Fandom: Supernatural.
Pairing/Personaggi: Castiel/Dean, Balthazar, Bobby, Original Character, Sam.
Rating: NC17.
Charapter: 1/10.
Beta:
koorime_yu (la martire ♥).
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico.
Warning: Angst, Fluff, EGGPREG (o Egg-Fic, come preferite), Sesso descrittivo, Slash, What if.
Words: 3800/41160 (
fiumidiparole).
Summary: Madre Natura - o Dio, visto il contesto - vuole che più sia grande una creatura, più tempo sia necessario per la gestazione; come le elefantesse, che restano gravide per due anni. E se la creatura in questione è grande “approssimativamente quanto il Crysler Building”, quanto potrebbe volerci? Diciamo… quattro anni? Più o meno il tempo che passa da quando Dean viene “salvato dalla perdizione” al momento in cui recupera l’anima di Sam, sì.
Note: La storia nasce grazie e si ispira a questa dolcissima fan-art:
Vedere il mondo in un granello di sabbia di
ai_sellie. Il titolo della fic - adorabile e crack e… ho già detto adorabile? XD - è un suggerimento di
koorime_yu ♥
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Capitolo Successivo » DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
There is an Egg between Us
Capitolo 1.
Dean era consapevole dell’esistenza di scene che il cervello rigettava, visioni così orribili che la mente umana si rifiutava di processarle, ritirandosi in un angolino bianco e vuoto della testa, dove nulla poteva ferirla. Per un momento quelle scene rendevano il corpo cieco, con solo un intreccio confuso di colori davanti agli occhi, incasinato e privo di senso, poi - se si era così idioti da insistere - i neuroni riprendevano a funzionare e aggiustavano l’immagine, ricomponendo il puzzle.
Lui c’era abituato e nella sua testa non c’era semplicemente un angolino, no, c’era un’intera sala da ballo, in cui la sua coscienza si ritirava quando tutto diventava troppo, quando doveva impugnare la pistola e sparare a qualunque schifezza si trovasse davanti. Una camera lunga e bianca dove l’unico rumore presente era un costante ronzio che annullava la realtà.
Il problema era che, una volta ricomposta l’immagine, nulla poteva cancellarla di nuovo; il cervello umano è una gran bella fregatura, sì. Quindi Dean era certo che non avrebbe mai scordato quella scena: Balthazar, quel fottuto spaventapasseri piumato, in piedi in mezzo al soggiorno di casa di Bobby, che reggeva tra le braccia il corpo svenuto - o morto? - di Castiel come fosse un bambino.
Per un minuto intero il cuore del cacciatore smise di battere, mentre il suo sguardo risaliva i lembi impolverati del trench, il volto pallido e sudato di Castiel, le palpebre chiuse, la bocca bluastra.
«Che...» fece, ma gli uscì fuori solo un filo di voce «… Che cazzo è successo?» ringhiò, dopo essersi schiarito la gola, mentre Balthazar stendeva il fratello sul divano di Bobby.
L’angelo era più silenzioso e serio di quanto Dean lo avesse mai visto. «Non ne ho idea» rispose calmo ed accigliato, ravviando i capelli di Castiel ed aggiustandogli il trench addosso «Stavamo parlando e all’improvviso…» s’interruppe, scrutandolo con apprensione.
«All’improvviso cosa? Che cazzo gli hai fatto?» sbottò il ragazzo, prima di riuscire a trattenersi.
Una manona si strinse su una delle sue braccia, proprio mentre una voce familiare lo redarguiva: «Sta calmo, Dean» e solo allora lui si ricordò della presenza di Sam e Bobby nella stanza.
«Non ho fatto nulla» richiamò la sua attenzione l’angelo «Era da un po’ che Cassie non era al meglio. Ho notato che aveva delle specie di fitte allo stomaco, ma lui non ci dava peso ed io pensavo… non lo so, che si fosse ingozzato di hamburger, forse. Poi stasera è venuto da me e, nel bel mezzo di una discussione, si è piegato in due dal dolore. La sua Grazia è esplosa ed è comparso quello» spiegò, indicando qualcosa, e solo allora i cacciatori si accorsero che Castiel aveva le braccia strette al petto e nascondeva qualcosa in una mano.
