Fandom: Supernatural.
Pairing: Castiel/Dean -
Mr.Gennaio&Prof.Novak ‘verse.
Altri Pairing/Personaggi: Anna, Balthazar, Bobby, Claire, Faith, Gabriel, Padre Jim, Jimmy/Amelia, Jo, Mary, Michael/fem!Lucifer, Sam/Jessica, più vari nominati.
Rating: NC17.
Charapter: 2/5.
Beta:
koorime_yu.
Genere: Angst, Fluff, Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: AU, Scene di sesso descrittivo, Slash, Spin-off.
Words: 4430/24867 (
fiumidiparole).
Summary: «Lo faremo in Gennaio» aveva deciso Castiel ed un nuovo inverno è ormai arrivato. Con la gentile partecipazione di un fratello esasperato, una madre fissata con le tradizioni, due genitori impossibili, uno svariato numero di amici fuori di testa, ed una wedding planner spaventosa. Parola d’ordine: sopravvivere.
Note: Spin-Off di
“I just want you to know who I am” e
“When Everything Feels Like the Movies”. Il titolo della fic, come quelli della storie che la precedono, è un verso di
“Iris” dei Go Go Dolls.
Note importanti: Questa storia raccoglie diversi riferimenti a quelle che la precedono, quindi vi consiglio di accertarvi di aver letto tutta la serie, prima di cominciare a leggerla. Il link accanto al pairing porta alla
Masterlist aggiornata, troverete le storie in ordine di lettura.
PRIMA DI COMINCIARE IL NUOVO CAPITOLO, ANDATE SUBITO
QUI E GUARDATE IL MERAVIGLIOSO FAN-VIDEO CHE
gondolin_maid HA REALIZZATO PER QUELLO SCORSO, MI RACCOMANDO ♥
Dedica: A
xsickobsession, a cui l’avevo promessa un secolo fa XD
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DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù
You’re the Closest to Heaven that I’ll Ever Be
2. Dirlo ai Tuoi
Castiel non riusciva a smettere di guardare l’anello. Dean l’aveva beccato più di una volta a fissarsi la mano sinistra con un sorriso morbido e appena accennato disegnato sulle labbra, quando pensava che lui fosse distratto.
Ridacchiò divertito, sorprendendolo per l’ennesima volta nell’arco delle poche ore da quando si erano alzati. «Se continui così, lo consumerai con gli occhi» lo canzonò ed il suo angelo arrossì in modo adorabile, poi sorrise più apertamente e, in silenzio, lo raggiunse davanti ai fornelli per abbracciarlo.
Era bello vederlo così felice. E così affettuoso, anche se Dean non c’era molto abituato. Non che Castiel fosse un tipo freddo, per carità, tutt’altro, ma quella mattina era particolarmente espansivo.
«Dobbiamo dirlo agli altri» asserì, poggiando la fronte contro la sua.
«Okay, chiamo mia madre e Sammy, e organizzo una cena per sabato prossimo. Va bene?»
«Perfetto. Possiamo andare sabato dalla tua famiglia e domenica dalla mia» propose Cas.
«Si può fare» considerò Dean, dopo averci pensato qualche secondo «Mi farò sostituire da Gordon, mi deve un favore».
Castiel sorrise ancora, poi lo baciò sulle labbra. Lui lo trattenne un po’ più a lungo, prima di spostarsi per fare il giro di telefonate che doveva e, quando tornò in soggiorno, trovò il compagno sul divano, ancora impegnato in una conversazione.
«Sì, mamma, sto bene. Se non avete impegni, domenica prossima mi piacerebbe venire a trovarvi…» stava dicendo. Dio, era sempre così formale con i suoi genitori, una cosa che lui proprio non concepiva. «Ci sarà anche Dean» lo sentì aggiungere e poi ci fu una lunga pausa. «Sì, capisco» disse infine «Se potesse esserci anche Jimmy, sarebbe perfetto. Dean ed io vorremmo parlarvi di una cosa e sarebbe bello farlo con tutta la famiglia riunita… Naturalmente. Allora aspetto che mi richiamiate. A presto, mamma» concluse, chiudendo la chiamata e chinando il capo.
