Titolo: A Baby In A Trenchcoat
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean/Castiel
Rating: Rosso
Avvertimenti: Slash, AU
Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro.
Note: L'idea è venuta all'improvviso, mentre stavo pensando ad una storia tutta diversa. Ora, ho questo problemino che quando inizio a scrivere una long, se non pubblico subito, tendo a cancellare in breve il primo capitolo e così niente storia, anche quando la trama poi c'è tutta. Quindi pubblico, sperando che, come è giù successo, questo mi dia l'impulso di continuarla. Naturalmente, pareri e consigli sono sempre accettati ;) Buona lettura!
Riassunto: "L’uomo era maledettamente carino e lui era ubriaco e gli ubriachi fanno una cazzata per minuto, quindi in fondo era giustificato. E poi l’altro non aveva ancora smesso di guardarlo e la cosa sarebbe stata inquietante se solo Dean non avesse cose più urgenti da fare.
Complice il fatto di avere casa proprio dietro l’angolo, Dean riprese a baciare lo sconosciuto, che non sembrava avere alcuna intenzione di fermarlo, e iniziò a trascinarlo verso la porta d’ingresso. Era una notte tranquilla e deserta, ma probabile che anche in un centro commerciale, nelle condizioni in cui si trovava, Dean non ci avrebbe fatto caso. Le labbra dell’altro erano screpolate e gonfie e il respiro mescolato e mancato gli faceva girare la testa. Tutto era così inebriante e perfetto e libero, perché era solo istinto a guidare la nave ora e lui si sentiva bene e bene era una di quelle sensazione che non lasci scivolare facilmente."
Quarta parte
Il cielo è tinto di arancio.
La notte è calda, accogliente, trapuntata di stelle vive e luminose.
Tutto è un po’ sfocato, come un quadro di tinte bagnate, con gocce di colore diverso che si mescolano tra loro. Non riesce a smettere di guardare
Il cielo. Una casa. Il fuoco.
C’è qualcuno che grida. Forse lui stesso, non riesce a capirlo.
La sua voce è lontana, chiara, cristallina, sovrasta qualsiasi altro suono.
Chiama il nome di qualcuno.
Gli fa male la gola. Il fuoco ha sbaragliato le povere difese poste dalle sue labbra, gli brucia la pelle, gli infiamma la lingua. L’acqua distillata che scorre lungo le guance si dissolve tra le fiamme.
Sta singhiozzando.
La sua è la voce di un bambino.
“Va tutto bene, piccolo. Stai bene. Ce ne andiamo di qui.”
Le braccia di un volto confuso si stringono attorno a lui.
Lo sollevano da terra, lo premono forte contro un cuore che batte.
Corrono via. Si lasciano il fuoco alle spalle.
“Andrà tutto bene. Mi prenderò cura di te.”
Castiel si svegliò all’improvviso, madido di sudore e col respiro veloce e il cuore che batteva troppo forte. Accanto a lui, non c’era nessuno.
Era solo.
****
Ottenere un giorno di libertà non era semplice, soprattutto per un giovane avvocato con un discreto successo sulle spalle, ma non era nemmeno impossibile. Quel giorno, Sam Winchester aveva portato a termine l’impresa con successo.
Ventiquattro ore di completa libertà e Sam aveva una cosa importante da fare: vedere suo fratello. Lui e Dean non trascorrevano del tempo insieme da quella che a entrambi pareva una vita eterna e sebbene si esasperassero l’uno con la presenza dell’altro, mantenere vivo un rapporto solo a colpi di telefono diventava a un certo punto insopportabile. Qualcuno avrebbe potuto definire il loro un rapporto malsano, d’idee strane ne passavano nella testa della gente, ma l’affetto che vi era tra loro era qualcosa di puro. Si era forgiato col tempo, quando il destino aveva preteso per sé qualcosa di troppo importante, quando la famiglia aveva rischiato di cadere a pezzi e perdersi tra le macerie del passato. Dean e Sam ne avevano passate tante e non era poi così fuori luogo il timore di perdersi. Lo avevano imparato a proprie spese quanto preziosa fosse ogni ora, minuto e secondo del loro tempo e non avevano alcuna intenzione di appiccare il fuoco a qualcosa che avevano così faticosamente messo insieme, qualcosa nato da tanta sofferenza, dal vuoto di una voce amata, tra delusioni e rimpianti e ricordi passati.
