[Heroes/The Godfather] Redemption (Peter/Claire, Nathan/Peter, NC-17) - {Prima Parte}

Sep 14, 2008 16:09

Titolo: Redemption
Fandom: Heroes/Il Padrino
Illustrazioni: Meravigliose illustrazioni a cura di eryslash (spoiler per la fic; i lavori sono linkati singolarmente in mezzo al testo ma si possono trovare tutti insieme QUI.)
Pairing: Peter/Claire, Nathan/Peter (vaghi accenni a Peter/OCs)
Rating: NC-17
Conteggio parole: 10600 (W)
Warning: Incesto, underage, violenza.
Spoiler: Nessuno per Heroes (a parte alcune citazioni che comunque richiedono la conoscenza della serie per essere colte - e i riferimenti basilari sui personaggi nominati); diversi per Il Padrino I.
Grazie a: snopes_faith, eryslash, juliettesaito e vari pre-lettori per tutti i pompon sventolati e l'amore sparso, e alla dedicataria d'onore, kimmy_dreamer, che mesi fa mi ha costretto a uscire dal mio sicuro angolino Petrellicest e a buttarmi in questa... cosa chiamata het. Dio, che ho fatto.
Note: Sequel più o meno ufficiale di Godblessed. Le due fic possono essere lette indipendentemente, ma credo che "Redemption" abbia molto più senso come sequel che come one-shot.
Riassunto: Maggio 1947. Dopo due anni, Peter Petrelli è tornato a casa dalla Sicilia, ma qualcosa è cambiato. Ora c'è Claire, la figlia di Nathan perduta da anni che Angela ha deciso di riunire alla famiglia. Claire non è felice di stare coi Petrelli; Peter è felice che lei ci sia. Nathan deve tenerli a bada entrambi.

Part 1 | Part 2 | Part 3

"We’re Petrellis, Ma.
None of us deserve to be saved."





New York City, Maggio 1947

Lei è una bambola di porcellana bianca e rosa, una distesa di carne liscia e morbida come un cuscino senza grinze. Ha il viso tondo e pieno di una bimba e il mento piccolo e appuntito; una bocca che sembra un cuore, o un fiore, e quando ride sembra proprio un bocciolo che si apre, o un cuore che si spezza.

Ti adora. I suoi occhi ti seguono, ti accarezzano, e quando crede che tu non te ne accorga, si abbassano e ti spogliano finché non le resti nudo di fronte, con addosso solo il velo impalpabile delle sue ciglia. Quando ti volti senti i suoi capelli sfogliarsi intorno alle sue guance, baciarle il collo, impigliarsi nella sua bocca. Il suo rumore distintivo è un fruscio sommesso di cosce che si sfregano sotto le gonne, e un respiro troppo forte trattenuto in gola. Tu la guardi a malapena dal collo in giù, perché non è educato e perché non è quella la cosa che ti affascina e ti tormenta. Le sorridi dopo aver detto qualcosa che le piacerà, e distogli lo sguardo mentre lei segue affascinata la curva storta della tua bocca e il cuore si spezza di nuovo in una risatina.

È una di quelle donne a cui la verginità devi rubarla dagli occhi.

+

Di sua madre sai solo che era americana, bionda, e una puttana. Aveva tutti i requisiti per piacere a Nathan; se la sua bocca era bella la metà di quella di sua figlia, probabilmente sarebbe piaciuta anche a te. È morta in un incendio quattordici anni fa, e questo è tutto quello che vi serve sapere. Lei l'hanno allevata in Texas finché tua madre non ha deciso che il sangue di famiglia doveva tornare in famiglia, e ha mandato qualcuno a ritirarla come un pacco all’ufficio postale. Quando è arrivata a casa, tu eri da qualche parte in Europa a dare la morfina ai moribondi.