«Ehi» sussurrò Dean, raggiungendolo «Tutto okay?» domandò preoccupato. Castiel non aveva un rapporto esattamente facile, con i suoi genitori.
«Sì. Ha detto che ne parlerà con mio padre e poi… mi farà sapere» sospirò, infatti.
«Fammi indovinare, scommetto che Lucy ha subito cambiato tono quando ha saputo che non saresti stato solo».
Castiel annuì. «Sembrava abbastanza contenta di sentirmi, all’inizio, e anche del fatto che intendessi andare a trovarli, ma appena ho fatto il tuo nome è diventata silenziosa e, alla fine, ha detto che ne avrebbe parlato con mio padre» raccontò, con aria esausta, come se quella conversazione gli avesse portato via tutte le energie. «È lui il vero problema, lo sai».
«Già» convenne Dean, passandogli un braccio attorno alle spalle. Michael Novak non era una persona con cui era facile avere a che fare. «Ehi, che ne dici di iniziare a fare la lista degli invitati?» propose per distrarlo «Se vogliamo sposarci a Gennaio, dobbiamo darci una mossa».
Castiel poggiò la testa sulla sua spalla. «Sì» disse, regalandogli un mezzo sorriso.
*°*°*°*°*
Nervosamente, Dean si lisciò la camicia, infilandola meglio nei jeans, prima di tirarla di nuovo fuori. Poi aprì e richiuse la giacca elegante, indeciso su come stesse meglio.
Due braccia forti gli strinsero la vita e un mento appuntito si posò sulla sua spalla. «Andrà tutto bene» sussurrò Castiel al suo orecchio.
Lui incontrò il suo sorriso attraverso il riflesso dello specchio e gli rispose con una piccola smorfia tesa.
«La tua famiglia ti adora» gli ricordò allora il compagno.
Dean non era mai stato tanto nervoso nemmeno il giorno che lo aveva presentato a sua madre - il che era tutto dire! - e non sapeva nemmeno il perché. «Adorano tutti anche te» disse comunque, perché era la verità, girandosi tra le sue braccia per stringerlo a propria volta.
«Saranno felici per noi, vedrai» lo rassicurò Castiel, baciando le sue guance trapuntate di lentiggini.
«Okay, andiamo» decretò lui, prima di perdere completamente il coraggio.
«Aspetta un attimo» lo fermò il suo angelo, mentre lui tentava di sciogliersi dalla sua presa «Vieni qui, Dean» disse più dolcemente, attirandolo di nuovo per i fianchi, finché non fu schiacciato contro il suo corpo. Poi si frugò in una tasca della giacca e prese la sua mano sinistra, infilandogli qualcosa all’anulare.
Era un fedina in platino, identica a quella che Dean aveva preso per lui.
Castiel la contemplò per un momento al suo dito, accarezzandola con il pollice. «Ecco, adesso possiamo andare» concluse con voce morbida.
Dean socchiuse la bocca, senza fiato. Non se lo aspettava proprio. Piegò leggermente le dita, abituandosi alla sensazione. «Non dovevi» riuscì a tirare fuori alla fine.
«No, non dovevo. Volevo» replicò il suo angelo e il cuore di Dean mancò un battito come quello di una stupida tredicenne innamorata.
Oh, fanculo!, borbottò contro il suo stesso cervello, poggiando quella mano nulla nuca di Castiel per attirarlo a sé e baciarlo come si deve.
*°*°*°*°*
Quando suonarono il campanello, non fu Mary ad aprirgli la porta, ma Sam, che subito avviluppò Dean in uno dei suoi abbracci da Bigfoot. Non appena il maggiore dei Winchester fu lasciato libero di respirare, fu la volta di Castiel di venire soffocato.
«Sammy, siamo a Dicembre, pensi di riuscire a farci entrare in casa?» domandò Dean che, per quanto fosse felice di vederlo, si stava ghiacciando il culo, lì sul portico.
«Oh, certo» rispose suo fratello, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio con fare imbarazzato.
