Nick Autore:
yukiko_no_nijiTitolo: Be with me.
Numero Parole: 2097
Pairing/Personaggi: Matsumoto Jun, Ninomiya Kazunari, Matsumiya
Raiting: PG15
Genere: Sentimentale, Introspettivo
Avvertimenti: Slash, One-Shot, What If?
Intro/Note: Gli Arashi non mi appartengono, ma si appartengono tra di loro interscambiandosi. La storia di cui sotto è tutta mia immaginazione. Con questo scritto non ho intenzione di offendere nessuno.
Questa storia è stata scritta per il compleanno di
ichigo_85.
Sono in ritardo, lo so… e sono davvero triste per questo…
Ma spero, Ichi, che mi perdonarai… ç_ç
Ho chiesto alla festeggiata di darmi un prompt e ciò che ne è uscito è stato questo.
Pairing: Matsumiya
Prompt:
“Hai detto che non saresti venuto. Credevo che non ti piacessero queste cose”
“In realtà… non riuscivo a dormire”
Oggetto: Kimono
Immagine:
QUI
Be with me.
Appena ebbe riacquisito il suo respiro regolare, Jun allungò una mano verso il comodino vicino al suo letto e prese il pacchetto di sigarette che aveva posato lì appena era rientrato in casa.
Ne estrasse una e dopo aver preso anche l’accendino, l’accese, aspirando lento la nicotina, sentendola con piacere invadere la sua bocca, per poi rilasciarla in una linea ordinata di fumo.
Trovava rilassante fumare dopo aver fatto sesso, soprattutto dopo aver fatto sesso con Nino.
Era sempre appagante e non si facevano mai mancare niente quando erano assieme.
Guardò in direzione dell’altro, aspirando nuovamente la sigaretta. Nino si era rimesso i boxer e adesso stava accendendo la consolle, regalo che il più grande gli aveva fatto l’anno precedente per il suo compleanno. Jun sapeva che gliel’aveva regalata solo per avere la possibilità di giocare anche lì.
Si soffermò a guardarlo qualche secondo, senza dire niente.
Lui al contrario di Nino, era ancora nudo sotto quel lenzuolo che lo copriva fino alla vita. Avrebbe dovuto farsi una doccia, ma non ne aveva voglia. Era davvero troppo stanco.
Aspirò ancora, beandosi di quel momento di pace, fino a che Nino non si volse verso di lui.
“Che hai Jun-pon?”
Jun gli scoccò un’occhiata di rimprovero. Non lo sopportava quando lo chiamava in quel modo.
“Niente” rispose scocciato.
“Eppure quando mi metto a giocare dopo essere sgattaiolato via dal tuo letto te la prendi sempre...”
Jun alzò le spalle, vedendo poi Nino voltarsi irritato verso lo schermo.
Sapeva che l’altro odiava non avere tutto sotto controllo, ma quella sera non lo capiva nemmeno lui che cosa avesse.
In realtà, erano giorni che si sentiva più malinconico del solito.
Forse era la calura estiva che lo stava debilitando, o forse, in fondo, sapeva che tutto ciò era dato da qualcosa a cui non avrebbe voluto pensare.
Finì la sua sigaretta, poi quando ebbe spento il mozzicone nel posacenere vicino a sé, si sdraiò sul letto, poggiando la testa al cuscino ed ascoltando i suoni del gioco di Nino.
Le melodie di quel fantasy non erano male e in pochi minuti lo accompagnarono nel mondo dei sogni.
***
Era passato qualche giorno, in cui Jun era stato completamente catturato dal lavoro. Quel senso di malinconia non l’aveva ancora abbandonato.
Nei giorni dell’Obon, Jun si sentiva sempre un po’ triste.
Sapeva il perché di quel senso di tristezza, anche se non avrebbe voluto ammetterlo a voce alta. Gli dispiaceva di non poter andare a trovare i suoi cari al cimitero e commemorarli come avrebbe dovuto; soprattutto i suoi nonni.
Da piccolo gli erano sempre stati vicini e lo avevano fatto giocare spesso con loro. Ma a Jun non piaceva andare a trovarli solo per poter giocare con loro. A lui bastava la loro compagnia e adorava quando si addormentavano tutti assieme intorno al kotatsu. Al risveglio veniva sempre accolto da qualche buon profumino proveniente dalla cucina.
Sua nonna adorava cucinargli piatti tradizionali e non. Forse era anche per quel motivo, che adesso adorava cucinare a sua volta. Quando era in cucina a tagliare verdure e a mescolare spezie, gli tornavano in mente quei momenti che aveva trascorso in quella casa, quei momenti che da anni a quella parte non aveva più avuto modo di trascorrere. I suoi nonni se n’erano andati e lui era stato catturato da un nuovo mondo, quello del lavoro.
