Titolo: Di notte
Fandom: Originale
Rating: VM18
Parole: 396 (w)
Prompt:
PauraNote: Nemmeno questa mi convince XD e comunque, non credo proprio faccia paura XD
Disclaimer: Mio.
L’aveva sempre vista. In un riflesso, un’ombra sfuggente, anche solo percependo la sua presenza. I suoi coinquilini, però, sembravano non notare assolutamente nulla di diverso; quando lei si avvicinava non avvertivano nulla di strano, solo di tanto in tanto ammettevano di avere un po’ freddo.
Per Domenico era diverso. Riusciva a cogliere ogni suo movimento, gli pareva di sentire i suoi passi sul pavimento, il suo alito alitargli sul collo quando si avvicinava troppo - e lei faceva anche questo. Lei che con quelle braccia gelide lo stringeva da dietro, lei che bisbigliava parole in una lingua a lui incomprensibile.
La notte era la cosa peggiore, i suoi amici si buttavano sul letto stremanti dopo una serata passata in compagnia o una giornata di lavoro troppo pesante, il solito chiasso terminava in un vago rumore di automobili. La casa finiva in un coma profondo, mentre lui con gli occhi spalancati osservava il buio sperando che lei non arrivasse.
A volte, però, lo faceva. S’intrufolava tra le sue lenzuola, il letto che si muoveva sotto il suo non-peso. Domenico alzava un po’ la testa e improvvisamente era di fronte a lui: i capelli castani, il volto pallido, il sorriso malizioso. Cominciava mordendogli l’orecchio con quelle labbra piene, scendeva verso il collo, gli sfilava la maglietta, baciava il petto, continuava il suo percorso e gli toglieva i pantaloni. Domenico gemeva, rabbrividiva per quelle mani fredde. Lei posava una mano sulla sua faccia nel momento in cui si metteva sopra di lui, mentre muoveva le anche e aggiungeva i suoi ansimi a quelli del ragazzo.
Che però non riusciva mai ad attendere l’orgasmo prima di aprire gli occhi. La guardava e il bel viso pallido era verdognolo, gli occhi gialli e i capelli - quei pochi - bianchi, l’intero suo corpo che odorava e aveva la consistenza della muffa.
Strillava, a quel punto, urlava come un ossesso, e lei ricambiava lo sguardo ridendo - una risata acuta e terrificante -, stringendo di più la mano sulla faccia, infilzando le unghie nella carne.
Si svegliava con un sussulto. Rimaneva in mobile per un tempo indeterminato, aspettando di calmarsi, aspettando di non sentirla più all’interno della stanza. Poi si alzava a sedere, accendeva la luce e controllava che tutto fosse a posto.
Non lo era, e tremando tornava sotto alle coperte, pregando che per quella notte fosse tutto finito, pregando che quella fosse l’ultima.
E non lo era mai.