Ah, la mia dolce Samantha. Dean gli diede una pacca sulla spalla, prima di entrare dentro casa e, non appena si chiusero la porta alle spalle, qualcosa si schiantò sulle sue ginocchia. Abbassò lo sguardo per incontrare due occhioni verdi Made in Winchester, ombreggiati da una nuvola di ricci castani e accompagnati da un sorrisone scintillante.
«Zio Dean!» strillò Johnny, abbracciandogli le gambe.
«Ecco qui il mio Campione» ruggì lui, abbassandosi per sollevare tra le braccia il suo nipotino. «Dio, ma quanto pesi? Cos’è, quel fesso di tuo padre ti imbotte di spinaci, modello Braccio di Ferro?» grugnì, guadagnandosi una risata argentina.
Subito dopo il bambino si sbracciò, sbilanciandosi dalla sua presa e gridando: «Zio Cas!» nel tentativo di raggiungerlo.
Questi fu al loro fianco in un attimo, rubando il marmocchio dalla presa di Dean. «John Winchester, è un vero piacere rivederti» disse con aria seria, tendendogli la mano.
Il piccolo la afferrò - o meglio: gli afferrò indice e medio, in realtà - e la scosse con espressione altrettanto compita. Subito dopo si ritrovò a mezz’aria, mentre il padrino lo sollevava e lo abbassava, praticamente facendo pesi con lui, causando uno scrosciò di risate dietro l’altro.
«Andateci piano, o si attaccherà a voi per tutta la sera come una cozza allo scoglio» li avvertì una voce cristallina, e Dean si voltò per incontrare la bellezza mozzafiato di sua cognata, splendida nonostante qualche chiletto di troppo, strascico della gravidanza.
«Ehi, Jess» la salutò, baciandole una guancia, e Castiel fece lo stesso, dopo aver riaccomodato Johnny contro il proprio petto.
«La mamma?» domandò intanto Dean, all’indirizzo di Sammy.
«In cucina, sta ultimando i preparativi» rispose quest’ultimo «Ha lasciato noi a fare gli onori di casa».
Così passarono tutti in sala da pranzo, dove finalmente Mary fece la sua comparsa, con un grembiule rosa a cingerle i fianchi per non macchiare i vestiti.
«Ragazzi!» li salutò, stringendoli in un abbraccio «È bello avervi tutti qui» disse, mentre il maggiore dei suoi figli la baciava su una guancia.
«Sei uno schianto, mamma» rispose lui, facendole fare una giravolta, che sollevo i suoi riccioli biondi e la fece ridere come una ragazzina.
«Oh, smettila di fare il ruffiano e va di là a finire di apparecchiare, su» lo rimbrottò gentilmente lei.
Tra Johnny che correva in mezzo alle loro gambe e andava a sbattere sulle sedie, la partita di football in TV e le chiacchiere delle signore in cucina, non riuscirono a sedersi a tavola prima di mezz’ora, ma a Dean non poteva importare meno. Era un po’ come se fosse già Natale.
E a tal proposito, domandò: «Ehi, cosa farete per le feste?» passando al fratello un piatto di antipasti.
Sam e Jessica si scambiarono uno sguardo, prima che lui rispondesse: «Stavamo pensando di passare il Natale qui e il capodanno dai genitori di Jess, visto che per il ringraziamento siamo stati lì».
«Già, e l’hanno prossimo faremo il contrario» concluse lei.
«Ottimo, quindi ci rivedremo tutti qui tra poco» osservò Mary, entusiasta «Cas, ci sarai anche tu, vero?»
«Naturalmente» rispose con un sorriso.
La cena proseguì così, tra chiacchiere famigliari. Sam e Castiel attaccarono a parlare di economia in crisi, facendo alzare gli occhi al cielo a Dean, che preferì concentrarsi sull’aiutare a mangiare Johnny, il quale aveva fatto il diavolo a quattro per sedersi tra lui e la nonna. Mentre ingaggiava un duello con il nipotino usando due carote sbucciate, sentì vagamente Jess chiedere a sua madre di quelle rose in vaso dall’aria sospetta che aveva visto nell’ingresso, e si accigliò.
«Un ammiratore?» grugnì, da sopra il seggiolone.
«Non proprio» borbottò sua madre, evasiva.