A Sam e Dean non importava cosa la gente diceva, perché potevano comprendere l’ignoranza altrui, perché il loro qualcosa non si poteva imparare sui libri, né vedere con gli occhi, né ascoltare a parole. Era nascosto dentro di loro, in un posto segreto che pochi erano in grado di raggiungere e dal quale nessuno riusciva a fuggire.
Sam avrebbe pranzato con Dean, quel giorno. Gli avrebbe fatto una sorpresa, presentandosi al garage senza preavviso, e anche se Dean gliene avrebbe dette di tutti i colori, fingendo quanto fosse fastidioso, ne sarebbe stato contento.
Prima, però, doveva passare a casa del fratello.
Qualche tempo addietro gli aveva prestato un paio di DVD, ma quella sera avrebbe voluto rivederne alcuni, insieme alla sua ragazza, Jessica. Era tutto un programma e Sam non voleva che niente andasse storto. Aveva le chiavi, dopotutto. A Dean non sarebbe dispiaciuto.
Quando parcheggiò di fronte all’appartamento del fratello, la prima cosa che Sam notò fu l’assenza dell’Impala. Erano le dodici, Dean doveva essere sotto qualche pezzo di ferraglia, a fare miracoli con la meccanica.
Lo avrebbe raggiunto presto, ma prima doveva prendere quei DVD, perché non sapeva quando sarebbe capitata ancora la fortuna di avere tutta la giornata a disposizione.
Scese dall’auto e si avvicinò all’ingresso, tirando fuori le chiavi che Dean gli aveva dato.
Una volta all’interno dell’appartamento, Sam fece un sospiro esasperato: il posto era un disastro.
“Dean, hai bisogno di un tocco femminile, qui.” Mormorò tra sé e sé, mentre avanzava verso il soggiorno, cercando di non calpestare tutto ciò che si trovava sul pavimento.
Sam non capiva come un uomo che possedesse così poco potesse creare tutto quel disordine. Per terra c’era di tutto: vestiti, scatole takeaway, riviste porno.
Tipico di Dean.
Sperava che almeno i suoi DVD fossero al sicuro da qualche parte.
Il soggiorno era messo ancora peggio, ma almeno la TV a plasma che gli aveva regalato per l’ultimo compleanno sembrava ancora in buono stato. Un po’ di polvere, ma niente di grave.
Si stava guardando attorno, chiedendosi da dove cominciare le sue ricerche.
Le cose in possesso di Dean non restavano mai in uno stesso luogo troppo a lungo e se vi rimanevano, erano spesso ricoperte da mucchi e mucchi di altre cose.
Mantenendo calda una tiepida speranza, anche se dubitava che Dean avesse messo una qualsiasi delle sue cose nel posto giusto, Sam decise di controllare nel mobiletto sotto al televisore. Tuttavia, prima di raggiungerlo, una forza sconosciuta lo scaraventò sul pavimento.
Accadde troppo in fretta per rendersene conto.
Un attimo prima vigeva l’assoluto silenzio nella stanza, quello dopo Sam si ritrovò disteso sulla schiena, un dolore lancinante alla nuca lì dove aveva colpito un po’ troppo forte il pavimento. Gli ci volle quasi un minuto intero per capire che qualcosa di freddo gli stava sfiorando la pelle del collo. C’era qualcuno su di lui, le ginocchia strette attorno ai suoi fianchi, una mano premuta sul petto e l’altra impegnata a stringere saldamente l’impugnatura di un coltello da cucina. La figura lo scrutava con calma glaciale.
