Titolo: Hitori janai to omoetara.
Fandom: RPF - Arashi
Personaggi: Ohno Satoshi (con la presenza speciale di Ninomiya Kazunari)
Rating: G
Genere: Introspettivo, Malinconico
Avvertimenti: One shot, What If?
Disclaimer: I personaggi di questa storia non mi appartengono e con questo scritto non intendo offenderli in alcun modo. Con questa storia non intendo raccontare il vero, ma sono solo miei pensieri.
Note: E' la prima, primissima storia sugli Arashi...
Scritta per la seconda tabella del
bingo_italia con i prompt Droghe e Morsi.
Hitori janai to omoetara.
“Non drogarti mai. Le droghe sono pericolose.”
Le parole di sua madre gli tornarono alla mente, proprio in quel momento.
Gliele aveva ripetute spesso durante la sua infanzia e proprio quando le aveva sentite, aveva sorriso, sicuro che a lui non sarebbe mai potuta accadere una cosa simile.
Eppure sulle testate di quei giornali, era proprio il suo nome quello che appariva a caratteri cubitali.
Sentì un moto di rabbia salirgli nelle viscere.
Delusione.
Ancora rabbia.
E di nuovo amara delusione.
Nei suoi confronti, nei confronti del mondo a lui circostante.
Guardava sconcertato le pagine di quei tabloid, senza riuscire a trovare una spiegazione, senza riuscire ad emettere una singola sillaba.
Ohno Satoshi, sostanze illegali e donne: i segreti del Leader degli Arashi.
Ohno Satoshi…
Satoshi.
La voce dolce di sua madre che lo chiamava per nome, gli arrivò alle orecchie, colpendolo dritto al cuore.
Chissà se aveva già letto quegli articoli.
Chissà che cosa aveva pensato di lui.
Doveva esserne rimasta delusa, profondamente delusa.
Droghe, alcol, donne, divertimento. I soldi danno alla testa, ti fanno fare cose che mai e poi mai penseresti d’essere capace di fare.
Eppure no. Ad Ohno i soldi non avevano dato alla testa.
Da quando era entrato a far parte degli Arashi la sua vita non era cambiata poi così tanto, ed anche se era diventato famoso aveva sempre cercato di vivere normalmente, continuando a fare quello che aveva sempre fatto, coltivando i suoi sogni e seminandone di nuovi.
Ma quelle menzogne avrebbero potuto distruggere tutto.
Quelle menzogne avrebbero potuto distruggere la sua vita. E non solo.
Lui, proprio lui, era il Leader degli Arashi. Lui avrebbe dovuto proteggere il suo gruppo da scandali di quel tipo e non esporlo al pericolo, rischiando di mandare tutto a puttane.
“Non drogarti mai. Le droghe sono pericolose.”
Lui non l’aveva fatto, eppure le sentiva nella sua testa quelle parole.
Chiare e concise.
Avrebbe voluto urlarlo al mondo intero, che lui non aveva fatto niente. Avrebbe voluto davvero farlo.
Ma come sempre la sua voce invece che uscire, rimaneva dentro di lui, soffocata da tutto il resto.
Si avviò verso casa con la testa affollata da quei pensieri.
Erano passati anni e già al mattino successivo, quando si era svegliato dopo quella notte, pareva non ricordare quasi niente. Ricordava solo di essersi divertito, di aver bevuto molto - davvero troppo -, ma poteva definirsi sicuro di non aver abusato di sostanze illegali.
Provare a ricordare, in quel momento, camminando tra le strade affollate di Tokyo, fu completamente vano.
Ma anche se non riuscì a ricordare qualcosa in più, quella sicurezza che sentiva dentro di sé non lo abbandonò per un istante.
Perché un episodio così vecchio, ormai dimenticato anche da lui, doveva essere spuntato fuori proprio in un momento come quello?
Gli Arashi ormai erano conosciuti in tutto il Giappone e finalmente anche Ohno aveva ottenuto il suo ruolo da protagonista in un drama.
Aveva lavorato sodo per rispettare tutti gli orari e le tabelle di marcia.
Le riprese erano andate davvero bene e finalmente quel drama di cui si era tanto parlato stava andando in onda.
Eppure qualcuno pareva non voler fargli godere la sua felicità.
Perché ci dovevano essere persone così meschine che volevano rovinare tutto ciò che aveva?
Il telefono avrebbe preso a squillare presto. Ohno quasi si stupiva di non averlo ancora sentito suonare.
Tutti avrebbero iniziato a fare domande… E’ vero? Non è vero? Che cosa è successo veramente?
E di sicuro tutte quelle parole si sarebbero ritorte contro lui ed il suo gruppo.
Quando arrivò a casa, dopo essersi chiuso la porta alle spalle rimase in silenzio, immobile, ad ascoltare i suoni del luogo in cui aveva sempre vissuto.
La tv accesa ma non troppo alta, il ticchettio insistente dell’orologio a muro…
Quel profumo buono e familiare lo accolse dolcemente e lo tranquillizzò. Gli parve che tutti i problemi fossero spariti da un momento all’altro.
“Satoshi.”
Solo in quel momento si accorse di aver chiuso gli occhi.
Quando li riaprì trovo sua madre davanti a sé, con il suo solito sorriso sulle labbra.
“Bentornato.”
“Sono a casa” sussurrò lui di rimando.
Si tolse le scarpe e si avviò nella cucina.
Appena entrò, non poté fare a meno di notare quei giornali che aveva visto poco prima.