All'inizio non ti sei neppure accorto di lei. Prima c'era stato Linderman, poi la Sicilia; sei tornato dal Vecchio Continente con la pelle cotta dal sole e un'inflessione curiosa nel tuo inglese, e tutto ciò a cui riuscivi a pensare era Nathan. Nathan Nathan Nathan. Ti facevi portare negli stessi sudici alberghetti di quando avevi sedici anni e scopare contro il muro, o dove capitava. Era un'ossessione, volerlo avere addosso a ogni ora del giorno e non poterlo avere mai. Prima non era mai stato così.

Lei credi di averla notata per la prima volta quando sei tornato a casa con Nathan, in tarda serata, i capelli tenuti faticosamente al loro posto dalla brillantina e il sangue che ti rombava ancora nelle orecchie. Non c'era un muscolo che non ti facesse male, ed eri felice.

Il salotto era oscurato a notte, a parte una debole abat-jour accesa sul tavolino accanto al divano. Lei era raggomitolata contro il bracciolo, i capelli tutti aperti sulla faccia, la gonna che nel sonno le aveva scalato le gambe fino a scoprire un orlino di pizzo bianco. Era la coscia più bella che tu avessi mai visto, con le impronte del merletto incise sulla pelle, vicino a dove la carne si piegava e arrotondava e scompariva sotto la stoffa.

Ti sei tolto la giacca che puzzava di fumo e di Nathan e gliel'hai drappeggiata addosso, avendo cura che coprisse tutto quello che c'era da coprire. Poi hai spento l'abat-jour e sei andato a letto.

Il giorno dopo lei ti ha ringraziato. È stato allora che hai scoperto che c'era almeno un Petrelli a cui il rossore donava, che lo faceva sembrare più bello invece che ridicolo, e che fosse una donna poco importava - tua madre non arrossiva mai. È stato allora che hai scoperto che aveva i denti bianchi e dritti di Nathan e lo stesso sorriso di lui, ma più sincero.

+

Claire. Il suo nome sbatte sui denti come una caramella e si scioglie piano sulla lingua.

+

Avrebbe voluto stare in qualunque posto tranne lì. Era nata in America, cresciuta come un'americana, e il suo padre adottivo l'aveva tirata su lasciandole fare tutto quello che voleva. Ora era diventata di colpo una femmina italiana, ma solo mezzo sangue non era abbastanza per adattarsi. (Bennet, il texano, era un vecchio caporegime di Linderman. L'adozione era stata combinata subito dopo l'incendio, prima che i rapporti con tuo padre si deteriorassero. Non è il benvenuto a casa tua, ma Nathan ha permesso a lui e a sua moglie di vedere Claire un paio di volte, sotto sorveglianza. Tu pensi che sia una brava persona, ma non è italiano.)

Quella mattina hai visto nei suoi occhi quello che un tempo Nathan deve aver visto nei tuoi, la rabbia e la frustrazione e neppure il piacere di poter alzare la voce quando la gente intorno a te faceva finta di non vederti.

"Lui... Tuo fratello, voglio dire." Non lo chiama mai "mio padre". "Che tipo è?"

"Ti vuole bene" hai risposto, svicolando la domanda. È tutta la vita che te lo chiedi, che tipo è tuo fratello. "Ti vuole molto bene."

"Sì" ha detto lei, appoggiando la guancia sulle braccia incrociate sopra il tavolo. "Certo."

"Dico sul serio."

"Guarda che non mi interessa se non gli importa di me. Non sono più una bambina."

È una donna, tu lo sai. Lo vedi.

"Non è questo. È solo... è difficile, per lui. Lui pensava che tu fossi morta nell'incendio."

Lei alza il viso, sorpresa, e tu hai la netta impressione di aver detto una parola di troppo. "Davvero?"

Annuisci. Hai ricordi un po' vaghi di Nathan in quel periodo; era irraggiungibile, sempre di cattivo umore. C'era tuo zio a tenerti compagnia.

"Dagli un po' di tempo, okay? Per abituarsi. Io lo conosco."