Dean fece tutto il possibile per ottenere una risposta più chiara, compreso promettere che sarebbe andato a trovarla al giornale dove lavorava quando meno se lo fosse aspettata, ma sua madre si limitò a baciarlo su una guancia ed arruffargli i capelli, come se lui avesse ancora otto anni e stesse facendo il bambino geloso.
In un momento non meglio identificato, intanto che asciugava la bocca al nipotino, Dean sentì la voce di Cas spezzarsi e, avendo la sensazione di essere osservato, si voltò dall’altro lato, scoprendo che il suo angelo stava fissando lui ed il marmocchio sul seggiolino con aria incantata.
Senza riuscire a scollare gli occhi dai suoi, Dean si scoprì a giocare nervosamente con la fede al proprio dito, come facevano certi uomini sposati, attirando così l’attenzione di sua madre, che esclamò stupita: «Cos’è quella?»
Gli occhi si Sammy scintillarono di gioia, dall’altra parte del tavolo rispetto a lui, al fianco di Cas, che stava a capotavola, e lui lo fulminò con un occhiataccia.
«Noi…» Dean si schiarì la voce, nervoso, cercando lo sguardo del compagno, che gli prese la mano, mettendo involontariamente in mostra l’anello identico al suo e facendo trattenere il fiato al resto dei commensali «… volevamo parlarvi proprio di questo» ammise.
«Il mese prossimo ci sposiamo» gli venne in aiuto Castiel, rapido e conciso come suo solito, scatenando l’Inferno.
Sam quasi affogò con il vino, riuscendo a gracchiare: «Il mese prossimo?» che Dean sentì solo in parte, perché nel frattempo la loro madre era praticamente saltata in aria, balzando in piedi e facendo volare via la sedia.
«Oh, mio Dio, è bellissimo!» gridò Mary, gettando le braccia al collo del maggiore dei suoi figli, ostacolata solo dal seggiolino che stava in mezzo a loro. Insensibile ai pugnetti di Johnny contro il suo stomaco, che cercava aria per respirare, incorniciò il viso di Dean tra i palmi e sospirò: «Il mio bambino si sposa» con le lacrime agli occhi.
Lui arrossì e sbatté le ciglia. «Dai, mamma, rimettiti seduta» biascicò imbarazzato, accarezzando le sue mani.
Ma lei non gli diede ascolto e svolazzò dall’altra parte del tavolo per travolgere Castiel e baciarlo su entrambe le guance e anche sulla fronte. Dean fu tentato di controllare che non ci fosse qualcosa di strano nel bicchiere di sua madre, ma si lasciò abbracciare da Jess e da Sam - che ebbero reazioni molto più gestibili, seppur felicissimi per loro - e si prese i bacetti di Johnny, non appena spiegarono al piccino cos’era tutto quel casino.
«Allora, chi vestirà di bianco?» civettò Mary.
Dean le rivolse un’occhiata terrorizzata. «Nessuno, mamma».
«Ma ci sono delle tradizioni da rispettare» asserì lei.
Fu così che lui e Castiel, sotto sua insistenza, si arresero e furono costretti a promettere che entrambi avrebbero rispettato tutte quelle sciocchezze, comprese quelle che tipicamente toccavano alla sposa.
*°*°*°*°*
Per arrivare a Pontiac, dalla famiglia di Castiel, ad un orario decente, lui e Dean furono costretti a partire intorno alle undici del mattino. Si alzarono abbastanza presto per fare colazione e per preparare una borsa con un cambio, visto che tornare dall’Illinois in Kansas subito dopo cena sarebbe stato impossibile, poi partirono con calma.
Durante le otto lunghe ore di viaggio, si fermarono circa ogni due per darsi il cambio alla guida e per riposarsi, approfittando di una paio di stazioni di servizio sulla strada anche per pranzare e fare una puntata al bagno. Infine, attorno alle sei del pomeriggio, parcheggiarono sul vialetto di casa Novak.