E da quando era diventato un idol a tutti gli effetti, come se fosse stato un cattivo scherzo del destino, ogni anno in quei giorni si ritrovava sempre con mille impegni da svolgere, ed il tempo a disposizione non era mai sufficiente per andare a fargli visita. I suoi genitori avevano addirittura smesso di invitarlo ad andare con loro, perché sapevano che essendo vincolato con il lavoro, si sarebbe sentito in colpa a non presentarsi.
Il giorno dopo, però, avrebbe avuto la serata libera. Sarebbe andato al fiume che scorreva a pochi quartieri da casa sua, a pregare per loro.
Sentiva di volerlo e di doverlo fare.
***
Il giorno dell’Okuribi era arrivato velocemente.
Quando quel pomeriggio Jun aveva chiesto a Nino se l’avrebbe accompagnato fuori quella sera, l’altro si era categoricamente rifiutato, ricordandogli che avrebbe voluto finire un gioco che aveva comprato qualche giorno prima.
Jun aveva scosso la testa rassegnato. Smuovere Nino quando si trattava di videogames era pressoché impossibile.
Sospirò nel silenzio della stanza.
Adesso si trovava davanti all’armadio di camera sua.
Cercava sempre di stare in compagnia o di uscire fuori per non stare da solo.
Il silenzio gli aveva sempre fatto un po’ paura.
Avrebbe voluto avere Nino accanto a sé in quel momento.
Cercando di non pensare a niente aprì l’armadio, prendendo pezzo dopo pezzo il suo kimono preferito. Era composto da un sotto kimono color blu oltremare, la hakama a righe bianche e nere, ed un haori dello stesso colore del kimono, con due kamon sul petto e corredato da un haori-himo bianco.
Era uno dei regali che sua madre gli aveva fatto qualche anno prima.
Dopo averlo indossato, osservò la sua figura allo specchio.
Quel kimono gli piaceva davvero tanto.
***
Jun passeggiava per la strada. L’aria non era tanto calda e la seta che gli accarezzava la pelle gli dava sollievo.
Il vociare delle persone attorno a sé era rilassante.
Quella era una sera importante per il suo paese; era l’ultima sera commemorativa dei propri cari e Jun sperava che nessuno gli avrebbe dato fastidio.
Con la baldoria che c’era, poi, credette che magari non lo avrebbe riconosciuto nessuno.
Si immerse tra i colori di quelle strade, tra gli uomini e le donne vestiti tradizionalmente, con kimono e yukata.
Sentì qualcuno fare il suo nome; una ragazza, forse. Non lo sapeva e non gli importava particolarmente. Quella sera non era un idol, ma una persona qualunque.
Fece finta di niente e continuò per la sua strada, fino a che non giunse di fronte al piccolo tempio del quartiere.
Decise di entrare e fu sorpreso quando si ritrovò davanti all’addobbo di lanterne che era stato fatto. Erano anni che non partecipava a quella festa e non ricordava affatto quell’esplosioni di luci.
Erano tutte attaccate alle travi di legno e facevano da perfetto contorno al perimetro del tempio.
Jun sentì il suo cuore battere rapido. Da tempo che non si sentiva così.
Un mix di sentimenti lo stavano sovrastando: meraviglia, stupore, tristezza, felicità, malinconia. Sentimenti contrastanti, che provava perché era lì in quel luogo meraviglioso, ma da solo, senza le persone a cui voleva ed aveva voluto bene.
Dopo aver pregato, si recò fuori dal tempio, percorrendo la via del fiume.
Famiglie, coppie, bambini e ragazzi di ogni età, camminavano o stavano seduti lungo le sponde del fiume.
Lungo la corrente danzavano leggere sull’acqua centinaia di luci di diverse dimensioni.
Jun si ritrovò nuovamente stupito, davanti ad uno spettacolo così suggestivo.
Proseguì lungo la sua strada, finché non trovò un posto un po’ isolato.
Raggiunse l’argine del fiume e si acquattò in silenzio, prendendo una piccola lanterna dalla borsa di plastica che aveva portato con sé. Poi vi posò dentro una candela e l’accese. Infine la fece scivolare sull’acqua, lasciandola galleggiare tra la corrente.
Sorrise, guardando la fiammella gialla avvicinarsi alle altre che già illuminavano il fiume.
Inspirò l’aria fresca della notte, voltandosi e avvicinandosi ad un albero, non troppo lontano dal fiume.
Le luci della città erano opache, ed in quel luogo, a parte il vociare basso delle poche persone che si trovavano in quel punto, regnava la pace.
Jun non avrebbe saputo dire a se stesso da quanto tempo non aveva provato simili sensazioni.
Portò le mani davanti al petto, poi le unì, in segno di preghiera.
D’ora in avanti, spero che mi starete sempre vicino.
Rimase come incantato a guardare il fiume, poi alzò la testa, osservando le poche stelle che si vedevano nel cielo.
Anche se non si trovava nel mezzo della città, le luci degli appartamenti non erano poi così lontani, e le stelle nel cielo, erano difficili da scovare.
Solo quando sentì un fruscio strano dietro di sé, si volse.
Vide Nino con le braccia incrociate al petto, appoggiato all’albero dietro di sé.