"Sua moglie mi odia" borbotta Claire.

"Heidi non ti odia. Pensa che Nathan ti abbia tenuto nascosta senza dirglielo."

"Fate sempre così?" ribatte lei, animandosi. "Vi tenete tutto nascosto, non si possono fare domande, nessuno sa niente. Fate sempre così?"

Tu sorridi leggermente, accarezzandole lo zigomo col dorso delle dita. "Sempre." E per qualche motivo questo la fa ridere, anche se non c’è niente da ridere.

+

Nathan è "lui", tua madre "la signora", Heidi "sua moglie", Simon e Monty "i bambini". Solo tu sei Peter e basta. Chiamarti zio sarebbe ridicolo, e credi che ti farebbe sentire strano.

La ignorano costantemente, come se fosse un operaio che gira per casa per il tempo necessario a rifare la tappezzeria. La sensazione è quella di una cosa temporanea costantemente prorogata. Sembra che solo a te piaccia Claire, e che solo tu le piaccia. A volte tua madre ti guarda in maniera strana, ma non ci fai caso.

Quando puoi la porti fuori di casa. Al ritorno dalla Sicilia Nathan ti ha regalato una macchina, una Packard Darrin del '37, uguale a quella che una volta l'hai pregato di lasciarti guidare, mandandola poi a sbattere contro un palo della luce. (Ora sai guidare. Hai fatto pratica in Sicilia, in mezzo al deserto.) In realtà non hai molto da fare, gli affari di famiglia continuano anche senza il tuo aiuto, e il tuo appartamento sembra un posto molto triste e squallido ora che non c'è più tuo padre a disapprovarlo. Quando le chiedi di uscire, Claire riprende immancabilmente colore e smette di sembrare un fantasmino grigio che aleggia depresso tra il salotto e la cucina. La odia, quella casa.

Tu le apri la portiera e la chiami "Miss" e ti cali il berretto dell'autista sulla fronte, e Claire ride per te, divertita. Adora quando passi a prenderla a scuola e le sue compagne vi seguono con lo sguardo finché non scomparite in fondo alla strada, bianche d'invidia. Quando sale sulla macchina e tu le richiudi diligentemente la portiera, Claire ti sorride attraverso il finestrino con la faccia di un cucciolo appena liberato dalla gabbia.

Le racconti dell'Europa, del tuo reparto, dei tuoi compagni, di quando hai pensato che tornare a casa con un braccio o una gamba in meno non sarebbe stato il peggio che potesse capitarti. Non ti fermi di fronte ai particolari più truci; prosegui tranquillo, sapendo che non è così facile spaventarla. Non sai di cosa si parli con una ragazza di sedici anni. Claire ti guarda avida delle tue storie e non sbatte neppure le palpebre.

Claire non pensa che arruolarti sia stata una cazzata. Claire non pensa che tu abbia abbandonato la tua famiglia, non pensa che tu sia stato un vigliacco a scappare via da loro. Anche se non hai sganciato bombe e non hai sparato un colpo di fucile, Claire pensa che tu sia un eroe.

Tu pensi che una ragazza così potresti volerla sposare.

"Sono troppo giovane per sposarmi" risponde lei, ridendo, pensando che tu la prenda in giro, ed è una specie di déjà-vu e non proprio gradevole. Devi averlo detto anche a tua madre, una volta. Lei ha risposto che era troppo vecchia.

"Posso aspettare" replichi, tranquillo.

La sua risata si spegne in un sorriso incerto, incredulo. C'è ancora quell'onnipresente scintilla di adorazione in fondo ai suoi occhi, ma trema un po', come una fiammella al vento.

"E poi tu sei mio zio" osserva lei, piano.

A volte ti chiedi perché la gente continui a soffermarsi sui particolari.

"Scherzavo" mormori, baciandole la fronte come Nathan faceva con te quando un brutto sogno ti terrorizzava. E ti fa impressione pensare che ora stai facendo la stessa cosa con Claire. A conti fatti, potresti essere tu il suo brutto sogno.