Dean osservò con un certo malcelato nervosismo - per altro condiviso - la facciata azzurro pallido della villetta. Era stato lì solo poche volte, nonostante lui e Castiel fossero insieme da più di quattro anni, proprio perché le cose tra il suo compagno ed i genitori non andavano molto bene. Erano andati più spesso a trovare Jimmy, Amelia e Claire, o loro erano venuti a trovarli.
Non credeva che i signori Novak avessero qualcosa di specifico contro di lui - era un vigile del fuoco, che diamine!, una categoria di persone che molti consideravano eroi, e non aveva mai fatto nulla per offenderli - ma lui rappresentava la scelta di vita presa dal loro figlio che, di quando in quando, gli veniva sbattuta in faccia, quindi non si sentiva mai a proprio agio, davanti a loro.
La porta si aprì prima che potessero allontanarsi del tutto dalla macchina e una voce distorta provenne dall’interno: «Lasciate ogni speranza o voi che entrate» recitò qualcuno in penombra, poi Jimmy andò finalmente loro incontro «Avanti, ragazzi, non vi mangia nessuno. C’è roba più buona per cena» li rassicurò, abbracciando il fratello.
Dean non poteva mai fare a meno di stupirsi di quanto la voce del suo angelo e quella di Jimmy fossero diverse. Nonostante fossero gemelli, identici in tutto, perfino nella forma delle corde vocali, e Jimmy non avesse una voce squillante, quella di Castiel era sempre diverse note più bassa. Dean aveva l’impressione che salisse dalle profondità del suo petto, probabilmente perché quella di Cas - allenata dal canto - veniva dal diaframma e non dalla gola, come quella del fratello.
«Immagino di non poter sperare che vostro padre sia improvvisamente diventato vegetariano, vero?» scherzò Dean, abbracciando brevemente Jimmy a sua volta.
Lui rise e li guidò dentro casa, accompagnandoli in soggiorno, dove il resto della famiglia stava prendendo il tè.
«Buonasera a tutti» esordì il vigile del fuoco, sentendosi vagamente in imbarazzo.
La prima a saltare in piedi per salutarli fu Claire, ancora più alta di quanto la ricordasse, che subito gettò le braccia al collo dello zio e poi baciò Dean su una guancia. Poi salutarono Amelia, la moglie di Jimmy, che li pregò ancora una volta di andare a dormire da loro, quella sera, e non nel Bed & Breakfast che Dean e Castiel avevano prenotato.
«Non vorremo disturbare» rispose di nuovo quest’ultimo, come già aveva fatto al telefono. La verità era che non avevano idea di come sarebbe andata la serata e non volevano pesare sulle spalle di nessuno.
Lucy, la Signora Novak, si alzò per accoglierli, baciando l’aria accanto alle loro guance. «Sono molto felice che siate venuti a trovarci» asserì, stringendo le mani del figlio.
Castiel sorrise, poi cercò suo padre con lo sguardo.
Michael, il Signor Novak, non aveva un’espressione esattamente felice, ma non sembrava nemmeno ostile. Strinse la mano a Dean e lo stesso fece con suo figlio, dicendo semplicemente: «Benvenuti».
Si accomodarono tutti sui sofà e Lucy versò due tazze di tè anche per i nuovi arrivati, domandando gentilmente loro come fosse andato il viaggio.
Chiacchierarono per un po’ del più e del meno, aggiornandosi sulle rispettive vite, poi la Signora Novak si scusò e si alzò, andando in cucina per ultimare i preparativi per la cena. Il Signor Novak, invece, rimase con loro; non accenno nemmeno ad aiutare la moglie, come un capofamiglia vecchio stile.
Dean non poté fare a meno di paragonare quella scena educata ed inamidata all’atmosfera colorata e rumorosa della propria famiglia. Suo padre aveva sempre fatto orari di lavoro infiniti e sfiancanti, essendo stato meccanico in un’officina, e sua madre trascorreva al giornale tutta la mattina ed il pomeriggio rivedeva i propri articoli da casa. Ma la sera e nel finesettimana si riunivano tutti in cucina, preparando i pasti insieme, e i suoi genitori si punzecchiavano in continuazione come due piccioncini, mentre lui e Sammy si lanciavano molliche di pane di nascosto.
