Titolo: “Sanagi” (Crisalide)
Fandom: Hey! Say! JUMP
Personaggi: Chinen Yuri, Takaki Yuya, Inoo Kei, Yabu Kota, Yaotome Hikaru
Pairing: Takachii, Inoobu, Hikachii
Warnings: Slash, Non-con, Death!Fic, AU, Underage, Violence
Word Count: 21.113
fiumidiparoleRating: NC-17
Prompt: 106. “È tutto ciò che ti chiedo.”
NdA: Storia scritta per la challenge
bigbangitalia, per il set AU della
think_angst e per la
500themes_ita. La storia è un sequel di
“Yami wo ukeire futatabii asa kuru”, di
simph8. Sempre di
simph8 è il gift alla storia, il fanmix “The birth of a butterfly”, che potete scaricare
qui (bellissimo fanmix, aggiungerei. Grazie <3).
04 - Chikai no Sora
“Per proteggere quel sorriso,
non m’importa di rischiare la vita”
[Mayonaka no Shadow Boy, Hey! Say! JUMP]
“Io e Kota abbiamo fatto sesso ieri.”
Chinen quasi si strozzò con il proprio caffè.
Voleva bene a Kei, davvero. Per quanto potesse divertirsi a dire a Yuya che non lo faceva impazzire passare il proprio tempo con lui, la realtà era che in lui riusciva comunque a vedere un buon amico.
Il migliore che aveva, a conti fatti.
Erano andati a fare colazione insieme quella mattina, in un bar di Asakusa, quando Kei gli aveva dato la lieta novella.
“E allora?” ribatté, con tono vagamente acido. “Non vedo perché la cosa debba interessarmi.”
Inoo scrollò le spalle, sorseggiando il suo frullato.
“Era da tanto che non lo facevamo. Lui... era da un po’ che non ci provava nemmeno. Perché l’ultima volta ho avuto una specie di crisi, sai.” mormorò, e Chinen pensò che avrebbe dovuto come minimo sentirsi a disagio nel raccontargli cose del genere, ma l’altro non pareva essere frenato dalla minima vergogna.
“Ah. Ok. E... questa volta com’è andata?” domandò, cercando di fingersi interessato ai loro problemi sessuali.
Kei sorrise, chinando lo sguardo e giocherellando con la cannuccia.
“Ha voluto che... che fossi io a prendere il suo posto. Ha detto che così non avrei avuto paura, almeno, e che avremmo potuto vedere se così le cose sarebbero andate meglio.” sorrise, di nuovo. “Ed è andata meglio. Sono riuscito ad arrivare fino alla fine, almeno. E non ho avuto nessun attacco.”
Yuri avrebbe tanto voluto mettersi le mani sulle orecchie e non sentire.
No, non gli piaceva che l’altro lo rendesse partecipe di dettagli così intimi della sua vita con Yabu.
E no, non gli piaceva ascoltare di come il più grande si prendesse cura di lui, di come si preoccupasse che lui fosse sempre felice, che stesse sempre bene, che non avesse mai paura e non provasse mai dolore.
Era questo che Yuya odiava in Kei.
Lo ripeteva a Yuri ogni volta che parlavano di lui, e gli diceva che loro due non erano molto diversi.
Che anche lui era stato stuprato, anzi veniva violentato continuamente, e non aveva avuto nessun attacco isterico, non prendeva psicofarmaci e non si comportava come se il mondo intero volesse fargli del male.
Chinen non rispondeva mai a questi suoi monologhi contro Inoo.
Eppure, ci pensava.
In che cos’erano diversi loro due?
Perché lui aveva scelto di farsene una ragione, mentre Kei non ci riusciva?
E si ripeteva che era carattere, ma non poteva essere solo questo.
Yabu gliel’aveva raccontato, una volta.
Gli aveva raccontato degli uomini che avevano accerchiato Kei in un vicolo, di come avessero abusato del suo corpo, di come lo avessero umiliato in ogni modo possibile, di come lui avesse poi cercato di scoprire chi fossero, senza mai venire a capo di niente.
Gli aveva parlato di come Kei anni prima fosse in condizioni ancora peggiori di quelle attuali, e di come si rifiutasse anche solo di uscire di casa.
Di quanto avesse faticato per ottenere ancora la sua fiducia, perché gli permettesse di toccarlo, di stargli accanto anche quando aveva una delle sue crisi di panico, quando veniva colto dalla paranoia e la nevrosi diveniva un attacco psicotico.