+

A cena c'è ancora lo stesso silenzio che da ragazzo ti rendeva impossibile alzare gli occhi dal piatto, il rumore impercettibile della masticazione familiare e il tamburellare infelice di cinque dita sulla tovaglia. Tua madre fa quel rumorino di gola che sembra un colpo di tosse e Claire la smette, come la smettevi tu, nascondendo la mano sotto il piano del tavolo. Tu le sorridi tra una bottiglia d'acqua e una di vino e alzi gli occhi al cielo con solidarietà.

"Di che cosa si occupa la famiglia?" chiede lei all'improvviso, rivolta a tutti e a nessuno, e il silenzio vi si rapprende intorno con un gelo da cantina.

È colpa tua. Sapevi che la tua risposta ("importazione di olio d'oliva") non l'aveva convinta. Avresti dovuto inventarti qualcosa di meglio.

"Importazione di olio d'oliva" risponde Nathan, alzando lo sguardo. Calmo, pacato, perfettamente padrone di sé. D'altra parte, non è neppure una bugia.

"Soltanto?" incalza Claire, inclinando il capo per studiarlo oltre il profilo di Heidi seduta in mezzo a loro.

"Claire" inizia tua madre, accomodante.

"Naturalmente" risponde Nathan.

"Perché hai due guardie del corpo?"

"Claire, tesoro. Noi non parliamo di lavoro a tavola" scandisce tua madre, tagliente.

Una ruga di ostinazione fiorisce tra le sopracciglia di Claire, ma si distende quasi subito. "Va bene" dice, sorprendendoti. Ti permetti di rilassarti; forse il peggio è stato evitato. Nel rinnovato silenzio, Heidi ordina a Simon di finire di mangiare quello che ha nel piatto.

"Vorrei vedere la mia famiglia." All'occhiataccia di tua madre, Claire reagisce constatando pacificamente: "Non è lavoro".

"Questa è la tua famiglia" osserva Angela Petrelli.

"Non credo proprio" ribatte Claire, gelida.

Tu sospiri, a disagio, spiando l'espressione di Nathan. "Verranno a trovarti il mese prossimo" dice lui.

"Mio padre ha detto che sarei potuta andare a Odessa per la fine del mese."

"Evidentemente Mr. Bennet non è ben informato" ribatte tua madre.

Tutto dentro di te urla Claire, finiscila, ma le tue labbra non si muovono. Lascerai che si schianti contro il muro, come faceva Nathan con te? Gli occhi di Claire si alzano su di te, disperati e rabbiosi, in cerca di aiuto.

"Potrei accompagnarla io" butti lì, guardando Nathan.

Lui sembra sorpreso ma solo per un attimo, e vagamente ti chiedi se non sappia già tutto, anche quello che non è ancora successo.

"Claire ha la scuola" ribatte Nathan, pacato.

"Non perderà l'anno se salta qualche giorno."

"Non importa. Non voglio che faccia assenze."

"La famiglia è molto più importante" replichi con forza, e non te ne rendi conto ma hai appena tirato fuori una delle frasi preferite di tuo padre.

Il silenzio cala su di voi per la terza volta. Nathan ha quello sguardo che un tempo ti atterriva ed eccitava insieme, e che ora ti dà solo il segno di quanto poco la sua personalità riesca ormai a dominare la tua.

"La risposta è no."

"Papà aveva rispetto per la famiglia degli altri."

Nathan ti guarda sarcastico, per nulla impressionato. "Non crederai davvero che basti nominare Papà per farmi cambiare idea, vero?"

Serri la mascella, contrariato. "La verità è che lui avrebbe dato ragione a me. E a Claire."

"La verità è che tu non hai la minima idea di cosa pensava Papà."

Marci fuori dalla sala da pranzo livido per l'umiliazione.