Si sedette e sua madre gli porse del tè caldo.
Doveva averli letti. Eppure il suo sguardo non era colmo di delusione, proprio come lui si era spettato che sarebbe stato, non lo stava guardando con fare accusatorio.
Era sua madre, quella di sempre.
Ohno sorseggiò lentamente il tè, scoprendo che era quello che più adorava.
Alzò appena lo sguardo, incontrando quello di lei.
La vide sorridere bonariamente.
“Vedrai che tutto si aggiusterà.”
Avrebbe dovuto essere felice di sentire quelle parole.
Avrebbe dovuto rallegrarsene.
Invece no.
Sentiva solo una grande rabbia ribollirgli dentro.
C’erano foto che lo ritraevano in quel giornale. Foto che lui non si ricordava di essersi fatto scattare.
Ed anche il solo pensiero di farsi vedere in quello stato da sua madre lo rendeva furioso.
Eppure non era capace di muoversi.
Annuì solamente, riconoscente, rimanendo in silenzio mentre lei usciva dalla cucina.
Poi il telefono prese a squillare.
***
Addentò a grandi morsi il pezzo di pane che teneva tra le mani.
Non aveva per niente fame, ma sapeva che avrebbe dovuto mettere qualcosa nello stomaco.
Aveva perso la cognizione del tempo e non sapeva nemmeno quando era stata l’ultima volta che aveva dato del cibo al suo corpo. Probabilmente il giorno prima a colazione, a parte il tè che gli aveva preparato sua madre.
Ohno osservò la sua figura riflessa nello specchio del camerino, lasciando cadere sulla scrivania l’avanzo che gli era rimasto in mano.
Lui e gli altri membri degli Arashi dovevano girare una puntata di ‘Himitsu no Arashi-chan’, ed il suo manager gli aveva fatto presente che sarebbe stato meglio non lasciare indietro il lavoro.
Quella sera, dopo le riprese, si sarebbe tenuta una conferenza stampa, dove avrebbe dovuto spiegare come erano realmente andati i fatti.
Se avessero dovuto attenersi a ciò che lui si ricordava di quella sera, non sarebbero arrivati da nessuna parte.
Ricordava dei flash rarefatti, qua e là.
Ma l’unica certezza che aveva era quella di non aver abusato di sostanze stupefacenti.
Eppure tutto sembrava andargli contro. E quelle foto, che sembravano essere così reali…
Era preoccupato.
Preoccupato per il gruppo, preoccupato per sua madre.
Quando sentì la porta aprirsi, si volse di scatto, trovando Nino poco distante da sé. I suoi occhi sottili lo guardavano silenziosamente.
Ohno percepì una lieve fitta allo stomaco, ma non lo diede a vedere. La sua espressione rimase quella di sempre, seria ed impenetrabile.
Abbassò lo sguardo, sentendo i passi lenti dell’altro avvicinarsi sempre di più a lui, fino a che non gli si sedette vicino, in silenzio.
Ohno sapeva di non essere loquace. Sapeva che anche se il mondo continuava ad andare avanti, a quel mondo poteva parere che il suo si fosse fermato… ma non era mai stato così. Lui aveva sempre continuato ad osservare le persone attorno a sé, i loro gesti e le loro parole, attentamente.
E sapeva anche che Nino, probabilmente, lo conosceva meglio di qualsiasi altro membro del gruppo.
Sapeva che l’altro comprendeva quei suoi silenzi che avevano una ragione, che anche se lui non parlava e preferiva tenersi le cose per sé, poteva provare qualsiasi tipo di sentimento.
Rimase in silenzio, finché non sentì una mano di Nino posarsi sopra la sua.
Ohno non sapeva come sarebbe andata a finire. Non avrebbe neanche saputo spiegarsi come, effettivamente, fosse finito in mezzo a quel casino.
Ma la mano calda di Nino gli stava dando un’incredibile forza.
Dove non potevano arrivare le parole, arrivavano i gesti.
Ohno lo guardò negli occhi annuendo lentamente, facendogli capire che aveva compreso da quale parte stesse.
Le dita dell’altro intrecciarono le sue.
L’attimo che ne seguì, così silenzioso e calmo, gli parve perfetto.
Vide Nino accennare un piccolo sorriso sghembo con i suoi occhi maliziosi, prima di alzarsi, senza lasciare andare la sua mano.
Si alzò anche lui, lasciandosi guidare dall’altro negli studi televisivi.
Il lavoro li attendeva.
La mano di Nino, però, pareva non volerlo lasciare.
Con quel gesto gli stava infondendo la sua forza, il suo coraggio.
Ohno non vedeva l’ora di lasciarsi tutto alle spalle.
Non vedeva l’ora di ricominciare a vivere la sua vita.
Entrò negli studi televisivi assieme all’altro.
Sentì la mano di Nino fare leggermente pressione sulla sua.
Lo guardò negli occhi e l’altro lo incitò ad andare avanti, lasciandolo andare. Sentì le mani dell’altro scivolare sulle sue spalle, spingerlo leggermente.
Ohno comprese che nonostante tutto aveva chi lo sosteneva, chi lo conosceva da tempo e che avrebbe sicuramente capito cosa fosse realmente vero e cosa no.
Forse le cose si sarebbero davvero aggiustate e tutto sarebbe tornato alla normalità.
Presto avrebbe ripreso a vivere la sua vita di sempre.
Sapeva che il futuro lo avrebbe messo a dura prova.
L’avrebbe affrontato, ricordando sempre di non essere solo.