[B.A.D.] Sukiyanen

Feb 17, 2012 23:02

Nick Autore: yukiko_no_niji
Titolo: Sukiyanen.
Numero Parole: 2789 @ fiumidiparole
Pairing/Personaggi: Kiriyama Akito/Nakama Junta
Raiting: PG15.
Genere: Sentimentale, Romantico, Introspettivo
Avvertimenti: Slash, One-Shot
Intro/Note: I BAD non mi appartengono, ma si appartengono tra di loro interscambiandosi. La storia di cui sotto è tutta mia immaginazione.

Questa storia partecipa al "Carnevale delle Lande" per la community maridichallenge con il prompt "A incontra B dopo una notte di baldoria. A non ricorda nulla di quanto è successo, al contrario di B." di neera_pendragon

Sukiyanen.

Akito quella mattina si era svegliato decisamente male. La testa gli scoppiava e sapeva che tutto ciò non avrebbe portato niente di buono. Aveva una giornata abbastanza piena, tra riprese per lo Shounen Club e interviste che sarebbero uscite nei mesi successivi su alcune riviste.
Si alzò dal letto con fatica, raggiungendo il bagno.
Aveva la nausea e dopo aver buttato un’occhiata allo specchio, comprese di essere in condizioni pessime.
Aprì la manopola della doccia, lasciando che il getto d’acqua si scaldasse un po’ e prese a spogliarsi.
La sera prima i suoi colleghi di lavoro, nonché amici, gli avevano organizzato una festa a sorpresa per il suo compleanno.
Finalmente anche lui aveva raggiunto la maggiore età.
E così, per la prima volta, si era dato all’alcol. Ma forse, ripensandoci adesso, non era stata una bella mossa eccedere in quel modo.
Non è colpa mia, pensò.
Se solo Bunichi e Hamada non avessero continuato a riempirgli di bicchiere per l’intera serata, probabilmente adesso non si sarebbe ritrovato in quelle condizioni.
Entrò nella doccia, lasciandosi bagnare dall’acqua ormai calda.
Si portò le mani alla faccia, sfregandola, per poi passare una mano tra i capelli.
Chiuse gli occhi sotto il getto, cercando di ricordare alcuni dettagli della serata.
Dopo qualche secondo, comprese che non ricordava assolutamente di come fosse tornato a casa.
Non ricordava quando, come e con chi fosse rientrato.
Non ricordava di essersi messo il pigiama ed essere entrato nel letto.
Non ricordava neanche buona parte della serata trascorsa a casa di Bunichi.
Scosse la testa, cercando di mandare via i pensieri, ma non si causò altro che ulteriore nausea.
Decise che non era importante.
Era sicuro che lui e gli altri avevano passato una bella serata, divertendosi.
Il resto glielo avrebbero sicuramente raccontato loro.