Poi l’aveva ringraziato perché gli stava accanto, e perché diceva che Kei gli si era affezionato, ed era felice che avesse qualcuno su cui fare riferimento oltre che lui.
E Yuri si era sentito in imbarazzo, perché non gli era parso di fare niente di speciale, niente rispetto a quanto Kota faceva da anni.
Ed era in quello che stava la differenza fra loro due, aveva compreso.
Kei poteva permettersi le crisi isteriche.
Kei poteva permettersi di non uscire di casa per giorni.
Kei poteva permettersi di non fidarsi di chi lo circondava, aspettando che arrivasse qualcuno a proteggerlo dalle continue minacce che vedeva intorno a sé.
Yuri non poteva.
Non c’era nessuno che l’avrebbe aiutato, comunque.
Non c’era nessuno che gli sarebbe stato dietro se si fosse lasciato andare a crisi, a panico, a fobie.
Era da solo, da solo aveva dovuto reagire le prime volte che Yuya l’aveva stuprato, da solo era andato oltre il senso di disgusto iniziale, e così l’aveva superato e accettato.
Ma voleva bene a Kei, in qualche modo contorto, e non riusciva ad invidiarlo per quello che aveva. Era felice per lui quando gli raccontava di Yabu, di tutto quello che il più grande faceva per lui.
Riusciva a non pensare a quello che aveva lui in cambio invece, e andava avanti per la sua strada.
Sorrise ad Inoo, divertito dalla sua espressione contenta, e sorseggiò il suo caffè, pensieroso.
“Mi fa piacere che ci sia riuscito, Kei. Sono sicuro che Kota sia stato felice, no?” domandò, ridendo apertamente per come gli occhi dell’altro si illuminarono, mentre annuiva con convinzione.
Dopo pochi altri minuti si alzarono dal tavolo, e Chinen fece per riaccompagnare Kei a casa. Sapeva bene quanto poco a suo agio si trovasse nel camminare per strada da solo, e fargli un po’ di compagnia durante il tragitto non gli pesava poi così tanto.
Non aveva di meglio da fare, comunque, in attesa che Yuya tornasse a casa.
“Kota mi ha detto che il nuovo shatei, Hikaru, non va particolarmente d’accordo con Yuya. Come mai?” gli chiese di punto in bianco Inoo, seguendo il filo dei propri pensieri, quello che Chinen raramente riusciva a comprendere.
Annuì, facendo una smorfia.
“A Yuya non piacciono particolarmente quelli che vogliono agire di testa propria. È una cosa che ho imparato negli ultimi anni, se vuoi andare d’accordo con lui basta fargli sempre credere di avere ragione. E Hikaru ancora non sembra averlo capito.” gli spiegò, guardando un punto fisso nel vuoto mentre continuava a camminare. “E poi c’è anche il fatto che sembra essere... non lo so. Interessato a me, forse. O almeno, Yuya dice che mi guarda troppo quando è a casa nostra, ma io non ci ho fatto poi così tanto caso.”
Kei si morse un labbro, apparentemente pensieroso.
“Se è vero, non gli deve andare poi così bene, no? Yuya non mi sembra il tipo di persona che è così ben disposta a lasciare che qualcun altro tocchi le sue...” si interruppe, arrossendo, come capendo di aver parlato troppo.
Yuri scoppiò a ridere, scuotendo la testa per rassicurarlo.
“Le sue proprietà. Puoi dirlo, sai? Me ne ha dette di peggiori in tutto questo tempo, e in effetti è quello che sono, no?” disse, senza nemmeno una nota di amarezza nel tono di voce.
Kei sorrise, leggermente, mentre l’imbarazzo cominciava a scemare.
“E tu cosa pensi di fare? Se Hikaru dovesse davvero avere delle mire nei tuoi confronti...” il più piccolo lo interruppe, prima che potesse concludere la frase.
“Che facesse quello che vuole. A me non... non dispiace la sua compagnia, affatto. È pur sempre un diversivo quando siamo soli io e Yuya. Ma non credo che si renda davvero conto di quello che rischia nel lasciarmi troppo gli occhi addosso.” ghignò, passandosi la lingua sulle labbra. “Yuya sa davvero essere fantasioso quando vuole fare del male a qualcuno.”
Alzò lo sguardo, rendendosi conto che erano arrivati all’appartamento di Kei e Kota.
Salutò il più grande, aspettando pazientemente che trovasse le chiavi del portone e che fosse entrato, prima di voltarsi e tornare con passo lento verso casa.
Ripensò a quanto aveva appena detto a Kei.