“Chi sei?”
Nel porre la domanda, lo sconosciuto premette forte la mano sul petto.
Sam sibilò appena, anche se era più sorpreso che veramente addolorato. La figura che lo sovrastava era un uomo giovane, con una costituzione meno robusta rispetto alla sua, anche se piuttosto equilibrata per la sua altezza. Sicuramente, era stato abbastanza forte da scaraventarlo a terra, ma anche lì la sorpresa aveva giocato un ruolo fondamentale.
Dopo un breve smarrimento, Sam aggrottò le sopracciglia, arrabbiato. Poi, con poco sforzo, ribaltò le loro posizioni, fino a quando non si trovò nelle condizioni di afferrargli entrambi i polsi e portarli con forza verso l’alto, immobilizzandolo completamente. Il coltello era scivolato lontano. Un ringraziamento veloce fuggì al padre, che aveva sempre insistito imparassero un po’ di autodifesa.
L’uomo lo guardava truce e un po’ smarrito, come se non riuscisse a capacitarsi del perché era lui a trovarsi verso il basso ora.
Sam fu leggermente scosso dall’innocenza di quello sguardo, ma aveva anche imparato a non fidarsi delle apparenze.
“Tu chi sei? E cosa ci fai in casa di mio fratello?” Chiese con voce ferma e autoritaria, mostrando di avere tutto il controllo, sebbene non volesse far del male a nessuno.
A quelle parole, lo sguardo dell’altro si ampliò dalla sorpresa.
“Tuo fratello?” Domando placido, una calma totalmente in contrasto con lo smarrimento che Sam poteva leggere nei suoi occhi. Era come se quelle iridi fossero del tutto separate dal resto del corpo, come se fossero l’unica parte ad essere veramente viva, l’unica in grado di mostrare qualcosa di simile a un’emozione.
“Dean Winchester, sì, è mio fratello.” Spiegò con calma, non certo del perché stesse fornendo quelle informazioni.
L’uomo corrucciò la fronte, squadrandolo a fondo. Quando sembrò trovare quello che cercava, il suo volto si rilassò.
“Mi scuso per averti attaccato. Pensavo fossi…”, ci fu un attimo di esitazione, “… un ladro.”, concluse.
Sam non sapeva cosa dire esattamente, ma finché non era sicuro di chi avesse davanti, non lo avrebbe lasciato andare.
“Non mi hai ancora risposto. Chi sei?”
L’altro non sapeva esattamente come rispondere.
Tuttavia, a Sam non mancò di notare il leggero rossore delle sue guance.
*****
Dean lavorava tranquillamente a uno dei suoi incarichi, quando lo squillo improvviso del cellullare lo sorprese tanto da fargli colpire il cofano con la testa.
Maledicendo in tutte le lingue conosciute, il giovane meccanico si tolse i guanti da lavoro e con una mano afferrò il telefono per rispondere, mentre con l’altra iniziò a massaggiarsi la nuca, dove il dolore pulsava ancora troppo vivace.
“Pronto?”
“Dean?”
Gli ci volle qualche secondo per ricollegare la voce a un volto familiare.
“Cass? Che c’è?”
Cass non rispose subito, così che Dean poté ascoltarne il respiro, poco poco più veloce del normale.
“Cass?”
“Stai bene?”
La domanda lo colse alla sprovvista.
“Certo. Asini che mi cadono in testa non ne ho ancora visti.”
“Credo che sia molto improbabile che un asino ti cada in testa, Dean. Non hanno le ali.”
Dean roteò gli occhi, esasperato.
“Non mi dire. Ora cosa vuoi? Sono un pochino impegnato qui.”
Non voleva essere scortese, ma parlava spesso senza pensare e ben poco nascondevano le sue parole. Per fortuna, a Castiel non sembrava importare più di tanto.