«È… è un uovo» osservò Sam, aggrottando la fronte perplesso.
«Capitan Ovvio è tra noi» ghignò Balthazar «Lo vedo da me che è un uovo, la vera domanda è: quand’è che Cassie l’ha concepito? Ma soprattutto: perché non ne sapevo niente?»
«Concepito? Intendi… come un bambino?» grugnì Bobby.
«Precisamente come un bambino, vecchio orso» confermò l’angelo.
«Vuoi dire che gli angeli…» cominciò Sam, ma a Dean non poteva fottergliene meno di come si riproducessero i pennuti.
«Sta bene?» chiese invece.
Dopo un momento, Balthazar annuì. «Credo di sì. È solo esausto. La sua Grazia si è letteralmente scissa. Non è una cosa che capita spesso» spiegò.
Lui ed il maggiore dei Winchester si scambiarono uno sguardo, condividendo una consapevolezza sul moccioso piumato steso sopra il divano.
«Ma… parliamo di Cas. Insomma quand’è che… ?» si domandò quest’ultimo, facendo un gesto strano in aria per sottolineare il concetto.
«È quello che vorrei sapere anche io. Potrebbe essere accaduto anni fa» replicò l’angelo.
«Anni? No, questo è impossibile, sono sicuro che prima dell’Apocalisse fosse vergine» replicò Dean.
«Vergine?» esclamò suo fratello.
«Anni?» rincarò Bobby.
Balthazar annuì. «Sapete, noi angeli in forma reale siamo belli alti» sorrise in quel suo modo insopportabile e Dean si accigliò perplesso, ma Sam emise un piccolo Oh! e si zittì, facendo sì che lui si voltasse a guardarlo con le sopraciglia inarcate.
«Be’, sai, più una creatura è grande, più è lungo il tempo di gestazione. Gli elefanti rimangono incinta per due anni, ad esempio» spiegò quel Nerd.
Il maggiore si sfregò una mano sulla bocca. «Okay, gallinacei giganti uguale gravidanze lunghe, ci sono. Ma com’è possibile che Cas non si sia reso conto di essere… insomma, è un imbranato totale, ma pure lui si sarebbe accorto di aver scopato!» sbottò alzando le braccia al cielo e lasciandole ricadere lungo i fianchi con uno schiaffo sulle cosce, non riuscendo più a reggerne il peso.
«Non ho fatto nulla» sussurrò Castiel con voce fievole, attirando la loro attenzione. Aveva socchiuso le palpebre e portava scritta in faccia l’aria di chi li ascoltava già da qualche minuto.
«Qualcosa devi aver combinato, fratellino» gli fece notare l’altro angelo «I concepimenti virginali sono poco plausibili».
«Non ho mai conosciuto nessuno» mormorò l’angelo, stanco «E questo… questo è troppo solido».
«Già sembrerebbe qualcosa di nuovo» concordò Balthazar, accovacciandosi accanto a lui «Posso vederlo?» chiese con gentilezza, pungolandogli una mano con un dito ossuto.
Castiel sciolse la presa con riluttanza, rivelando un ovetto bianco posato sul suo petto, poco più grande di quello di una gallina.
Dean non ci stava capendo un cazzo. «Conosciuto? Solido? È una specie di linguaggio in codice piumoso?» domandò accigliato.
«Cassie è un po’ vecchio stile, sai. Intende conosciuto in senso biblico» spiegò Balthazar, facendo un occhiolino al fratello «E di solito le nostro uova sono fatte di pura Grazia, mentre questo ha un bel guscio duro» continuo, sfiorando con attenzione l’ovetto. «È un ibrido» concluse.
«Ibrido?» lo interrogò Bobby.
«A-ah. Un incrocio, un bastardino… come lo vogliamo chiamare? È un Nefilim» [1] articolò meglio «Cassie, monellaccio, su quale umano ti sei strusciato?» continuò, punzecchiandogli un fianco come se volesse fargli il solletico.