Era vero quello che gli diceva Yuya, o era solo una sua paranoia?
Quando Hikaru era nel loro appartamento, gli rivolgeva la parola assai più di quanto avessero fatto altri prima di lui.
Altri yakuza, ‘colleghi’ di Yuya o chiunque si trovasse lì per ragioni di lavoro, si limitava ad ignorare la sua presenza, o tutt’al più a fare battute di pessimo gusto sulle ragioni della sua permanenza accanto a Takaki.
Hikaru, a conti fatti, era diverso.
Di tanto in tanto anche lui si ritrovava a fare pessime battute, ma era come se subito dopo poi se ne pentisse, e gli chiedeva scusa.
Gli parlava, quando arrivava in anticipo e Yuya ancora non era rincasato. Gli raccontava di quello che faceva durante la giornata e si interessava di quello che faceva lui.
Lo toccava, di tanto in tanto.
Erano tocchi lievi, ai quali Chinen probabilmente non avrebbe fatto nemmeno così tanto caso se non fosse stato per la sua lieve idiosincrasia nell’avere mani altrui addosso.
Sul braccio, sul viso, sulla spalla... sempre in modo da sembrare casuali, ma in fondo poteva dire che lo fossero davvero?
Yuri si morse un labbro, preoccupato.
Yaotome gli piaceva, più di quanto non ricordava che gli fosse piaciuto chiunque altro avesse incontrato negli ultimi tre anni.
E Yuya, come aveva detto prima a Kei, sapeva essere davvero molto, molto fantasioso.
Sperava soltanto che nessuno si facesse male.
***
Lo osservava già da qualche minuto.
Era indaffarato in cucina a sistemare il cibo preso al conbini poco prima, cercando di muoversi agilmente nello scarsissimo spazio a disposizione.
Hikaru sorrise.
Non era la prima volta che gli capitava di sorprendersi per quanto Yuri sembrasse essere a proprio agio in quella che per lui, a conti fatti, non era molto più che una prigione.
Il più piccolo tornò nella stanza con aria infastidita, e fece una smorfia quando lo vide sorridere.
“Che cos’hai da ridere?” domandò, irritato.
Il più grande scrollò le spalle, come a dire che non era importante.
“Niente. Mi piace il modo in cui ti sei calato nella parte della casalinga, tutto qui.” lo prese blandamente in giro.
Yuri alzò un sopracciglio, poggiandosi contro lo stipite della porta con un gesto controllato.
“Yuya tornerà fra più di un’ora. Ha detto che se vuoi puoi anche tornartene a casa tua, anziché stare ad aspettarlo qui.” fu la sua risposta, e Yaotome comprese che quello più che un invito era un ordine.
Ma non vi diede peso. Per quanto fosse il suo shatei, e si supponesse che dovesse dargli retta, non erano molte le cose che gli diceva Takaki alle quali decideva effettivamente di dare un peso.
Si alzò invece in piedi, raggiungendo Chinen e posandogli delicatamente una mano sulla spalla.
“Tu vuoi che io me ne vada?” gli domandò, in un sussurro, chinandosi perché il proprio sguardo fosse all’altezza del suo.
L’altro emise un verso stizzito, scostandosi dalla sua mano.
“La cosa non mi riguarda. Non sei un mio ospite e questa non è casa mia, no? Anche se lo volessi, non avrei il diritto di dirti di andartene.” rispose, voltandogli le spalle.
Hikaru lo raggiunse velocemente, passandogli le mani intorno alla vita e posando la fronte contro la sua nuca, inspirandone velocemente l’odore, come aspettandosi di venire scostato da un momento all’altro.
Ma non accadde.
Chinen rimase immobile, quasi trattenendo il respiro, e lui allora si decise a passare le mani sui suoi fianchi, accarezzandolo piano, in movimenti leggeri ma decisi, andando sotto la maglietta consunta che il più piccolo indossava ed entrando in diretto contatto con la sua pelle.
“Che cos’hai intenzione di fare?” mormorò Yuri, con tono spento, solo allora voltandosi per guardarlo negli occhi.
Hikaru ritrasse le mani, sospirando.
“Che cosa vuoi dire? Mi sembrava abbastanza chiaro quello che stavo facendo, no?”
Non si trovava troppo a suo agio in quella situazione. Non gli piaceva lo sguardo vuoto di Yuri, né il suo tono di sfida, lo stesso che usava con Yuya.
Non gli piaceva che lo trattasse come trattava Takaki.