Vide Castiel seguire sua madre con lo sguardo, poi abbassare il capo, chiudendo le mani a pugno sulle cosce. Dean sapeva che da ragazzo l’aiutava sempre nei lavori domestici - ecco perché era così bravo a cucinare - e che desiderava trascorrere più tempo con lei.
«Perché non vai a darle una mano?» suggerì, toccando la sua spalla con la propria.
«Lasciate le donne alle loro faccende. Ci sono Claire e Amelia che possono aiutarla» intervenne allora Michael, sopprimendo sul nascere quel tentativo di avvicinamento.
Dean non era stupido, sapeva leggere tra le righe: Se siete uomini, restate qui, sembrava voler dire. Non pensava che il Signor Novak, da Pastore qual’era, fosse davvero così sessista, ma forse si era convinto che il troppo tempo passato con sua moglie avesse contribuito a mettere strani grilli in testa a suo figlio.
Non restò loro altro che rimanere lì a discutere di argomenti prettamente maschili, come politica, economia e sport.
La cena fu assolutamente formale, tanto che Dean avrebbe pensato di essere tra colleghi in un ristorante di lusso, se solo non fosse stato per le porzioni più che abbondanti della Signora Novak. Tutti erano vestiti con cura, stavano ben attenti a tenere i gomiti fuori dal tavolo, ad ingoiare il boccone prima di parlare, a prendere il bicchiere solo dopo aver poggiato le posate ed essersi puliti la bocca.
Soffocante, lui lo trovava terribilmente soffocante.
La conversazione era sempre molto pacate ed educata; perlopiù il Signor Novak chiacchierava con Jimmy, mentre sua moglie, ogni tanto, faceva lo sforzo di parlare con Castiel, ma gli argomenti sembravano mancare ad entrambi. Dean e Amy si scambiarono uno sguardo da sopra i loro bicchieri di vino - entrambi erano già al secondo -, sentendosi due pesci fuor d’acqua.
Era piuttosto chiaro che lui non fosse l’unico intruso in quel contesto; Lucy trattava Amelia con molta freddezza, come se la ragazza le avesse fatto qualche torto.
Dissapore tra suocera e nuora, che cliché, pensò Dean. Sua madre non aveva mai causato problemi simili, aveva accolto a braccia aperte sia Jess che Castiel, non appena aveva capito quando rendessero felici i suoi figli - e per quello le era bastato uno sguardo.
Si chiese se anche lui fosse nel mirino della Signora Novak per averle rubato uno dei suoi bambini, o se esulasse da ciò in quanto non era una donna. A giudicare dal modo in cui Lucy si stava sforzando di ignorarlo, non era affatto una questione di sesso, anzi, forse essere un uomo ed essersi portato a casa suo figlio era solo un’aggravante.
Fortunatamente c’era Claire a vivacizzare la situazione, attirando l’attenzione di tutti.
«Zio Cassie, mi hanno regalato il karaoke!» esclamò «Devi assolutamente venire a casa a cantare con me».
«Veramente noi dobbiamo ripartire domani mattina» rispose lui con delicatezza «Dean ha il turno di notte ed io ho dovuto farmi spostare le lezioni della mattina al pomeriggio».
«Allora dopo cena» propose lei, senza darsi per vinta «Ti prego» tentò congiungendo le mani e sporgendo un labbro in fuori.
Era chiaro come il sole che Castiel non fosse capace di dirle di no, perciò Dean tentò di distrarla: «Ehi, Barbie, mi passi il sale, per favore?»
«Non sono Barbie» la ragazzina arricciò il nasino, passandogli comunque la saliera.
«Grazie, Avril Lavigne» rispose lui, come se nulla fosse.
«E nemmeno Avril Lavigne» s’imbronciò lei.
«Hanna Montana?» propose allora.
«Dean, non fare il ragazzino» lo riprese Castiel, ma lui riuscì a distinguere in fondo ai suoi occhi un luccichio divertito.
«Che c’è? Sono tutte belle ragazze, è un complimento» sostenne.
«Uma Thurman» propose Claire allora.
«No, magari tra vent’anni, ma comunque no» rispose Dean, dopo una pausa.
«Perché no?» domandò la ragazzina.