***

Akito stava cercando di seguire il discorso che Hamada stava intavolando, ma le urla degli altri juniors gli avevano solo fatto aumentare quel mal di testa che non lo aveva abbandonato da quando si era alzato.
I suoi amici lo avevano preso in giro quando l’avevano visto in quelle condizioni.
In effetti, avrebbe riso anche lui se fosse stato nei loro panni.
Li aveva lasciati fare, perché gli voleva bene e non avrebbe certo potuto arrabbiarsi con loro per una cosa del genere.
Perso nei suoi pensieri, si sentì chiamare da Hamada e si sentì morire.
Sorridendo e cercando di mandare via quel dannato mal di testa, andò vicino a lui e iniziò a commentare il messaggio che aveva lasciato quel giorno nella bacheca del ‘Junior ni Q’.
Mentre parlava, si accorse che Junta lo stava guardando in un modo strano.
Akito decise di non farci caso e con una battuta tornò al suo posto di partenza, battendo le mani e saltellando.
Ma dopo qualche minuto che le riprese stavano continuando, si accorse che l’altro lo stava guardando di nuovo.
Ora che ci pensava, Akito si rese conto che quel giorno, quando Junta era arrivato negli studi, non lo aveva degnato di un saluto, cosa che normalmente faceva.
Si morse un po’ il labbro, cercando di capire che cosa potesse essere successo.
I trascorsi con il suo collega non erano stati dei migliori in passato, ma era sicuro che ormai lui e l’altro avessero superato quello stadio.
Credeva che avessero trovato un punto d’incontro.
Credeva che l’altro lo avesse finalmente accettato per quello che era.
Cercò di continuare a sorridere, fino a quando tutti non salutarono in coro la telecamera e qualcuno gridò un “abbiamo finito” dal fondo della stanza.
Non gli andava giù che Junta continuasse a non rivolgergli la parola.
Non gli andava per niente giù, soprattutto quando non sapeva che cosa potesse essere successo e cosa potesse aver fatto di così irreparabile per venire fissato in quel modo.
Non gli andava giù, perché i suoi sentimenti per lui in quell’ultimo periodo erano mutati, per cui non avrebbe voluto che ci fossero incomprensioni tra di loro.
Era stato difficile per lui ammettere di essersi innamorato, perché sapeva che l’altro non avrebbe mai provato niente di simile nei suoi confronti…
Perché nonostante fossero amici, Junta non si era mai confidato con lui…
Perché… perché sapeva che non sarebbe potuto andare diversamente.
Ed aveva deciso di non dire niente. Aveva deciso di restare in silenzio e continuare a vivere la sua vita, sorridendo, come aveva sempre fatto.
E fino a che Junta si era comportato normalmente, le cose erano andate bene.
Adesso però era diverso, perché l’altro aveva smesso di parlargli, dal nulla.
Mentre si stava avviando agli spogliatoi, vide Bunichi raggiungerlo.
“Akito, che hai?”
“La testa, Bun-chan… la testa.”
“Mmmh… sarà” disse dubbioso, superandolo per andare dagli altri.
Akito scosse la testa sorridendo.
Tutti, lì dentro, lo conoscevano troppo bene.
Una volta nello spogliatoio, Akito si cambiò lentamente, indossando di nuovo gli abiti che aveva quella mattina quando era arrivato agli studi.
Salutò tutti e poi si diresse in agenzia, dove lo attendevano per le interviste.
Mentre era in metro, si accorse che Junta era poco distante da lui.
Fece per andargli incontro, ma proprio quando i loro sguardi si incrociarono, vide l’altro voltarsi dalla parte opposta.
Akito si ritrovò a sospirare.
Non era il momento di parlare con lui, ma sperava che ne avrebbe avuto l’occasione. Non gli era mai piaciuto lasciare le cose in sospeso, ed evidentemente c’era qualcosa che non andava.