+

Quando entri nella sua stanza sono le cinque e mezza del mattino. Le tende sono tirate solo in parte e la camera è immersa in un odore dolciastro di chiuso e di donna. Claire è avvoltolata sotto le coperte, abbracciata al cuscino con un braccio nudo fuori dalla manica sottile della camicia da notte.

La chiami a bassa voce, scuotendola piano per la spalla. Lei apre lentamente gli occhi e impiega qualche secondo a metterti a fuoco. Si tira a sedere, confusa.

“Ho preso i biglietti per il volo” le dici, tirando frettolosamente su la spallina della camicia da notte che è scivolata giù scoprendole mezzo seno.

“Hai…” comincia lei, sgranando gli occhi. “Lui lo sa?”

“No” rispondi, e ti viene da sorridere come un ladro a una complice di malefatte. “Vestiti. Porta solo una borsa piccola. A casa hai quello che ti serve, no? Ti aspetto di so…”

La parola finisce troncata dall’abbraccio di Claire, dalla pressione morbida ma decisa dei suoi seni contro la tua camicia. “Grazie, Peter, Dio, grazie, grazie.” La sua voce ti riscalda l’orecchio. Tu esiti un istante, poi le appoggi le mani sulla schiena e le baci la tempia.

“Ti aspetto di sotto. Fai presto.”

Claire annuisce, venendo fuori dal nido arruffato delle lenzuola. Ha le guance arrossate, gli occhi grandi in subbuglio. La spallina è caduta di nuovo sul seno pieno e rotondo, appuntito sotto la stoffa leggera della camicia da notte. Lo guardi e la guardi e Claire ti sorride senza dar segno di essersene accorta. Per un attimo, prima di lasciare la stanza, ti sembra che la gioia la renda euforica e che in questo momento potresti chiederle qualunque cosa e non ti direbbe di no. Poi la ragione ha il sopravvento ed esci nel corridoio, richiudendoti cautamente la porta alle spalle.

Non sai cosa accadrà in Texas. Non sai neppure come ti sia venuta questa idea. (È la cosa più stupida e coraggiosa che ti sia venuta in mente da quando hai fatto saltare le cervella a Daniel Linderman.) Ma sai come la prenderà Nathan, e il pensiero ti stampa un sorriso stronzo sulla bocca. Credi che gli telefonerai da Odessa, o forse gli manderai un telegramma; mentre scendi le scale stai già componendo la frase e te la rigiri tra i denti con soddisfazione.

Ci sarà la parola "diritto", e anche "prigione", e specificherai che è stata una tua idea. Pensi che Claire lo troverà divertente.

Lei ti raggiunge nell'ingresso, con uno spolverino giallo e un cappello bianco e una borsa rigonfia che ti affretti a prendere dalla sua mano. Si guarda indietro, come temendo che qualcuno spunti alla sommità delle scale, poi ti butta le braccia al collo e ti preme la bocca sulla guancia. Tu sorridi al suo orecchio, vietando alla tua mano di scendere oltre la linea della sua cintura, di sollevare giacca e gonna insieme e scoprire se ha indossato di nuovo quelle mutandine col bordino di pizzo bianco.

Le offri la mano, incantato dal modo in cui le sue dita minuscole scompaiono tra le tue, e in un minuto siete seduti nella Packard Darrin e la villa si allontana e rimpicciolisce rapidamente alle vostre spalle.

Sono passate da poco le sei, e l'aeroporto è ancora quasi deserto. Vi mettete ordinatamente in fila; la tua mano è sempre appoggiata sulla schiena di Claire e lei sorride con gli occhi scintillanti - ha continuato a sorriderti per tutto il tragitto - parlandoti di Odessa, di suo padre, del cane di sua madre che ha un nome improbabile. Sembra una bambina, col cappello storto sulla fronte e quel sorriso che cerca invano di trattenere mordendosi le labbra.