L’interpellato inclinò la testa, confuso, poi sbatté le ciglia e aggrottò la fronte, cercando di dare un senso alla situazione, infine i suoi occhi divennero enormi ed alzò su Dean uno sguardo terrorizzato.
Balthazar scrutò prima il fratello, poi il cacciatore, poi di nuovo Castiel: «Sul serio? Ed io che pensavo che l’Apocalisse fosse scongiurata» ironizzò, prima di rimettersi dritto, prese Sam per un braccio e fissò Bobby con insistenza «Vecchio orso, dimmi che in cucina hai qualcosa di decente da bere» disse quindi, iniziando a trascinare il ragazzo fuori dal soggiorno, lasciando soli l’altro angelo ed il maggiore dei Winchester.
Quest’ultimo, confuso, li guardò uscire di scena covando - no, assolutamente no, cancellare questo verbo dal dizionario! - un pessimo presentimento. «Cas, che diavolo sta succedendo?» gracchiò, dopo aver incontrato di nuovo il suo sguardo spaventato.
L’angelo arrossì, poi strinse le labbra e tentò faticosamente di mettersi seduto, fino a poggiare le spalle contro lo schienale del vecchio divano. I suoi occhi blu si abbassarono, descrivendo la forma liscia del piccolo uovo tra le sue dita.
«Dean, io non ho mai, sai…» cominciò, nervoso.
«Avuto l’occasione, sì» concluse il ragazzo per lui, poi sussultò lievemente quando l’amico alzò di nuovo il volto.
«Tranne all’Inferno» disse questi.
«All’Inferno?» ripeté il cacciatore, sempre più confuso «E quand’è l’ultima volta che…» cominciò, ma l’angelo gli lanciò uno sguardo eloquente, prima di puntare gli occhi sulla sua spalla sinistra e «Oh!» si ritrovò a mormorare lui.
Passò il peso da un piede all’altro, facendo scricchiolare le assi del pavimento, ma quasi non se ne rese conto, perché all’improvviso venne colpito dall’ovvia conclusione. «Aspetta, mi stai dicendo che mi hai palpato mentre ero incosciente?» esclamò con la voce che saliva di un paio di ottave per lo shock.
«Non eri incosciente» replicò Castiel, atono.
«Io non ricordo nulla» Dean si rastrellò i capelli con le dita «Cristo, è come se mi fossi svegliato in un letto sconosciuto dopo una sbronza colossale» borbottò.
L’angelo si adombrò e rimase in silenzio a lungo, poi espirò rumorosamente dal naso e disse solo: «Io non sono uno sconosciuto» imbronciandosi come il moccioso che era.
Il ragazzo deglutì a fatica. No, certo che no, non lo era affatto, e questo in qualche modo rendeva le cose solo molto peggiori. Aveva scopato con il suo migliore amico - be’, quando ancora non lo era, ma che differenza poteva fare questo? - e non lo ricordava. Il suo migliore amico maschio. Piumoso e maschio. E ora… Dean impallidì così velocemente che quasi si sentì mancare. Barcollò e poggiò i palmi sulla prima cosa che trovò - lo schienale di una sedia? - per tenersi in piedi.
«Sono il padre» soffiò, scioccato «Mi stai dicendo che sono il padre?» chiese conferma a voce un po’ più alta, alzando su di lui due occhi sgranati.
Castiel distolse lo sguardo e strinse le labbra fino a ridurle ad una linea bianca e pallida. «Non può essere nessun altro» asserì.
Il cacciatore si sentì mancare la terra sotto i piedi. «N-ne sei certo? Voglio dire… eri convinto di essere vergine e ora salta fuori questa… questa cosa e… sei sicuro di non aver fatto qualcosa che… come diavolo è successo?» smozzicò sconclusionatamente. «Cosa abbiamo fatto lì sotto, Cas?»
Questi scosse il capo, confuso quanto lui. «Non lo so, Dean. Ti ho solo preso tra le braccia» disse, poi si fermò, distratto. «Ma c’è stato un momento che…» sussurrò assorto.
«Che?» lo sollecitò l’altro.