“Sì, quello che stavi facendo mi sembrava abbastanza esplicito. Voglio solo sapere se sai davvero quello che rischi. Puoi usarmi quanto ti pare in fondo, sappiamo entrambi che se provassi ad opporre resistenza risulterei abbastanza ridicolo. E poi è questo il mio ruolo, è questo a cui servo, vero? Se vuoi il mio corpo prenditelo. Ma sappi che Yuya non ne sarà affatto felice. E lo conosci abbastanza ormai da poter dire che non è simpatico quando le cose non vanno secondo i suoi piani.” concluse, freddo, tanto che Hikaru si stupì di quanto riuscisse a suonare piatto nel dire cose di quel genere.
Lo afferrò per il collo della maglietta, con un gesto istintivo, mandandolo a sbattere contro una parete.
“Pensi davvero che io sia come lui, Yuri? Pensi davvero che tutto quello che voglio sia svuotarmi le palle e che non abbia trovato di meglio che te per farlo?” allentò la presa, corrugando la fronte e sospirando. “Non voglio farti niente che tu non voglia. Non anch’io. Lascia che ti dimostri quanto sia sbagliato vivere in questo modo, lascia che ti mostri che le cose non devono andare per forza nel modo in cui Yuya ti ha sempre mostrato. Per favore. È tutto ciò che ti chiedo.”
Accadde tutto in una frazione di secondo, tanto che Hikaru non ebbe quasi il tempo di reagire.
Chinen si mise in punta di piedi, posando le labbra sulle sue e gettandogli le braccia al collo.
Il più grande non avrebbe saputo spiegare cosa nelle sue parole l’avesse colpito, ma non si sarebbe di certo fermato a pensarci.
Era da quando aveva messo piede in quella casa, da quando l’aveva visto, da quando aveva compreso la natura della sua relazione con Yuya che aveva voglia di farlo.
Aveva voglia di strapparlo a quell’idea del sesso, aveva voglia di fargli provare qualcosa di diverso da quello che gli dava Takaki tutte le sere, voglia di sentirlo sotto di sé e di vedere il suo volto distorto dal piacere, perché era certo che nessuno ci fosse mai riuscito prima d’allora.
Gli piaceva, Chinen. Più di quanto gli fosse consentito, più di quanto non avrebbe mai pensato, considerando che aveva solo diciassette anni e lui ne aveva quasi sei di più, ma non gli importava.
Era quello che voleva, in quel momento, e dato che l’altro gli stava dicendo che poteva averlo, non si sarebbe fermato a fare considerazioni inutili.
Lo prese da sotto le gambe, sollevandolo e portandolo a stendersi sul divano, cominciando a togliergli i vestiti di dosso fino a quando non rimase nudo sotto di lui.
Rimase fermo a fissarlo con sguardo di orrore per svariati secondi.
Il suo petto, le sue gambe, i fianchi, le braccia...
Erano segnati da piccole ma nette cicatrici.
Alcune lunghe, bianche e regolari, segni di lama, altre circolari e sconnesse, come di morso, altre di unghie, altre di sigaretta, e...
Si morse un labbro, scendendo su di lui per passare la bocca su di esse, per tracciarne i contorni con le labbra e con la lingua, mentre il più piccolo si lamentava, a disagio per quella situazione e per quelle ferite alle quali non voleva dare una spiegazione. Ma Hikaru non gliel’avrebbe chiesta, e non ce ne sarebbe stato effettivamente bisogno.
Scese sempre più in basso, cominciando ad accarezzare lentamente l’erezione del più piccolo, prendendone in bocca la punta, leccandolo piano, godendosi i gemiti sommessi, sorridendo contro la sua pelle.
Alzò il braccio per portargli le dita alle labbra, facendogliele schiudere e lasciando che passasse la lingua su di esse, dopodiché le portò conto la sua apertura e ne fece scivolare un primo dentro di lui, guardandolo mordersi un labbro e spingersi contro la sua mano, come a chiederne di più.
Hikaru si prese il tempo necessario per prepararlo, usando probabilmente più precauzione di quanta ne fosse necessaria, ma voleva mostrargli che le cose non dovevano necessariamente andare nel modo in cui Takaki l’aveva abituato.
Poi si tolse velocemente i vestiti e gli si mise sopra, facendosi spazio fra le sue gambe e portando la propria erezione contro di lui, godendosi il suo sguardo di aspettativa.
“Posso?” gli chiese, in un mormorio, e l’altro scoppiò a ridere.
“Giuro, è la prima volta che me lo sento chiedere.” gli rispose, per poi annuire brevemente.
Yaotome non ne dubitava.