Due uomini vi affiancano. Uno dei due, bruno sulla trentina con una sigaretta che gli pende floscia tra le labbra, si tocca la tesa del cappello con tre dita e ti rivolge uno sguardo eloquente, rispettoso ma granitico.

“Abbiamo un aereo da prendere” obietti inutilmente, cercando di dare una parvenza di autorità alla tua voce. Serri le dita intorno al fianco di Claire, che si fa più vicina.

“Mi dispiace, Mr. Peter” risponde l’uomo, e sembra sincero. È uno dei vecchi, uno di quelli assunti prima della tua partenza. Di solito li distingui perché quelli vecchi ti rispettano davvero, non lo fanno solo per cortesia. Uno o due di loro ti hanno augurato buona fortuna prima che andassi ad ammazzare Linderman, con quello sguardo da commilitoni prima dell’assalto. “Non facciamo una scenata, Mr. Petrelli,” aggiunge l’uomo gettando uno sguardo a Claire, “di fronte alla signorina.”

Chiudi gli occhi per un istante. Non sei tipo da umiliarti facilmente, ma in questo momento è troppo - è davvero troppo accettare che Nathan ti faccia fare questo di fronte a lei. La tua mano scivola via dal suo fianco, stringendosi a pugno. Se fosse qui, spaccheresti tutti i denti di quel suo sorriso stronzo.

Vi togliete dal mezzo della fila. “Riportatela a casa. Vengo più tardi” cominci a dire, ma le dita di Claire si aggrappano disperatamente alla tua mano, aprendone il pugno serrato, e la tua collera evapora rapidamente quando vedi che è spaventata, che non capisce, e ti ricordi che questo non è il mondo in cui è cresciuta. “È tutto a posto” mormori, sfiorandole la guancia. “Il volo è rimandato. Solo rimandato. Promesso.”

Le passi un braccio intorno alle spalle mentre vi incamminate fuori dall’aeroporto. Il secondo uomo, tarchiato con un paio di grosse basette sudate, sta portando la borsa di Claire. Con un po’ di fantasia potreste immaginare che sia la vostra scorta, mandata a riaccompagnarvi a casa al vostro ritorno dal Texas. A casa vi aspetterebbe un Nathan alterato, ma consapevole che non può impedirvi di fare ciò che volete. Tu avresti la gratitudine di Claire, e qualcun altro di quei sorrisi esclusivi che ti piacciono tanto.

Le labbra di Claire sono strette in una linea. Il suo fianco strofina contro il tuo mentre camminate.

+

“Ora dimmi perché hai dovuto umiliarmi di fronte a lei.”

Nathan non alza neppure lo sguardo dalle sue carte. “Ti sei umiliato da solo. Io ho solo mandato i ragazzi a prendere Claire per accompagnarla a scuola.” Una breve pausa. “Avresti potuto prenderlo, quell’aereo. Non pensare che ti ripagherò i soldi del biglietto.”

“Lo sapevi già, vero? L’avevi previsto. Che cazzo, Nathan, hai messo i tuoi ragazzi a spiarmi anche nel cesso?”

“Ti sei mai reso conto di quanto sei prevedibile, Peter?” risponde lui, in tono annoiato.

“Fanculo, Nathan. L’età ti sta rincoglionendo. Non capisci più un cazzo.”

“Tu invece hai sempre sedici anni.”

“Belli, i miei sedici anni.”

Non hai proprio voluto dirlo, ma ti è scappato. Lui alza gli occhi, lentamente, e per la prima volta qualcosa di pericoloso gli passa nello sguardo. È indecifrabile, ma è lì.

“La state uccidendo. Tu e Mamma. Guardala in faccia la prossima volta che…”

“È una Petrelli.” Suona come una vibrazione di orgoglio, o forse è semplicemente fastidio. “È di fibra robusta.”

Part 2

fic, pairing: nathan/peter, series: godblessed, kim, ery, fic: heroes, language: italian, pairing: peter/claire, het what?, crossover: heroes/godfather

Previous post Next post
Up