***

Il mal di testa per fortuna aveva deciso di dargli tregua.
Le interviste erano andate bene, anche se ci aveva messo più tempo del previsto a rispondere.
Aveva compilato un foglio in cui aveva risposto a cento domande. Quello era stato il compito più difficile, dato il suo stato mentale iniziale. Ma si era divertito.
Salutò tutti con un sorriso e si diresse fuori. Aveva decisamente bisogno di un po’ d’aria fresca.
Pensò che avrebbe potuto fare due passi prima di rientrare in casa, per cercare di mandare via quel fastidio che gli pesava addosso.
Ma proprio quando mise piede fuori dall’agenzia, notò Junta su una panchina.
Aveva le braccia incrociate al petto e lo guardava fisso, di nuovo.
Akito si sentì improvvisamente nervoso, e per un momento desiderò di essere invisibile.
Ma sapeva che era impossibile.
Chissà da quanto tempo lo stava aspettando… Lo aveva visto uscire dall’agenzia almeno un’ora prima di lui.
“Akito…”
Fece qualche passo in avanti, quando l’altro lo chiamò.
Ma, non sapeva perché, aveva timore ad andargli vicino.
Nonostante ciò, voleva sapere, e comprese che era giunto il momento che aveva atteso da quella stessa mattina.
Quando fu davanti a lui, tentò di sorridere.
“Ti va di andare a prendere un gelato?”
Akito sbarrò gli occhi a quella domanda.
Non che ci fosse niente di male nella sua richiesta, ma…
Se andava tutto bene, perché Junta lo aveva guardato in quel modo per tutto il giorno?
“Mmmh” annuì perplesso.
“Sempre se non hai altro da fare…” sentì aggiungere l’altro.
“No no” ribatté lui, forse troppo velocemente. “Non ho niente da fare.”
Si avviarono insieme lungo la via, senza parlare.
Akito sentiva il suo cuore battere irregolarmente e si dannò.
Non capiva che cosa gli stesse succedendo.
Lavorava a fianco di Junta ogni giorno, ed ogni giorno era in grado di domare i sentimenti che provava per lui. Perché adesso doveva sentirsi come un adolescente alla sua prima cotta?
Non stavano parlando, né si stavano tenendo per mano… tanto meno si stavano dichiarando reciproco amore.
E allora perché stava in quel modo?
Se avesse iniziato a sentirsi così anche a lavoro, totalmente incapace di reprimere quei sentimenti, le cose non avrebbero più funzionato, e per lui sarebbero stati guai.
Con la coda dell’occhio spostò lo sguardo su Junta, osservandolo silenziosamente.
Stavano per raggiungere la gelateria, quando Akito sentì una mano dell’altro sul suo braccio, trascinarlo dietro di sé in un vicolo deserto.
Si ritrovò con le spalle al muro, gli occhi di Junta, insistenti, che lo guardavano fissi.
Distolse lo sguardo, abbassando la testa.
Non riusciva a comprendere che cosa stesse succedendo.
Perché si comportava così con lui?
“Akito guardami…”
Avrebbe voluto farlo.
Avrebbe davvero voluto guardarlo.
Ma sapeva che se l’avesse fatto, Junta avrebbe capito qualsiasi cosa.
Era stato messo con le spalle al muro e non sarebbe più potuto scappare davanti all’evidenza.
“Ho detto guardami.”
La voce dell’altro era arrivata decisa alle sue orecchie.
Akito prese un respiro profondo e alzò lentamente gli occhi.
Sentì le guance prendergli fuoco, quando Junta si avvicinò un po’ di più al suo viso.
Le mani dell’altro lo tenevano pressato al muro.
“Non ti ricordi niente, non è vero?”
Akito rimase sorpreso di quella domanda.
Cosa avrebbe dovuto ricordarsi?
“Eh?”
“Ieri sera, dopo la festa… Non…”
Akito mancò di un battito.
Dopo la festa? Perché era con lui dopo la festa? Cosa era successo? Cosa avevano fatto?
Aveva un buco tra i ricordi della serata precedente, che non sapeva come riempire.
“I-io…” iniziò insicuro. “Non ricordo niente. Da quando mi sono lasciato andare, ed ho bevuto un po’ di più, non ricordo più niente… Cosa è…?”
Vide Junta scuotere la testa, lasciando la presa.
“Niente, non importa.”
Lo vide ritornare sulla via principale, verso la gelateria.
Cosa era successo?
Perché non riusciva a ricordare?
Se solo avesse bevuto un po’ di meno, adesso non si sarebbe ritrovato in quelle condizioni.
Akito si stava maledicendo in tutti i modi possibili.
Aveva il cuore in subbuglio, non sapeva che cosa fosse successo con Junta e soprattutto come fossero finiti assieme dopo la festa. Dopo il lavoro, erano state rare le volte in cui si erano ritrovati ad essere solo loro due.
Raggiunsero la gelateria nel silenzio totale, anche se Akito si stava mordendo la lingua.
Avrebbe voluto sapere qualcosa di più da Junta, ma era convinto che dalla sua bocca non sarebbe uscita una parola di più.
Aspettò che l’altro scegliesse i gusti del suo gelato e quando fu il suo turno, chiese una coppetta al cocco.
In quel momento vide Junta voltarsi verso di sé e guardarlo sorpreso.
“È il mio preferito…” sussurrò Akito, accennando un sorriso.
Vide l’altro voltarsi e dirigersi verso i tavolini fuori dal negozio.
L’agenzia si trovava lontano dal centro della città e quella gelateria era diventata un punto di appoggio.
Nessuno dava loro fastidio quando andavano lì, e per loro era un posto dove potersi rilassare un po’ dopo il lavoro.
Akito si sedette in silenzio, osservando Junta mangiare il suo cono.
Avrebbe voluto tanto sapere cos’era successo…
Fu quando si portò alla bocca la prima cucchiaiata di gelato e lo sentì scendergli per la gola, che gli apparve un flash davanti agli occhi.