Castiel aprì bocca, ma non ne uscì nulla. «Non so come spiegartelo» confessò infine «È come se ci fossimo uniti. È stato breve, ma intenso. E in un attimo ho scoperto e compreso tutto ciò che ti riguardava».
«Breve ma intenso» Dean si concesse una risatina isterica. Cristo, si era fatto una sveltina piumosa e non la ricordava. E ora sarebbe diventato... stava per diventare... sarebbe potuto diventare... no, non riuscì a concludere il pensiero nemmeno nella sua testa.
Si passò un palmo sulla bocca, poi percorse due passi traballanti e sedette - o meglio crollò - accanto a lui, sul divano. «Cosa intendi fare?» domandò, sbirciando l’ovetto nella sua presa. E quello era suo... ?
«Devi nasconderlo, Dean. Non posso tenerlo con me, se scoprissero della sua esistenza...» la sua voce si affievolì, angosciata dalla sola idea. «La preghiera incisa sul tuo costato proteggerà entrambi» concluse con più decisione.
«Quindi vuoi tenerlo» fu tutto ciò che disse il ragazzo.
«Tenerlo? Che vuoi dire, che altro potrei... ?» cominciò l’angelo, poi s’interruppe «Stai suggerendo di... sopprimerlo... di...» i suoi occhi blu divennero enormi, stavolta non per la paura - non solo, almeno - ma per il sincero orrore, e si ritrasse leggermente, portando l’ovetto contro il proprio petto «L-lui... non ha colpe... è un innocente, Dean... è mio figlio».
Il cacciatore s’infilò le mani tra i capelli. «Io non sto suggerendo nulla. Di solito sta alla madre decidere cosa fare e... Che cazzo ti aspetti da me, Cas, eh? La mia non è la vita adatta ad un bambino. Non so fare il padre. Come cazzo supponi che dovrei crescere questo... questo... qualunque cosa sia!» sbottò balzando in piedi. Iniziò a fare nervosamente su e giù «Tu vieni qui, mi scarichi questa bomba addosso e... come pensi dovrei prenderla, uhm? Dio, ho usato il preservativo per tutta la vita e avrei ingravidato un pennuto nell’unica occasione in cui non avevo un corpo? È un incubo. Non posso essere io il padre. Deve essere uno scherzo, magari di uno dei tuoi simpatici fratelloni. È un uovo. È. Un. Fottuto. Uovo. Cosa diavolo vuoi da me?» gridò fermandosi all’improvviso di fronte a lui.
Il viso di Castiel divenne totalmente vacuo. Per un lungo momento rimase immobile, poi poggiò l’uovo con attenzione, affossandolo tra due cuscini, quindi si alzò con calma, fino a fronteggiare Dean. Solo allora il ragazzo si accorse di quanto granitico e freddo fosse divenuto il suo sguardo.
«Qui non si tratta di noi, stupido, patetico, ragazzino» sibilò con un tono che Dean non gli aveva mai sentito usare «Non mi importa come è accaduta questa cosa. È successa e ora dobbiamo occuparcene» continuò avanzando verso di lui «Credi che ne sia felice? Che comincerò a valutare che nome dargli e fantasticherò su che aspetto avrà? Io sono un soldato, Dean. E sono nel mezzo di una guerra civile. Sto guidando una rivolta. Questo è il momento peggiore che possa esistere, per una cosa del genere. Ma ora c’è ed è mio figlio, e farò qualunque cosa per proteggere te e lui» ringhiò, afferrando il cacciatore per il collo della camicia e dandogli una scrollata «Credi che per me sia facile? Cosa pensi che gli farebbe Raphael se scoprisse della sua esistenza? E dovrò vivere con questa preoccupazione finché non l’avrò sconfitto. Non riesco a pensare ad altro. Vi spedirei in un’altra dimensione, se solo l’idea non mi togliesse il respiro. E tu stai lì a farti paranoie sull’essere padre?» lo strattonò un’altra volta, avanti e indietro, poi lo spinse via, buttandolo quasi con il culo a terra. «Stammi a bene sentire: non mi importa nulla se vuoi essere padre o no. Se sei mio amico, se hai mai tenuto a me in una qualche misura, terrai il mio piccolo al sicuro» scandì lentamente «Me lo devi, Dean».