Dovette stringere un po’ gli occhi, per assicurarsi che fosse davvero lui.
Ma l’altro era davvero lì.
Non indossava yukata o kimoni di alcuna sorta. Aveva una semplice maglia bianca con una scritta verde, dei jeans e le scarpe da ginnastica, corredati da un cappellino verde come la scritta sulla maglia.
“Da quanto sei qui?” gli chiese curioso Jun, dopo qualche attimo di stupore.
Nino alzò le spalle senza rispondere.
“Hai detto che non saresti venuto” sorrise, guardandolo. “Credevo che non ti piacessero queste cose.”
L’altro restò in silenzio, immobile, appoggiato al tronco dell’albero.
Solo dopo qualche minuto, in cui Jun era tornato a contemplare il cielo stellato, sentì la sua presenza accanto a sé.
“In realtà… non riuscivo a dormire.”
La voce di Nino era arrivata chiara alle sue orecchie.
Jun non si volse, anzi.
“Ed il gioco nuovo?”
Ma anche se aveva formulato quella domanda, non aveva ottenuto alcuna risposta.
Non gli chiese altro, perché non importava.
Jun era solo felice di averlo lì.
Perché con quel gesto gli aveva fatto intendere molte cose.
In pochi istanti, il suo cuore aveva preso a battere veloce.
Si sentiva vicino ai suoi nonni, a quei cari che lo avevano lasciato troppo presto. E allo stesso tempo si sentiva vicino a quel ragazzo che lo aveva raggiunto senza dirgli niente.
“Solo perché ci scopiamo a vicenda non significa che non mi preoccupi per te.”
Jun sorrise.
Eccolo lì Nino. Sempre a dire le cose nella sua unica e contorta maniera.
Eppure quelle parole gli fecero piacere. Jun sorrise a se stesso.
Nonostante Nino fosse sempre schietto e sincero su tutto quello che gli andava bene e non, quando si trattava di esprimere altri tipi di sentimenti tendeva a chiudersi a riccio.
Invece in quel momento gli aveva fatto capire di essere lì perché era preoccupato per lui.
“Grazie” sussurrò Jun a mezz’aria.
Avrebbe voluto almeno stringergli la mano, per fargli comprendere quanto gli fosse riconoscente, ma non era il luogo adatto. Inoltre sapeva che a Nino non piacevano poi così tanto quelle esternazioni di affetto.
Strinse la mano in pugno, leggermente, cercando di contenere le sue emozioni. Ma fu proprio in quel momento che sentì le dita dell’altro posarsi leggermente sulle sue, chiuse.
Si volse verso di lui e lo vide sorridere.
“La prossima volta cerca di parlare invece di tenerti tutto dentro come fai sempre.”
Jun annuì a quelle parole.
Sentì le dita di Nino allontanarsi dalle sue, ma la sua mano adesso era caldissima.
“Andiamo a casa?” gli chiese poi Jun.
Sperava che non avrebbe rifiutato. Sapeva che era egoistico da parte sua, perché Nino aveva una casa in cui vivere. Ma quella sera aveva davvero voglia di stare con lui.
Anche solo di averlo accanto.
Non glielo aveva mai detto, ma da un po’ di tempo a quella parte Jun si era innamorato di lui. Non aveva ancora ben compreso come fosse potuto accadere, ma era successo.
E sapeva, o meglio sperava, che i suoi sentimenti fossero ricambiati, anche se lui e l’altro non si erano mai detti niente a riguardo.
“Sì” asserì Nino.
Jun lanciò un ultimo sguardo verso il fiume e poi prese la via del ritorno, seguendo Nino che si era già avviato.
***
Jun e Nino erano stesi sul letto, con indosso solo la biancheria intima.
Di lì a poche ore si sarebbero dovuti svegliare, perché avevano un meeting con lo staff dell’Arashi ni Shiyagare.
Jun era immobile e guardava il soffitto della sua camera.
Nino, vicino a lui, era nella stessa posizione.
“Grazie” ripeté Jun, per la seconda volta.
“Mmmh” sentì mugolare Nino. “Non devi ringraziare.”
A quelle parole, Jun si volse di fianco, per guardare l’altro.
Dopo qualche secondo Nino imitò la sua posizione e restarono fermi a guardarsi.
Solo dopo qualche secondo, Jun si avvicinò un po’ a Nino, per poi passargli una mano tra i capelli, ed infine sfiorargli una guancia con le dita.
D’ora in avanti restami vicino.
Come se Nino avesse potuto sentire quelle parole, gli sorrise con gli occhi e gli si avvicinò, baciandolo dolcemente.
Jun lo sentì strusciarglisi contro, per cercare la posizione più adatta per dormire.
Il più piccolo aveva caldo e l’aria umida della stanza non aiutava. Ma in fondo non gli importava. Passò una mano attorno alla vita di Nino e lo strinse ancora di più a sé.
Si addormentò così, con il suo corpo ed il suo profumo in un tutt’uno con il proprio.