Lui si chinò sul tavolo come se dovesse rivelarle un segreto e parlò a voce bassa, ma ancora perfettamente udibile: «Perché è sexy e se ti paragonassi ad una bomba come lei, poi dovrei vedermela con tuo padre».
«Capisco,» rispose quindi Claire, nel medesimo tono, con aria confidenziale «ma tu ed io sappiamo qual è la verità».
Jimmy e Amelia stavano ridendo sotto i baffi, mentre Castiel scuoteva il capo con aria esasperata, come se non sapesse più cosa fare con lui. Dean gli rivolse un sorriso scintillante e gli fece l’occhiolino, non osando chinarsi a baciarlo davanti ai suoi genitori.
Cas prese la sua mano sotto al tavolo e lo sbirciò tra le ciglia, da sotto in su, in un modo che lo faceva sempre impazzire. Si fissarono in silenzio per qualche secondo, poi lui non riuscì più a reggere il suo sguardo e si sentì arrossire.
«Smettila» borbottò, conquistandosi un sorriso appena accennato.
Fu allora che la Signora Novak si schiarì la voce, richiamando la loro attenzione. «Non avevi accennato al volerci parlare di qualcosa, Castiel?» domandò, rivolgendo uno sguardo freddo a Dean, come se avesse appena fatto qualcosa di terribilmente sbagliato.
Lui si sarebbe chiesto cosa, esattamente - forse prendersi un po’ troppe libertà con la sua nipotina, o far sorridere suo figlio, non gli era ben chiaro -, se solo non fosse arrivato quel momento, quello del grande annuncio, e avesse sentito tutto il divertimento scivolare via, facendogli precipitare lo stomaco vicino ai piedi.
Castiel strinse più forte la sua mano, sotto al tavolo, ed incontrò di nuovo i suoi occhi, in cerca di sostegno. «Sì» ammise, passando lo sguardo dalla madre al padre, seduti l’uno accanto all’altra - lui a capotavola, lei alla sua destra. «Noi… abbiamo deciso di sposarci. Il mese prossimo» annunciò con voce roca ed un silenzio assoluto cadde improvvisamente sul tavolo.
In tutta onestà, Dean non aveva idea di dove Cas trovò il coraggio per continuare, in mezzo a quell’atmosfera, ma lo fece, e lui lo ammirò ancora di più per questo.
«Come saprete, in Kansas non è possibile e qui sono ammesse solo le unioni civili, quindi pensavano di farlo nel Iowa, a metà strada tra le nostre due famiglie» spiegò con calma «E vorremmo che fossi tu a celebrare, papà» concluse, con appena un filo di esitazione.
Il voltò del Signor Novak era inespressivo. «Non è possibile» rispose semplicemente.
«Sì, mi rendo conto che dovrai chiedere un permesso, ma Dean ha un amico lì che sarebbe felice di accoglierti nella sua parrocchia e-» tentò ancora, intrepido, ma il padre lo interruppe.
«Non è possibile perché non ci sarò».
Dean si sentì gelare e strinse più forte la mano di Castiel sotto al tavolo.
«Cosa?» soffiò il suo angelo, con voce soffocata.
«Non celebrerò, né tanto meno assisterò a questa… follia» scandì lentamente Michael.
Castiel accusò il colpo quasi come fosse fisico, piegandosi impercettibilmente su se stesso, come se avesse incassato un pugno al diaframma. Poi cercò la madre con lo sguardo, ma il volto di Lucy era pallido e distante, concentrato su un punto imprecisato della parete davanti a lei.
«Papà…» tentò Jimmy.
«Tu. Stanne. Fuori» lo avvertì il Signor Novak, stroncando il suo intervento sul nascere.
Claire iniziò a piangere in silenzio, coprendosi la bocca con le mani, e Dean provò l’impulso fortissimo di portare lei e Castiel subito fuori da lì.
Ma il compagno lo distrasse. «Con permesso» gracchiò con voce smorzata, alzandosi da tavola.
«Siediti» ordinò Michael, ma suo figlio non gli diede ascolto.