Si spinse in lui, piano, cercando di non fargli male, e cominciando a muoversi solo dopo che fu certo che l’altro si fosse abituato alla sensazione di averlo dentro.
Assunse un ritmo che andava in crescendo, trovando difficile controllarsi, resistere al calore del suo corpo, ai suoi gemiti, alle sue mani che gli artigliavano la schiena e lo spingevano sempre più contro di lui, come se non ne avesse mai abbastanza, come se ne avesse davvero bisogno.
Dopo diversi minuti Hikaru gli prese nuovamente in mano l’erezione, cominciando a muoverla con il medesimo ritmo delle proprie spinte in lui, non impiegando troppo tempo prima di farlo venire, lanciando un grido e mordendogli una spalla.
Sorrise, soddisfatto, prima di tornare a concentrarsi sul proprio orgasmo.
Si spinse dentro di lui con più forza, in modo erratico, svuotandosi dentro di lui dopo poco tempo, mordendosi un labbro e guardandolo dritto negli occhi, trovandolo la cosa più bella che avesse mai visto.
Dopo rimasero entrambi in silenzio, come colpiti dal surrealismo della situazione.
Hikaru si sfilò da dentro di lui, sedendoglisi accanto e fissando un punto nel vuoto, assorto.
Si riebbe solo quando sentì Chinen sospirare, e si voltò verso il più piccolo.
“Sarà meglio che ci rivestiamo. Yuya sarà a casa fra poco.” gli disse, e l’altro non fu del tutto in grado di decifrare il suo tono di voce.
Fece come gli aveva detto, senza mai staccargli gli occhi di dosso.
“Te ne sei pentito?” chiese, in un mormorio, e Yuri si passò una mano davanti al volto, come esasperato.
“Non lo so. Non lo so se me ne sono pentito. Ma quello che è certo è che non avremmo dovuto, e che se Yuya lo viene a sapere volerà via la mia testa così come la tua. Te l’ho detto, non gli piace che si giochi con i suoi giocattoli.” sibilò, con il respiro fattosi pesante, preso improvvisamente dall’ansia.
Yaotome si morse un labbro, irritato.
“Maledizione, Yuri!” inveì, avvicinandosi e prendendolo per le spalle. “Lo so come ti tratta, lo so quello che ti fa, ma non capisco come faccia tu stesso a darti del giocattolo. Non sei un oggetto solo perché per lui è così. Le cose non devono andare per forza in questo modo, lo sai? Non sei costretto a subire tutto quello che...” fu interrotto dal più piccolo, che gli scostò le braccia con un gesto brusco, guardandolo con un sopracciglio alzato ed un’espressione ironica.
“Ah no, Hikaru? Non sono costretto a subire quello che mi fa? E che opzioni alternative ho?” gli chiese, incrociando le braccia sul petto. “Non mi pento di aver fatto sesso con te. Tutto quello che conosco è Yuya, e credimi quando ti dico che era la prima volta che venivo preparato, la prima volta che qualcuno si preoccupava che io raggiungessi l’orgasmo e la prima volta che non mi ritrovo ricoperto di lividi, graffi e ferite dalla testa ai piedi, ma... questo non cambia le cose. Io sono suo, e questo non cambierà fino a quando lui non si sarà stancato di me. E tu non puoi farci niente.”
Hikaru era sul punto di ribattere, ma in quel momento sentirono la porta aprirsi, e Yuya salutare a voce alta.
“Che cosa state facendo?” chiese, entrando in salotto e trovandoli nel centro della stanza, così vicini l’uno all’altro e con un’espressione eloquente in volto.
“Niente.” fu pronto nel rispondergli Chinen. “Ti porto una birra.” aggiunse poi, dirigendosi velocemente in cucina.
Yaotome vide Takaki rimanere a fissarlo per qualche secondo, prima di scuotere le spalle e sedersi sul divano, facendogli cenno di fare altrettanto.
Si sedette di fronte a lui, senza mai staccare gli occhi dalla porta, in attesa che il più piccolo tornasse nella stanza.
Avrebbe voluto solo uno sguardo, un segno che voleva che le cose cambiassero, che avrebbe lasciato che lui facesse qualcosa, perché non era più disposto a sostenere i continui abusi dello yakuza.
Ma quando Yuri tornò, aveva gli occhi fissi sul pavimento.
E Hikaru sospirò.
Che gli desse una possibilità era tutto quello che gli aveva chiesto.
Ma ci sarebbe voluto di più per fargli capire che non poteva davvero essere quello il suo destino.