politico (anche se è un riso amaro e disperato ma, se è vero che le lacrime indeboliscono, la risata resta memorabile con tutto il contenuto ad essa legato)

Un teatro barbaro e povero, com’è il vero teatro (e infatti gli autori si concedono anche qualche frecciatina scherzosa verso il teatro “nobile” fatto di grandi scenografie e sontuose messe in scena), erede, forse, delle surreali denunce in chiave comica di Dario Fo e Franca Rame.

Si esce con una certa consapevolezza da questo spettacolo: il valico tra spettatore e protagonista è sottile, sia perché si è spesso fisicamente coinvolti nella messa in scena, sia perché non è passato neanche un secolo da quando era la nostra terra a inviare nel mondo barconi di disperati speranzosi.




Eppure, tra tanto disgusto, senso di impotenza, indignazione, una sottile convinzione mi rimane: anche se, in un mondo oscenamente disonesto e spregevole , la tentazione di rassegnarsi è forte,  “ perché è così che le cose vanno”, “così fan tutti” , “non si ha potere di cambiare le cose”….finchè esisterà qualcuno che ha la convinzione che, in piccolo, qualcosa si possa fare (anche semplicemente mostrare il proprio dissenso) i cambiamenti ci saranno

In fondo, rubando una frase a Moni Ovadia, sono convinta che le “grandi rivoluzioni le fanno sempre e solo le minoranze” e se un under dog come Barak Obama (meticcio, quindi non perfettamente accetto dai bianchi ma nemmeno dai neri; abbandonato dal padre e per di più con un secondo nome ch più islamico non si può) è riuscito a diventare la guida dei potentissimi (e profondamente conformisti) Stati Uniti, allora la gente ti può ancora stupire.

visto e sentito, passioni

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