Lui fu tentato di mandarlo a ‘fanculo per puro principio, ma poi deglutì la rabbia e l’orgoglio, e cercò di pensare a cosa avrebbe fatto se quella fottuta storia della paternità non fosse saltata fuori, se Cas fosse semplicemente venuto da lui per chiedergli di proteggere quell’uovo.
L’angelo barcollò, ancora pallido, e forse più stanco di prima, a causa della sfuriata e dello stare troppo in piedi. Istintivamente, anche se era incazzato con lui, Dean lo afferrò per le braccia, rimettendolo dritto.
«Perché io, Cas? Cosa ti fa credere che con me sarebbe più al sicuro?» si ritrovò a chiedere, quando vide l’amico lanciare all’ovetto uno sguardo sfinito e affranto.
«Mi fido di te» mormorò Castiel «Non ho mai avuto qualcosa di mio, Dean, qualcosa che potessero strapparmi via. E non posso fidarmi di nessuno. Solo di te» sollevò su di lui quello sguardo disperato e strinse di nuovo i lembi della sua camicia, stavolta non per strattonarli, ma per aggrapparsi a qualcosa «Non permettere che facciano del male al mio bambino».
Il ragazzo sentì la gola chiudersi in una morsa e strinse i denti. «D’accordo, sarò il tuo Eggsitter, per il momento» dichiarò. Ma non chiedermi di più, era l’evidente sottinteso.
Castiel annuì un paio di volte, grato, poi poggiò la testa sulla sua spalla. «Mi dispiace» sussurrò.
Dean non era sicuro di capire per cosa si stesse scusando esattamente: di averlo coinvolto in quel casino, di avergli messo sulle spalle una tale responsabilità, di essersi fatto ingravidare senza nemmeno accorgersene, di questa storia della paternità incerta? Lui non ce l’aveva con Castiel, non sul serio; erano tutte cose che di certo l’angelo non aveva voluto.
Non gli rispose e non lo abbracciò per confortarlo, ma gli offrì il suo corpo per appoggiarsi, facendo un passo avanti e permettendogli di usarlo come sostegno. Cas lasciò andare il proprio peso su di lui, cosa non esattamente comoda, visto che era alto un metro e ottanta.
Per la prima volta, Dean si chiese se qualcuno gli avesse fatto del male. Castiel sembrava molto confuso su quel concepimento e lui non credeva che fosse imbranato al punto da non rendersi conto di aver fatto un qualche tipo di sesso - angelico o umano che fosse -, ma a volte sapeva essere così ingenuo… e se qualcuno lo avesse ingannato? Se un uomo - doveva essere un maschio, no? Se fosse stata una donna sarebbe rimasta lei incinta - si fosse approfittato di lui? Quindi Cas era stato con qualcun altro ed il padre era questo tizio ignoto?
L’idea non lo fece sentire affatto meglio, anzi.
«Ehi, moccioso…» richiamò la sua attenzione «… è possibile che… qualcuno si sia preso delle confidenze di troppo con te?» chiese con quanta più delicatezza gli riuscì.
Lui scostò la testa dalla sua spalla per incontrare i suoi occhi, poi la inclinò in quella sua stupida posa buffa ed innocente. «No, non mi lascio avvicinare da molte persone» rispose, tuttavia, serio e deciso.
«E tra queste poche, gli unici umani siamo Bobby, Sam ed io?» si accertò Dean e, quando l’angelo annuì, prese un respiro profondo. «Okay» borbottò, sospingendolo gentilmente verso il divano. «Ora tu stenditi e riposa» ordinò, aiutandolo a rimettersi giù, fino a poggiare la testa accanto ai cuscini su cui era posato l’ovetto. «Io vado a farmi un giro. Quando rientro, voglio trovarti ancora qui» concluse.
Castiel sbatté le ciglia, stupito, ma annuì.