«No, adesso me ne vado» rispose «Sono spiacente di non essere come tu mi vorresti, papà, ma ho smesso di sentirmi male con me stesso molti anni fa. E mi dispiace per te, perché è evidente che il Signore non ti parla da tempo, o forse tu hai smesso di ascoltarlo. Io sono sicuro di essere esattamente come Lui mi vuole, perché mi ha circondato di persone che mi amano sul serio, che mi amano per quello che sono. Quindi, davvero, mi dispiace molto per te» asserì, con una durezza ed una forza che a gli occhi del compagno non erano del tutto estranee. «Andiamo, Dean» concluse, tirando lievemente la sua mano per spingerlo ad alzarsi.
In pochi minuti furono fuori, ma Castiel si fermò esattamente al centro del vialetto, il soprabito aperto e lo sguardo rivolto al cielo.
«Cas…» lo chiamò piano Dean, aggirandolo per essergli di fronte e prendergli il viso tra le mani.
Il suo angelo abbassò il volto, ma chiuse gli occhi, e lui lo attirò a sé, stringendolo nel proprio abbraccio.
«Vorrei poterti portare subito a casa» sussurrò tra i suoi capelli.
«Ovunque sei tu, sono a casa» mormorò Castiel, aggrappandosi alla sua giacca.
Durante tutto il tragitto dall’abitazione dei Novak allo stello, Cas tenne la testa poggiata al finestrino, lo sguardo lontano e distaccato. Dean sapeva che anche se si era mostrato forte davanti alla sua famiglia, questo non cambiava la realtà: i suoi genitori non sarebbero venuti al loro matrimonio. E Castiel li amava, nonostante tutto.
La stanza al Bed & Breakfast era semplice e senza fronzoli, anonima, ma non sgradevole come le camere di certi motel ad ore.
«Ehi, perché non facciamo una doccia, così ti scaldi» propose Dean, non appena poggiarono i borsoni vicino al letto.
Il compagno riuscì a fargli un mezzo sorriso. «No, ma tu vai pure se vuoi. Io sto bene» rispose e lui lo conosceva abbastanza per capire che voleva stare solo.
Annuì e si prese un po’ più tempo del solito per stare sotto il getto caldo, ma non troppo. Non voleva lasciare il suo angelo da solo tanto a lungo, anche se era lui stesso a volerlo.
Quando tornò in camera, in un primo momento non lo vide, poi si rese conto che era inginocchiato ai piedi del letto, con i gomiti poggiati sul materasso, gli occhi chiusi e le mani giunte. Stava pregando.
Dean rimase lì impalato come uno stoccafisso, non sapendo bene cosa fare. Era a conoscenza di quanto fosse grande la fede del suo compagno - fidanzato, era il suo fidanzato, ora -, ma non lo aveva mai visto pregare. In qualche modo, si sentì di troppo, come se stesse ascoltando una conversazione privata.
Con incertezza, lo raggiunse e si inginocchio accanto a lui. Castiel aprì gli occhi e gli rivolse un sorriso mesto e Dean gli passò un braccio attorno alle spalle.
«Io…» tentò «… non ricordo come si fa» ammise.
Castiel prese la sua mano libera e la chiuse tra le sue, ricongiungendole in preghiera. «Non devi fare niente di particolare, il Signore ascolta qualunque cosa tu voglia dirgli» rispose gentile.
«Angelo mio…» bisbigliò lui, ed era quasi un’invocazione. Non sapeva proprio cosa fare. «Possiamo rimandare, se vuoi. Non dobbiamo sposarci per forza a Gennaio».
«No, Dean. Questa è una cosa tra noi e Dio. Vorrei sposarti anche se con noi ci fosse solo un testimone preso a caso tra i passanti della strada. Certo, avere attorno a noi le persone che amiamo renderà questo giorno più bello, ma anche se non ci fossero, non cambierebbe quello che stiano andando a fare» sostenne «Ed il tempo non farà certo cambiare idea a mio padre».
«Cas… mi dispiace» mormorò lui con voce soffocata.
«Non preoccuparti, Dean. Ho sempre pensato che il mio vero Padre fosse in Cielo» rispose, chiudendo di nuovo gli occhi.
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