“Junta profumi di buono! Profumi di cocco!”
Akito era finito tra le braccia dell’altro, dopo aver barcollato un po’ tra la stanza.
“Puoi portarlo tu a casa?”
Akito guardò Bunichi, poi Junta.
“Nooooo! Junta nooooo! Ho la camera in disordine!”
Sentì Junta sbuffare.
“Parli come se non sapessi niente di te.”
Akito sorrise, abbracciandolo ancora di più.
“Ci penso io a lui, non preoccuparti. Spero solo che domani sarà in grado di lavorare.”
“Auguri Akitoooooo!”
Akito, in preda agli auto-celebramenti si sentì trascinare via da Junta.
“Dove andiamo?” chiese all’altro, felice.
“A casa tua.”
Akito si bloccò, pur rimanendo stretto a Junta, per poi chiedere sornione:
“JunJun… È una proposta indecente questa?”
“No, è un dato di fatto. Dovrai pur dormire da qualche parte. O vuoi che ti lasci in mezzo alla strada?”
Nonostante quella risposta, per tutto il tragitto non si staccò un secondo da lui.
Quando arrivarono al portone della sua casa, poi, Akito ebbe un barlume di lucidità e aiutò l’altro a trovare le chiavi di casa sua.
Probabilmente i suoi stavano già dormendo.
“Shhh, stai zitto.”
Akito si portò un dito sul naso, imitando Junta.
“Shhhhhhhhhh.”
Una volta entrati nella sua camera, Akito si sentì buttare a peso morto sul letto. Tenendo Junta stretto a sé, se lo trascinò dietro, ritrovandosi la sua faccia a pochi centimetri dalla propria.
“Sei bello JunJun” esalò.
“E tu sei ubriaco” gli rispose Junta in un bisbiglio.
Akito lo sentì appoggiare le mani sul letto e staccarsi da lui.
Lo vide trafficare per la camera, in cerca di qualcosa.
“Dicevo sul serio” continuò sorridendo “sei davvero bello. Sei così bello che ogni volta che ti vedo mi fa male guardarti…”
“Sei davvero ubriaco, Akito.”
“…perché so che non potrò mai averti.”
Nonostante Akito stesse ancora sorridendo, calò il silenzio tra di loro.
“Devi metterti il pigiama…”
Akito guardò Junta perplesso.
“JunJun… c’è qualcosa che non va? Mi sembri strano.”
“Sei ubriaco e non sai quello che dici. Mettiti il pigiama.”
Akito sorrise, avvicinandosi all’altro.
“Io so quello che dico JunJun…”
Portò il viso vicino a quello di Junta e avvicinò le labbra ad un suo orecchio.
“Sukiyanen…”
Poi tornò verso il letto e…