Dean prese la giacca buttata su una sedia e se la infilò addosso, frugando nelle tasche per trovare le chiavi della macchina, mentre si dirigeva verso l’ingresso. Aveva bisogno di pensare. Non riusciva ancora ad ammettere che preferiva essere lui il padre, piuttosto che sapere che fosse stato qualcun altro a fare questo a Cas. Ma la sensazione era lì, nel suo stomaco annodato, e non poteva nemmeno negarla a se stesso.
*°*°*°*°*
Vagò per più di un’ora, con gli occhi fissi sulla strada, il piede premuto sull’acceleratore e la testa vuota. O forse così piena da non riuscire a sbrogliare un solo pensiero dal resto.
Un bambino. Castiel non sarebbe mai riuscito a prendersi cura di un bambino, non da solo, almeno; troppe cose che conosceva solo in teoria, troppa inesperienza, troppa inumanità. Ma sarebbe stato davvero un bambino? Cos’era questa creatura, questo Nefilim - lo spaventapasseri alato l’aveva chiamato così, no? -, questo ibrido? Avrebbe avuto aspetto umano? Sarebbe cresciuto come un bambino normale, mangiando, dormendo, amando, soffrendo? E quanto tempo ci sarebbe voluto prima della schiusa, quanto tempo Dean sarebbe rimasto legato all’uovo? E dopo? Chi si sarebbe occupato di lui?
Non posso farcela. La sua vita non era fatta per queste cose. Perché diventava sempre più strana, pericolosa e, Dio, semplicemente assurda? L’Inferno, l’Apocalisse, draghi, angeli incinti, uova piumose… Non posso portarmelo dietro.
Quando parcheggiò di nuovo nella rimessa di Bobby, non era sicuro di aver preso una decisione o di aver trovato una risposta, sapeva solo di dover parlare con Castiel.
Fu Sam ad aprirgli la porta, mormorando un vago: «Ehi» e rivolgendogli uno sguardo che Dean non aveva mai visto prima.
Oh, fantastico, Balthazar deve avergli spiegato questa cazzata della paternità, si rese conto. Be’, meglio per lui, gli evitava di dover intavolare quel discorso imbarazzante. Come suo fratello la stesse prendendo, al momento, non gli interessava; era troppo occupato a cercare lui stesso di capire come prenderla.
«Stai bene?» gli chiese Sam, vedendo la sua faccia scura.
Il maggiore dei Winchester annuì, distratto. «Devo vedere Cas» disse solo, dirigendosi in soggiorno, dove lo aveva lasciato. Poi ci ripensò e si voltò verso il minore, lanciandogli le chiavi della macchina: «Va’ a prendere qualcosa da mangiare» comandò, per toglierselo dai piedi.
Ovviamente l’angelo non stava dormendo, ma era steso sul divano, come lui gli aveva ordinato, e Balthazar - seduto sull’orlo, accanto a lui - stava facendo l’idiota come suo solito, forse nel tentativo di distrarlo. E, in effetti, Castiel aveva un vago sorriso dipinto sulle labbra, anche se la sua fronte era aggrottata con perplessità; sembravano quasi due amici veri, quasi… normali. A quanto pare ci tenevano davvero l’uno a l’altro.
Per un mostruoso momento, Dean provò l’impulso lancinante di afferrare Balthazar per la collottola e sbatterlo fuori. Era di troppo, in quel momento. Lui aveva bisogno di Cas.
Non appena lo sentirono entrare, i due angeli parvero capire la cosa dal suo sguardo fosco, perché il primo batté una pacca sul fianco del secondo e poi balzò in piedi.
«Bene, tolgo il disturbo. Buona serata, mamma e papà» cinguettò, ricevendo in risposta solo un ringhio del cacciatore, prima di volare via.
Dean girò su se stesso, guardandosi attorno, forse in cerca d’ispirazione per trovare qualcosa da dire. Bobby non era in giro; doveva essere fuori, nel garage, a sistemare qualcosa per tenere le mani occupate. Il ragazzo si sfregò nervosamente la bocca, poi si accucciò a terra, ai piedi del divano, e poggiò la schiena contro di esso, più o meno all’altezza del petto di Castiel.
«Dean?» lo chiamò quest’ultimo, con voce incerta.