“Perché non mi hai svegliato?”
Di tutto quello che avrebbe potuto chiedergli, Dean non si aspettava quello.
“Be’… sembravi stanco. E poi qui ti saresti comunque annoiato.”
“Non mi annoio in tua compagnia, Dean.”
Dean sentì le proprie gote imporporarsi e lanciò un’altra decina di maledizioni mentali per il corpo che non obbediva alla mente.
“Cass, non sono cose che si dicono in giro!”
Protestò, con la voce un po’ più acuta del normale.
“Perché? E’ la verità.”
“Sì, ma… ah, lascia perdere. Come hai avuto il mio numero, comunque?”
“Tuo fratello me lo ha dato.”
“Certo, mio fratello.” La consapevolezza di ciò che aveva appena sentito gli giunse solo un secondo più tardi. “Cosa? Sammy? Che diavolo…?! Ti ha visto?”
“Non capisco, Dean. Non sono invisibile.”
Dean si passò una mano sul volto, esasperato. “Maledizione, Cass.”
All’improvviso, il cuore aveva iniziato a battergli così forte che Dean temeva potesse scoppiargli nel petto. Provava imbarazzo, sicuro, ma c’era un malessere nuovo, sconosciuto, che ringhiava feroce all’altezza dello stomaco. A turbarlo non era tanto il fatto che Sam avesse trovato un uomo a casa sua, alla fine, di esperienze imbarazzanti, ne avevano goduto entrambi. Il problema vero e proprio era Castiel. Lui era il centro di tutto, perché Castiel non era un uomo qualsiasi, non era un errore che Dean poteva dimenticare, non era qualcosa che poteva mettere da parte e basta. Castiel aveva una qualche importanza, anche se l’origine di questa gli era sconosciuta, e questa era una consapevolezza mite che Dean aveva deciso di non affrontare. Tuttavia, il fatto che Sam conoscesse anche solo l’esistenza di Castiel rendeva tutto fin troppo reale. Un caleidoscopio di emozioni e sentimenti sconosciuti lo investì con la forza di un treno.
Aveva bisogno di calmarsi.
“Dean? Stai bene? Cosa c’è che non va?” La voce di Cass gli giunse dal telefono un po’ spaventata, un po’ preoccupata, un po’ colpevole. Dean non si era accorto di essere rimasto in silenzio per quasi mezzo minuto, né di aver imprecato contro un uomo che pareva leggere il mondo come se stesse leggendo un vocabolario.
“No, va tutto bene. Va bene.” Annuì anche, sebbene Castiel non potesse vederlo.
Subito dopo, alzando lo sguardo, vide l’auto di suo fratello fermarsi nello spiazzale.
Sospirò pesantemente, non avendo alcuna voglia di affrontare l’argomento, ma ben sapendo che quando suo fratello ci si metteva, era capace di fargli fare di tutto.
“Senti, Cass, Sammy è qui. Devo andare ora.” Stava per chiudere la telefonata, quando la voce dell’altro uomo lo raggiunse ancora una volta, esitante.
“Tornerai?”
Dean ne rimase sorpreso, non tanto per la domanda in sé, ma più che altro per la paura quasi tangibile che poteva cogliere in essa. Non era normale, perché le persone normali, colore che non provano né la sofferenza della morte né quella dell’abbandonano, non sono in grado di provare un sentimento tanto intenso.
“Torno sempre a casa, Cass.”
Castiel sembrò calmarsi, Castiel sembrò cogliere ciò che le sue parole non dicevano esplicitamente.
“Ti aspetto, Dean.”
Dean sorrise e chiuse la telefonata.
Poi sentì un colpo di tosse. Voltandosi, incontrò il sorriso scherzoso di Sam.
Dean non riuscì a impedirsi un gemito di disperazione.
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Terza parte -
Masterpost & Artpost - Quinta parte