I suoi ricordi si bloccarono di nuovo.
Akito guardò il gelato. Poi guardò Junta. E di nuovo il gelato.
Avrebbe voluto fuggire in quel momento.
Non poteva essersi davvero dichiarato a Junta… non in quel modo, perlomeno.
Solo dopo qualche momento si accorse che l’altro lo stava guardando. Evidentemente anche lui aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
Akito si fece coraggio e chiese:
“I-… Il pigiama…”
Vide gli occhi di Junta allargarsi un po’, ma fu solo un attimo.
“Stamani avevo indosso il pigiama…” continuò.
“Te l’ho messo io quando sei crollato sul letto. Hai ricordato qualcosa per caso?”
Akito sentiva il suo cuore battere troppo velocemente.
“Che mi hai accompagnato a casa tu… grazie.”
Vide Junta scuotere la testa, rimanere in silenzio.
“Non eri in condizioni di poterlo fare da solo e Bunichi non poteva allontanarsi da casa. Gli altri abitano dalla parte opposta della città, lo sai anche tu…”
“Grazie comunque” sussurrò Akito, più al gelato che a Junta.
Lo vide abbassare lo sguardo, per poi dare un morso al cono che aveva quasi finito.
Si rese conto che il contenuto dentro la coppetta si stava squagliando completamente.
Si affrettò a mangiare anche lui, lasciando la conversazione a metà.
Ma i suoi pensieri adesso erano rivolti solo da una parte.
Davvero si era dichiarato?
Quel flash che aveva avuto era stata la realtà o un sogno?
Che diavolo aveva combinato?
Pochi minuti dopo si alzarono dal tavolo e ripresero la strada da dove erano venuti.
Junta si era rabbuiato e Akito non comprendeva il perché di quel comportamento.
Che stava succedendo?
“Junta… È successo qualcosa?”
“Eh?” l’altro, si riscosse dai suoi pensieri, guardandolo. “No… niente.”
Perché per tutto il giorno l’aveva guardato storto e adesso sembrava… triste?
“Non prendermi in giro Junta… Ti conosco abbastanza per capire se c’è qualcosa che non va o no…”
“Allora se lo sai non importa chiedere, no?”
Akito sospirò. Non voleva discutere con lui.
Gli prese un lembo della maglia e lo trascinò gentilmente in una traversa della via, dove non passava nessuno.
“Cosa succede Junta?”
Iniziava ad essere davvero preoccupato e lo guardava in silenzio, aspettando una risposta.
“Sei tu che ricordi solo quello che ti fa più comodo…”
Akito lo osservò per qualche secondo, non propriamente sicuro di aver bene inteso le sue parole.
Lo guardò negli occhi, fino a che non vide l’altro distogliere lo sguardo.
“Lo sapevo che eri solo ubriaco…” lo sentì sussurrare.
Akito cercò di mantenere i nervi saldi, ma ormai sapeva a cosa si stesse riferendo Junta.
Non era più il momento di scappare.
Sia che l’avesse rifiutato o meno, Akito gli avrebbe dichiarato il suo amore.
“Non ho detto niente che non pensassi davvero…” sussurrò.
Vide l’altro voltarsi di scatto, guardarlo negli occhi.
“Allora ricordi!”
Akito annuì.
“Non ho detto niente che non pensassi davvero…” ripeté.
“Neanche quando hai detto ‘sei così bello che ogni volta che ti vedo mi fa male guardarti, perché so che non potrò mai averti’?”
Akito sarebbe voluto sparire.
Sentire le sue parole uscire dalla bocca di Junta gli fece male, perché era quello che pensava realmente.
Lui non avrebbe mai potuto averlo.
“Lo penso davvero” ammise.
“Perché?” si sentì chiedere.
“Perché… perché è così e basta. Tu non provi per me quello che provo io per te. Io sono innamorato di te, mentre t-“
Non riuscì a finire la sua frase, perché sentì le labbra di Junta premere sulle sue. E quelle labbra erano più morbide di quanto avesse mai immaginato fino a quel momento.
Lasciò perdere qualsiasi pensiero e si concentrò sull’altro.
Fece scivolare le mani lungo la sua schiena e lo attirò di più verso di sé.
Schiuse le labbra, permettendo alle loro lingue di incontrarsi.
Non sapeva più da quanto tempo avesse desiderato tutto quello… e gli sembrò di sognare.
Junta lo stava baciando con passione e con foga.
Akito sentiva il sapore dell’altro dentro la sua bocca e il suo profumo gli invase i sensi.
Si strinse ancora di più a lui, perché voleva sentire quel contatto.
Voleva essere certo che fosse vero.
Solo qualche attimo più tardi, quando si staccarono, Junta sorrise.
“Perché hai aspettato così tanto?”
Akito abbassò lo sguardo.
“Non credevo che tu… Sì… Insomma…”
Sentì una mano di Junta prendergli il mento e portarlo un po’ verso l’alto, in modo che i loro occhi si incontrassero nuovamente.
“Invece sì, mi piaci.”
Akito non riusciva a muovere un muscolo.
Forse stava sognando.
Solo la voce di Junta lo riportò in quel vicolo.
“È così strano che tu possa piacermi? Se non ti vado bene posso…” fece per allontanarsi, ma Akito lo strinse nuovamente a sé.
“Non te ne andare…”
Sentì le mani dell’altro carezzare la sua schiena.
Akito si accoccolò maggiormente a lui, nascondendo la testa sul suo petto.
“JunJun…?”
“Mmmh?” sentì l’altro mormorare.
“Sukiyanen…”
Sentì le mani di Junta premere sulla sua schiena e si lasciò andare maggiormente contro di lui.
Adorava quel contatto e adorava il suo profumo… così dolce.
Rimasero in quel modo per un po’ e, nonostante ciò, ad Akito sembrava di vivere in un sogno.
Il mal di testa era passato e finalmente si era liberato di quel segreto che si era portato dentro per troppo tempo.
Ma si ripromise che vicino a Junta non avrebbe più toccato una goccia d’alcol.
Da quel momento in avanti avrebbe voluto ricordare ogni singolo momento passato con lui.

gnr: introspettivo, gnr: slash, pairing: akitoxjunta, gnr: romantico, group: b.a.d., r: pg15

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