Lui non rispose subito, la testa troppo incasinata per capire da dove cominciare.
«Quanto tempo abbiamo? Prima che nasca, intendo» domandò, infine.
«Credo che da questo momento in poi la gestazione avrà gli stessi ritmi di quella umana» rispose l’angelo, pensieroso «Forse un paio di settimana in più, ma non troppo».
«E cosa dovrei fare? Come me ne prendo cura?»
«Non devi fare nulla, solo tenerlo al sicuro. È alimentato dalla mia Grazia, quindi tu dovrai solo badare a tenerlo nascosto e… be’, a non farlo cadere» spiegò Castiel.
Dean annuì senza un vero motivo, forse solo per dimostrargli che stava ascoltando. «E cosa succede se ti fanno del male?» chiese all’improvviso, seguendo un ragionamento che nella sua testa aveva perfettamente senso: ogni ferita della mamma si ripercuoteva sul bambino. Se lei fumava o beveva, faceva male al piccolo; se prendeva un brutto spavento, lui ne risentiva; se cadeva e pestava la pancia, rischiava di ucciderlo; se lei moriva e la gravidanza non era abbastanza avanzata, era quasi impossibile salvarlo. «Che succede se ti uccidono?»
L’amico rimase in silenzio a lungo. «Morirà con me» asserì, dopo un tempo che parve lunghissimo.
Dean chiuse gli occhi, incrociando le mani davanti alla bocca. «Ne sei sicuro?» lo interrogò quindi.
«Sono tutte supposizioni» ammise l’angelo «Non accade qualcosa di simile da molto tempo ed io non vi ho mai assistito».
«Devi fare una cosa per me» disse quindi il cacciatore, riaprendo gli occhi.
«Qualunque cosa» gli assicurò Castiel.
«Devi ripulire la mia fedina penale» spiegò Dean «Tutto quello che il governo ha in mano su me e Sam deve sparire. Se devo crescere un bambino, lo farò come me stesso e gli darò il mio nome».
«D’accordo» acconsentì l’angelo «Dean… sei sicuro?» sussurrò, posandogli una mano sulla spalla.
Lui sentì una risata isterica minacciare di risalirgli la gola, ma la soffocò. Si voltò finalmente a guardare l’altro, incontrando i suoi occhi blu. «Lascerò la caccia» annunciò.
Castiel rimase senza parole per un lungo istante. «Dean…» tentò poi.
Ma al ragazzo non interessava cosa avesse da dire. «Non costringerò un bambino a questa vita. Non farò l’errore di mio padre».
«Non ti ho mai sentito criticare tuo padre» osservò l’amico, sorpreso.
«Ho sempre cercato di essere un bravo figlio. E un bravo soldato, perché questo era ciò che lui desiderava ed io gli volevo bene. Ma io non ho nessuno da vendicare, Cas. Io non sono mio padre e ci ho messo molto per capire che non voglio esserlo» ammise, deglutendo a fatica «Avrei voluto somigliargli di più, per certi versi; avrei voluto essere più forte, più resistente» continuò, pensando all’Inferno, a come si era lasciato spezzare, dando inizio a tutto «Ma non voglio essere così, non voglio tapparmi gli occhi e convincermi che posso tirare su un marmocchio facendo questa vita. Non è giusto».
La mano dell’angelo si strinse gentilmente sulla sua spalla, in segno di ringraziamento, ricordandogli che lui era lì. «D’accordo» ripeté Castiel e Dean chiuse di nuovo gli occhi, lasciando cadere la testa indietro, contro il sedile del divano.
«Mi dispiace» disse ancora il primo e nemmeno stavolta il secondo capì a cosa si riferisse esattamente; forse a tutto.
«Un’altra cosa, Cas» replicò Dean «Non farti ammazzare».
[1]
Nefilim.
Spazio Autore: La storia è già conclusa e, come potete vedere dallo specchietto, si comporrà di dieci capitoli, il secondo dei quali è già in betaggio. Quindi, salvo cause di forza maggiore, gli aggiornamenti saranno regolari: un capitolo a settimana.
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